Segretario Nazionale Federcomtur
Claudio Pisapia
Negli ultimi 30 anni, l’Italia è cresciuta del 7-8%.
Gli altri Paesi che negli anni 90 partivano a livello del nostro, sono cresciuti del 28-30% la Germania e del 23/25% la Francia.
La Spagna, tra alti e bassi e partendo da una situazione peggiore della nostra, è cresciuta il doppio dell’Italia. L’azione di decrescita e depauperamento del sistema Italia è cominciata col Governo Amato del 92 e le privatizzazioni, la vendita dei gioielli di famiglia, lo smantellamento dell’I.R.I.(Prodi era l’ultimo sfortunato Presidente), poi l’ENI e parzialmente ENEL e TELECOM.
La disgregazione degli “asset strategici” dell’Italia avrebbe dovuto essere corroborata e sostenuta da un robusto piano di investimenti Keynesiano e da una difesa del made in Italy (golden power)
L’Italia con la recondita preoccupazione di non alterare i rapporti con l’Unione Europea, non riusciva a difendere la propria economia, con politiche adeguate.
L’Europa, nel frattempo, di rimando continuava a tollerare politiche importanti di golden power di altri Paesi che penalizzavano l’Italia, (che si apprestava anche a subire l’ingresso prematuro nell’Euro).
Il nostro Paese, per la dabbenaggine della classe politica non riusciva a ridurre il debito, né la spesa pubblica, e per le solite politiche clientelari di tutti i governi susseguitisi nel tempo, non si è riuscito a creare un humus favorevole alla ripresa del Paese.
Con questo tipo di impostazione, ci si è abbracciati completamente la crisi del 2008; la piccola ripresa tra il 2013/2015, il vuoto politico, il 4 marzo, l’illusione del cambiamento penta stellato e la pandemia, hanno fatto il resto.
Questa premessa è necessaria per introdurre l’argomento del PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, e capire come spendere i soldi dal punto di vista di un modesto rappresentante del mondo delle PMI, per favorire la rinascita di un Paese portato sull’orlo del baratro.
SICUREZZA, GIUSTIZIA, FORMAZIONE, sono per noi i 3 punti fondamentali per poter ripartire.
LA SICUREZZA: di investire nel nostro paese; la sicurezza nei luoghi di lavoro.
Gli investitori stranieri non ritengono sicuro il nostro paese; l’Italia non è appetibile; oltre al sistema fiscale, non ci sono le condizioni di una tranquillità oggettiva per poter lavorare da parte degli investitori esteri che preferiscono altri luoghi, altri lidi dove la criminalità non è una variabile contemplata nel sistema delle attività produttive e i Governi sono attenti a questa eventualità.
La sicurezza nei luoghi di lavoro, ancora più attuale in regime di pandemia registra una pericolosa battuta d’arresto: sono poche le aziende che rispettano tali normative e fanno vivere gli operai in condizioni di lavoro adeguate, rispettando i protocolli di sicurezza, e ancor di più i protocolli anti covid.
Da nostre statistiche, in Italia le imprese in regola sono ben al di sotto del 50% e i controlli non sono assolutamente in linea con l’Europa.
LA FORMAZIONE: in Italia gli investimenti per ricerca, sviluppo e formazione sono infinitesimi rispetto all’Unione Europea.
La formazione dovrebbe cominciare ben prima dell’assunzione, ma molto spesso i contratti che favoriscono le attività di formazione, sono intesi e interpretati dall’imprenditore solo come un elemento di risparmio, rispetto all’elevato costo del lavoro.
LA GIUSTIZIA: qui ci sarebbe da scrivere un libro che andrebbe ad approfondire quello scritto dal duo SALLUSTI-PALAMARA sulle malefatte della giustizia in Italia.
Alla luce dei nuovi fatti “ scoperta della Loggia Ungheria”, bisogna fare un’amara riflessione su un potere dello Stato che, nato autonomo, ha messo in minoranza e condizionato gli altri poteri “autonomi”, in modo invasivo sia il potere legislativo, che non riesce a fare una riforma seria della Giustizia annunciata da decenni, che il potere esecutivo, pesantemente asintotizzato al sistema dei giudici.
Questo è ampiamente dimostrato dalla sottomissione politica dell’ultimo periodo, da parte di coloro che volevano cambiare il sistema.
Oggi, abbiamo la possibilità, con il recovery, di dare finalmente una svolta;
non è un opportunità, non è una possibilità ma è una necessità, siamo all’ultima chiamata per il nostro Paese.
Abbiamo l’uomo giusto al comando, abbiamo una sorta di unità nazionale, possiamo fare un piano di investimenti di keynesiana memoria, per dar vita alla ripresa e alla rinascita del sistema paese.
Con la raccomandazione di una riflessione: senza il giusto senso civico e la radicale trasformazione delle abitudini degli italiani, le cose non saranno nè facili nè possibili.
Una volta implementato il piano e rendicontato lo stesso, se non si cambia e non si interviene in questi 3 settori fondamentali, sicurezza, giustizia e formazione, il piano stesso sarà solo un piccolo pannicello caldo che non servirà a far crescere il paese.
Il piano di rinascita e resilienza, potrà funzionare solo con questi importanti interventi perché, deve essere chiaro a tutti e non va sotteso che, parte dei fondi deve essere restituito e avremo comunque debiti fino al 2036.
Per ripagare il debito è il Paese deve crescere! “L’Italia non è abituata alla crescita”!
Quindi, ora è il momento giusto di intervenire su sicurezza, giustizia e formazione, per fare in modo che l’immissione di fondi nel nostro Paese, possa assicurare un tranquillo processo evolutivo, per garantire il futuro dei nostri figli.