da Dr. Alberto Di Muria
Padula-Le donne affette da asma bronchiale in genere tendono ad affrontare la gravidanza con maggiore preoccupazione. Ma, una corretta gestione della patologia da parte dello specialista e il costante monitoraggio dei sintomi, unitamente a un attento stile di vita da parte della paziente, permettono di limitare in modo considerevole i rischi per la salute della mamma e del nascituro.
In effetti, l’intero organismo della donna, e quindi anche i polmoni, nei mesi di gestazione si deve adattare ai mutamenti mediati dagli ormoni al fine di poter accogliere la nuova vita. Tali fluttuazioni ormonali con l’aumento fisiologico del peso e della pressione addominale possono favorire la comparsa di difficoltà respiratoria.
Nella mamma asmatica non è possibile prevedere come si evolverà la patologia in gravidanza. Si sa che il rischio di esacerbazione dei sintomi dell’asma, che spesso si verifica verso la fine del secondo trimestre di gestazione, è maggiore in chi ha sofferto di un’asma classificata come “grave” già prima del concepimento e anche nelle forme meno gravi quando si interrompe la terapia abitualmente assunta per il trattamento della malattia. Infatti, il timore che i farmaci antiasmatici possano danneggiare il feto portano molte donne asmatiche a sospendere la terapia di propria iniziativa con la scoperta della gravidanza.
In realtà si tratta di una paura priva di fondamento, poiché è stato ampiamente dimostrato che molti di questi farmaci hanno un alto profilo di sicurezza anche in gravidanza e che la loro interruzione può causare un peggioramento dei sintomi della malattia e un conseguente minor apporto di ossigeno al nascituro, con effetti non trascurabili sullo sviluppo embrionale.
Un recente studio ha seguito 502 donne esposte a diversi farmaci anti asma in vari periodi della gravidanza ed ha rilevato una correlazione tra l’uso di broncodilatatori come salbutamolo e teofillina nel primo trimestre di gravidanza e la comparsa di malformazioni cardiache congenite nel feto.
Il rischio che l’asma peggiori o che compaiano effetti indesiderati, però, si riduce al minimo se la donna in gravidanza segue correttamente la terapia abituale o riadattata dal medico ‘a misura’ delle sue condizioni di salute. Soltanto, è opportuno un controllo frequente e costante della gestante asmatica, che deve essere visitata ogni 4-6 settimane per adattare l’eventuale terapia alle sue condizioni.
Infine, anche durante la gravidanza, per migliorare il controllo dei sintomi è bene stare alla larga da alcuni fattori che possono riacutizzare l’asma, come il fumo, anche passivo, una dieta poco equilibrata, lo stress o le infezioni virali.