In giro per il Cilento …

prof. Nicola Femminella

(scrittore)

Il Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni visto dal mare

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ho ricevuto le telefonate di due amici residenti a Bologna e Milano. Lo hanno fatto dopo aver letto su questa testata i miei articoli sul turismo nel Cilento, chiedendomi gentilmente di fornire loro notizie dettagliate ed elementi di contenuto a riguardo, avendo programmato di venire tra di noi a trascorrere la vacanza nel periodo estivo, se il Covid mostrerà sembianze estive rincuoranti.

La richiesta mi ha meravigliato ma, nello stesso tempo, mi ha imposto di predisporre una risposta il più possibile esauriente. Ho così ripreso un foglio con gli appunti che abbiamo registrato nel mese di agosto dell’anno scorso io e una amica tedesca. Lei è responsabile di una agenzia turistica; insieme abbiamo simulato una sorta di brochure in pillole, di quelle che le agenzie turistiche stampano per decantare quanto le terre cilentane siano in grado di offrire ai turisti. Convinti che non basta citare solo la Dieta Mediterranea riportata nel grande cartellone pubblicitario posto all’uscita dell’autostrada a Battipaglia. È assai limitativo e incompleto. Io avrei scritto “La terra dello spirito, della storia, dell’arte, della natura” o qualcosa di simile. Porgo all’attenzione del Presidente del Parco del Cilento Vallo di Diano Alburni Tommaso Pellegrino questo mio modesto suggerimento se il testo del cartellone sarà modificato, come sostengono molti, dopo le accese polemiche che si sono avute.

Prof. Nicola Femminella - scrittore

Ma torniamo alle nostre bellezze. Ai primi posti Monica – è il nome della mia giovane amica tedesca esperta di marketing – colloca il sole, il cielo stellato e i colori del mare che, assicura, a Monaco di Baviera sono beni preziosi, i primi due godibili solo in alcuni mesi, e che noi spesso non ostentiamo, abituati al nostro clima mediterraneo. Ho condiviso tale scelta, avendo trascorso alcune settimane invernali nella città tedesca. Erano per lo più piovose o nevose, ma sempre grigie, con qualche isolata giornata sfiorata appena da un sole tenue, che con fatica penetrava attraverso le nubi fitte e persistenti, allorquando centinaia di persone di ogni età si riversano nei parchi, attirate dai raggi solari, ristoro sulla loro pelle. Mi sento di dire che il clima che domina dalle nostre parti dodici mesi all’anno è una ricchezza, anche se sul Cervati e sugli Alburni non manca una spruzzatina di neve, ma solo per allietare il paesaggio. Insieme al clima è da ricordare il verde, con le sue mille tonalità, che domina il paesaggio; a volte non presenta intermittenze ed è perfino pervasivo sugli occhi del viaggiatore. Lo si deve osservare con empatia per coglierne ogni fraterna visione. Anche le famiglie floristiche e faunistiche continuano a tramandare ognuna la propria specie nell’ambiente favorevole.

La bellezza delle Grotte di Pertosa

Abbiamo sempre trovato l’accordo sugli altri dati che mi accingo a elencare, ben noti alla mia amica.

Il Cilento è terra di una storia millenaria che ha visto la presenza dell’uomo fin dalla preistoria. Ipotesi archeologiche e paleontologiche dimostrano come nelle varie epoche siano stati trovati indizi e reperti che le giustificano. Lungo le due arterie Paestum-Capaccio, Roscigno, Vallo di Diano, Roccagloriosa  e Velia, Vallo della Lucania, Laurino sono innumerevoli i siti, alcuni con musei aperti al pubblico, che si prestano allo studio delle ere preistoriche, fino a rivelare insediamenti  enotri, greci, romani e lucani, delizia per coloro che sono attratti dalla dea cultura. Nei secoli successivi la grande storia ha confermato i suoi accadimenti nel Cilento, specie quando i feudatari del nostro territorio, uniti ad altri di regioni contigue, osarono insorgere contro Federico II nel 1246 e nel 1485 contro il re di Napoli Ferrante d’Aragona. Furono le Congiure dei Baroni che, mi piace dire, anticiparono l’urlo della Rivoluzione Francese, un evento naturalmente di portata e significato storici di gran lungo maggiore. Inoltre, ogni paese conserva tracce evidenti dei periodi longobardo, normanno, angioino, che hanno lasciato palazzi, conventi, fortezze, ad opera anche di casate napoletane illustri che acquistavano i feudi nostrani. I Sanseverino, i Caracciolo, i Carafa, non disdegnavano di issare il proprio stemma sui palazzi costruiti con le belle pietre delle nostre cave. Ma il dato più rilevante riguarda ciò che queste civiltà passate ci hanno lasciato e che giacciono nel buio di siti archeologici coperti dalla miopia di coloro che, responsabili del ritardo dal quale è attanagliato lo sviluppo nel sud, trascurano di portarlo alla luce e renderlo fruibile per migliaia di turisti che accorrerebbero per ammirarlo. Ho provato a parlarne in un precedente articolo, riferendomi alle tombe lucane di Roccagloriosa e alla città sepolta di Caselle in Pittari.

Al grande pubblico sono noti i templi di Paestum e la vastità della Certosa di Padula, patrimoni dell’UNESCO, ma su tutto il territorio è posto un florilegio di piccoli abitati, ognuno con antiche tradizioni e caratteristiche proprie che li rendono l’uno diverso dall’altro, nei quali si ritrovano, per incanto, chiese e conventi in cui è dato di ammirare opere di artisti come Paolo de Matteis, Melchiorre di Montalbano, Peccheneda, Palmieri, Giacomo Colombo, Tino da Camaino, Francesco da Sicignano, Regolia, che non sono artisti di secondo piano nella storia dell’arte meridionale. Una storia lunghissima con abitati che si sono succeduti, magari ricostruiti poco distanti per le epidemie e per gli assalti dei Saraceni ed eserciti di passaggio lungo la strada Annia, l’autostrada romana del II sec. a.C. Mai, però, i villaggi furono del tutto abbandonati, a significare condizioni geografiche e climatiche favorevoli. E sono adagiati sulle colline, dispiegati nelle pianure, lambiti dall’acqua del mare. Un territorio vasto, si diceva, ma anche con una zona costiera lunga e giammai del tutto piatta, uguale. Le spiagge con la sabbia dorata spesso sono state elette in Italia come le più belle, con insenature e piccole calette, scogli dalle mille forme. Abbiamo una linea continua di grotte che ieri hanno regalato resti di un tempo remoto, oggi mete accattivanti di escursioni con il mare trasparente e dai mille riflessi. Nel solo tratto di costa Palinuro-Camerota se ne incontrano circa 60; alcune di esse ci hanno restituito resti di circa 500.000 anni fa. L’area marina protetta di Santa Maria di Castellabate riserva sensazioni inaspettate. Qui nei fondali si trovano resti di epoca greco-romana e nelle sue acque vagano le ombre della sirena Leucotea e le citazioni di Aristotele, Plinio il Vecchio, Strabone. Non solo. Vi si scoprono rocce, specie animali e vegetali assenti nel resto dell’Italia. Non di meno pregio è l’Area protetta degli Infreschi.

Una veduta del Monte Cervati, la vetta più alta della Campania

La costa cilentana è riconosciuta come una delle più suggestive dell’Italia con un mare che potrebbe incentivare il reddito derivante dalla pesca con talune specie pregiate come le alici di menaica e i tonni pescati nei dintorni di Velia, Camerota e degli Infreschi che richiedono tecniche di lavorazione millenarie. A questo punto non posso non citare i profumi e i sapori dei prodotti caseari, soprattutto quelli dei caseifici del Vallo di Diano e della piana di Paestum, per la cui qualità ricevono prestigiosi premi, che meritano anche i salumi, la cui produzione è favorita dal clima di alcune località. L’eccellenza dei prodotti è sostenuta dalle tradizioni che, per fortuna, non scompaiono, ma si tramandano anche con le nuove generazioni. Inoltre, la crescita degli opifici non assume mai la forma industriale né utilizza materie prime ricavate da massivi allevamenti industriali. Le mille scie di saporosità e fragranza che procurano al palato i nostri prodotti gastronomici – sono tantissimi – ne sono la più convincente certificazione e accrescono la notorietà della Dieta Mediterranea.

Bisogna poi citare il gruppo speleologico più importante d’Europa di cui madre natura con il suo magico meccanismo carsico ci ha fatto dono. Le grotte di Pertosa-Auletta, di Castelcivita, di Morigerati affascinano oltre ogni immaginazione. La prima è unica per il percorso che penetra nella montagna, risalendo il fiume con la barca. La terza vede la risorgenza del fiume Bussento dopo l’inghiottitoio di Caselle in Pittari che regala un percorso sotterraneo di sei chilometri, secondo in Italia per lunghezza del tratto. Con emozioni irripetibili, assicurano gli speleologi. E i quattro fiumi, vene straordinarie che si irradiano nell’intero corpo del Cilento, non mancano di far parte di questi splendidi quadri di cui è tappezzato il Cilento. Il Tanagro, il Bussento, il Mingardo, Il Calore disegnano sinuosità e guizzi civettuoli lungo i percorsi. Mai rovinosi, impetuosi, particolarmente pericolosi. Oltre a servire di acqua non inquinata i campi messi a coltura, possono favorire ogni tipo di sport dell’acqua: Rafting, Kayak, Canyoning Hydrospeed. E lungo i fiumi e torrenti, tra improvvise apparizioni carsiche, mulini antichi che ancora risuonano di saluti e dialoghi amichevoli, cascatelle idilliache come “I capelli di Venere” a Casaletto Spartano, si nascondono sentieri e percorsi da favola, quasi a non voler essere violati perché varietà faunistiche ed effervescenze botaniche continuino a tramandare ognuna la propria specie. Li caratterizza una grazia che non ho visto nei sentieri rinomati delle Alpi, perché li hanno disegnati la biodiversità che li abbraccia e l’acqua che li traccia e li inventa.

Il Vallo di Diano, parte integrante del PNCVDA

Per i sentieri che sono innumerevoli e diffusi in tutto il Parco vale il commento che si fa per le chiese: entrambi questi tesori dovrebbero essere più conosciuti dalle moltitudini di turisti ma, assicuro, sono crogiuolo di emozioni al massimo grado! Sono sovrastati dal Cervati e dagli Alburni; altri si ergono alle spalle di Sapri e degli Infreschi. Ne cito solo tre, che mi ha fatto conoscere Mimmo Pandolfo, Vicepresidente  di European Ramblers Association e Presidente della Federazione Italiana Escursionismo che presentano difficoltà di percorrenza diverse: 1) Grotte di Lentiscelle-porto Infreschi. 2) il sentiero della Nuda, sugli Alburni 3) “Apprezzami l’asino” da Sapri a Maratea”. Monica li definisce “tramite tra il mare, la terra e il cielo”. Sicuramente le suggestioni dei sentieri citati, unite a quelle che procurano decine di percorsi sparsi nell’intero Cilento sono valse a dare i prestigiosi incarichi all’amico Pandolfo.

La città di Monaco di Baviera

Molti visitatori prediligono le escursioni religiose e cercano “la salita al monte” per ritrovare il conforto nella preghiera ed esprimere una fede millenaria. Da sempre esiste e non conosce declino l’itinerario formato dalle “sette sorelle”, sette santuari dedicati alla Madonna posti sulla sommità di colli e montagne, da quello dedicato alla Madonna del Granato, a Capaccio Vecchio, sul M. Vesole Sottano, a m. 254, a quello della Madonna della Neve, Piaggine-Sanza, sul M. Cervati, a m. 1899, che è anche la cima più alta della Campania. Gli altri santuari sono a Sessa Cilento, Moio della Civitella, Catona, San Giovanni a Piro, Novi Velia. Qui si venera la Madonna del Sacro Monte (M. Gelbison o Sacro, m. 1707), fin dall’XI secolo, quando i monaci italo-greci lo scelsero come eremo, per i loro riti in solitudine. Dallo stesso anelito di fede si è consolidato nel tempo la devozione verso S. Michele Arcangelo, il cui culto è racchiuso nelle ombre delle grotte. Si trovano a Valle dell’Angelo, a Sant’Angelo a Fasanella, a Padula e a Caselle in Pittari. Anche verso questi luoghi suggestivi e custodi di opere d’arte si dirigono processioni e pellegrinaggi, animati da una fede secolare che non penso possa spegnersi con il trascorrere del tempo.

A questo punto, per evitare di farmi cogliere dalla “sindrome di Stendhal” per tanta bellezza citata e per lasciare ai miei due amici, cui è diretto questo articolo, il fascino della scoperta, ometto di riportare le altre mille attrazioni del Cilento, e rivolgo l’invito ai visitatori di percorrerlo in lungo e largo. Il Cilento li aspetta, desideroso di offrirsi e raccontarsi, per manifestare loro la gratitudine che, in silenzio, rivolge a Chi gli ha concesso una tale incantevole magnificenza.

 

 

 

 

 

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