Salvatore Memoli
(avvocato – comm. Cittadino D.C.)
SALERNO – Per i cristiani il ricordo della passione di Cristo si accompagna ad una
memoria liturgica dai forti significati teologici e tradizionali.
Soprattutto nell’Europa Cristiana la settimana Santa è un avvenimento
religioso che tocca l’intimità della Fede e risveglia una
testimonianza viva dell’appartenenza a Dio che salva il suo popolo,
offrendo se stesso sulla Croce. Tutti i luoghi di culto si preparano per
tempo all’evento della morte e risurrezione di Cristo, celebrato nella
liturgia Pasquale che non è una semplice rappresentazione scenica di un
fatto lontano. I Cattolici, ovunque, celebrano nella liturgia della
Settimana Santa il rinnovo di un patto salvifico tra l’Uomo-Dio e
l’Uomo peccatore alla ricerca di redenzione, di una speranza salvifica
che rinnova l’alleanza. Nella Settimana Santa, del resto sempre, le
porte delle Chiese non possono restare chiuse. Chi chiude le Porte si
assume una responsabilità gravissima ed interrompe forzatamente un flusso
“naturale” di trasporto dell’umanità a Cristo Redentore.
C’è un mistero in questa devozione che oltrepassa i segni e i riti, lo
capisce chi si dona a Dio ed accetta la Fede non come sovrastruttura
culturale, non come momento di magia inspiegabile. Il Mistero
dell’Uomo Dio non é datato nella storia, si rinnova e per convenzione
ecclesiale si ripete nella settimana Santa che il calendario civile
riconosce e calcola i giorni della cadenza liturgica. I contrasti ed i
divieti, ordinanze del potere civile, non possono fermare un’armonia
di donazione spirituale tra Dio e l’Uomo. L’Uomo che muore sulla
Croce non é un uomo qualsiasi, é il figlio di Dio, é egli stesso Dio che
chiama il suo popolo alla salvezza. In questo tempo, i gesti contano
eccome! Conta avvicinarsi ai sacramenti, conta la direzione spirituale,
conta il perdono richiesto ed ottenuto. Provate a chiedere ad un esperto
di antropologia che peso sociale ha il rito, che incidenza ha il fenomeno
di massa, che gravità produce interrompere questo flusso positivo di
rigenerazione individuale e collettiva. La Chiesa italiana ha garantito la
sua collaborazione alla prevenzione sanitaria, ha fatto di tutto la CEI
per dare risposte vere, ampiamente collaudate in questi ultimi mesi.
Perché accanirsi contro i luoghi di culto e di redenzione? Chi ha paura di
uomini liberi che pregano, che rispettano le devozioni e che hanno per lo
Stato un’attenzione responsabile? Anche certi silenzi di uomini di
chiesa tradiscono la forza travolgente della testimonianza e della
devozione del Popolo Cristiano. Sempre, nei secoli, il Popolo ha invocato
la salute ed il riparo da tragedie sanitarie, da virulenze di guerre e di
pandemie. Mi pare che Dio ha risposto… sempre! Perché ora dobbiamo
chiudere la Porta della casa di Dio ai suoi fedeli? O peggio chiudere la
porta in faccia a Cristo morente? Le cose di Dio si definiscono con chi
può trattare con competenza le cose della Chiesa e dei credenti. La Fede
non condivide le imposizioni esterne e non può essere limitata con
ordinanze che dirigono il traffico e non le coscienze della gente.