da Dr. Alberto Di Muria
Padula- Il tetraidrocannabinolo, chiamato THC, ed il cannabidiolo, CBD, sono i due principali principi attivi della Cannabis sativa. Entrambi hanno come principali bersagli i recettori dei cannabinoidi e alcuni canali ionici delle cellule. La loro azione su questi recettori è alla base della loro attività terapeutica nel sollievo dal dolore, delle loro proprietà antiemetiche, antiepilettiche e dell’attività anticraving, cioè di disassuefazione dalle dipendenze.
L’Italia ha riconosciuto legalmente la Cannabis a uso medico nel 2006. Nel 2016 è stata autorizzata la produzione italiana di Cannabis e lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze ha iniziato a coltivare e trattare la Cannabis. In Italia la Cannabis per uso medico è autorizzata e rimborsata dal SSN per alcune indicazioni che vanno dal trattamento del dolore associato a patologie come la sclerosi multipla o le lesioni spinali, alla cura del dolore cronico, in particolare del dolore neuropatico, al trattamento della nausea e del vomito causate da terapie antitumorali, al contrasto della cachessia e dell’anoressia nei pazienti con cancro e anche nella terapia del glaucoma resistente ai farmaci.
L’efficacia della Cannabis per uso medico in queste indicazioni è confermata da molti studi clinici a livello internazionale. Ora, a distanza di diversi anni dall’immissione in commercio, l’Università di Firenze ha voluto valutarne anche la tollerabilità in uno studio, svolto in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, che ha analizzato le segnalazioni di sospetti effetti avversi basandosi sul database Italiano di Fitovigilanza.
Nel periodo studiato sono state raccolte 103 segnalazioni di sospetti effetti avversi. In generale, lo studio dimostra che il trattamento con Cannabis a uso medico è associato a un ridotto numero di eventi avversi, la maggior parte dei quali non gravi e che si risolvono completamente.
Tra i più comuni effetti indesiderati ci sono quelli psichiatrici, con confusione mentale, depressione, ansia, psicosi acuta, percezione alterata del corpo e attacchi di panico. Queste esperienze sono però transitorie e, di solito, si risolvono completamente in poche ore.
Frequente anche la perdita di equilibrio, soprattutto nei pazienti più anziani e con comorbilità, dovute alla presenza di recettori per i cannabinoidi nel complesso del nucleo vestibolare.
I disturbi gastrointestinali più comuni sono stati nausea, vomito e gastrite e sono di tipo dose-dipendente. A livello cardiovascolare si è riscontrata bradiaritmia e bradicardia, ma anche tachicardia e tachiaritmia e palpitazioni.
In base a questi dati, gli autori dello studio consigliano di non aumentare troppo velocemente i dosaggi di Cannabis, soprattutto se si è privilegiata la via orale, e di prestare particolare attenzione ai pazienti anziani ed ai soggetti in politerapia.