La vita è sacrificio. Danze e leggende dell’antica Cina.

Angelo Giubileo (avvocato – scrittore)

Si tratta, per me, senz’alcun dubbio, di una lettura difficile e complicata. Mi riferisco alla lettura di Danze e leggende dell’antica Cina di Marcel Granet tradotto da Elena Riva Akar e pubblicato nel 2019 da Adelphi. La difficoltà maggiore è data dall’apparente diversità della cultura cinese, rispetto alla nostra cultura, e dicendo nostra mi riferisco piuttosto alla cultura occidentale della modernità. Ma, come detto, si tratta, inizialmente, di una difficoltà solo apparente. Altra difficoltà, addirittura insormontabile, è leggere l’opera attraverso i caratteri del linguaggio cinese; e quindi ho dovuto e devo necessariamente affidarmi alle note, posizionate perfettamente nel saggio al termine di ogni corrispondenza nella medesima pagina di testo. E tuttavia, ciò che più mi ha indotto e mi induce alla lettura è proprio questa presunta diversità di tradizione/tradizioni di un popolo che sembrano tuttavia provenire da tempi remoti; e conservarsi quasi inalterate attraverso secoli e secoli di storia trascorsa. Perché, a differenza dei costumi che in Occidente sembrano in perenne trasformazione (come le cose stesse di cui dice Aristotele e Ovidio testimonia nelle sue Metamorfosi), in Cina è accaduto e sembra che anche oggi, in modernità, accada piuttosto questo? Qual è o sarebbe la ragione, sia essa formale o sostanziale, di questa diversità?

L’autore del saggio ci dice anche che non crede che si possa arrivare alla definizione di una storia vera ovvero alla conoscenza dei fatti reali suffragati dalla narrazione letteraria; egli opta piuttosto per una determinazione verosimile dei fatti mediante un’interpretazione dei fatti secondari e contraddittori narrati da storici e letterati. I quali sembrano piuttosto assolvere, spesso, a un bisogno agiografico di glorificazione del personaggio. Qualcosa di molto simile a un processo occidentale di santificazione. Nel veder rivelate tante falsificazioni (…), ci si sente inclini – è quanto meno il caso degli Occidentali che, per avere all’inizio esagerato l’antichità delle cose cinesi, sono adesso orientati a ridimensionarla – o, brutalmente, a trattare come falsi una buona parte delle opere antiche o, più moderatamente, ad attribuire la loro compilazione a un’epoca relativamente recente (…) Forse, a proposito di un Santo (o di un Dio), ci si deve domandare se all’origine vi sia la storia o la leggenda. L’influsso dello spirito storico è talmente grande che, anche su questo punto, gli Occidentali seguono i Cinesi. Non ci si accorge del postulato.

E tuttavia: laddove i fatti narrati appaiono ripetersi in più testi, ciò può significare una maggiore consonanza dei fatti letterari ai fatti storici veri e propri. In particolare, le formule proverbiali avrebbero maggiore valore ed efficacia in tal senso, perché, secondo l’autore, sarebbero sfuggiti alla trasposizione storica essendosi conservati in una propria forma tenace.

Per l’autore, la difficoltà (beato lui!) è capire da dove derivi la rottura del canone tradizionale, la novità del rito, il nuovo ordine, di cui – è bene chiarirlo immediatamente – sono artefici gli uomini, non essendoci posto alcuno per gli Dei così come, oggi in Occidente, viceversa li s’intende (benché fosse chiaro anche agli occidentali – in epoca premoderna, universalmente e prima dell’innesto della tradizione ebreo-cristiana – che gli dei non fossero altro che astri). Rispetto alla società – definita altresì feudale (secondo un canone molto diffuso anche nell’Occidente sia antico che moderno) – cinese, l’autore non crede che la novità dell’ordine naturale e dell’ordine umano sia dovuta a una lotta interna e conseguente supremazia di una classe, quella dei nobili, rispetto a un’altra, quella dei contadini, o viceversa. Egli crede che si tratti piuttosto che: le caratteristiche di una civiltà, la famiglia paterna, i privilegi maschili, il maggiorasco, il potere di un capo formano un insieme e costituiscono il contributo degli invasori (?). Una categoria, per così dire, letteraria. Così che, in realtà: Ancora meglio che a Roma, in Cina possono essere studiati – studiati nella loro evoluzione e nelle loro connessioni – l’instaurarsi del potere signorile proprio del capo politico e quello del potere signorile proprio del capo famiglia. E allora: il prestigio del Capo è uguale a quello del Luogo Santo che al Capo stesso è consacrato dal popolo mediante la Virtù, il Diritto e i riti tradizionali.

Nella storia antica della Cina, la tradizione distingue tre grandi epoche: il periodo degli Egemoni (dal 700 e.a. in avanti); il periodo delle Tre Dinastie Reali (dal 2500 e. a. fino al periodo degli Egemoni); il periodo dei Cinque Sovrani, che l’autore precisa: ricostruito del tutto artificialmente. Tutto ha inizio con un Capo sacrificato (alla gloria di un Egemone; nel periodo leggendario: in un’assemblea di signori; nel periodo delle Tre dinastie Reali: il Fondatore si sacrifica a un Luogo Santo quale Uomo Unico del popolo di cui diviene Re). Mentre il sacrificante ha diritto alla formazione di una dinastia, la stirpe del sacrificato ha diritto a un feudo, a un culto dell’Antenato e a una danza rituale. Nel corso dell’assemblea dei signori (periodo leggendario), tutto è testimoniato ai Quattro Orienti dei Capi dello Spazio, e in base quindi al nuovo ordine che regna nel Tempo. Uno di questi Capi è smembrato (come i danzatori nell’epoca degli Egemoni): il sacrificio richiede, insieme a sangue umano, uno spiegamento di combattimenti rituali e di danze, con travestimenti e talvolta con maschere.

E dunque: il periodo degli Egemoni è quello che ha disponibili maggiori fonti e testi scritti. E pertanto, l’autore decide di risalire al corso dell’intera Tradizione cinese partendo dall’analisi dei testi relativi a quest’ultimo periodo. Secondo la Tradizione cinese ci sono stati Cinque Egemoni. Il numero 5 è centrale e presiede alla costruzione del Tempio imperiale (Ming-t’ang): Il Ming-t’ang era, innanzitutto, la Casa del Calendario: essa conteneva nove stanze disposte in modo tale da permettere, sotto il giusto angolo, la promulgazione delle dodici ordinanze mensili. Nove stanze erano sufficienti ai dodici mesi, poiché la stanza centrale non aveva alcuna sala (…), le 4 stanze di mezzo ne avevano una sola, le 4 stanze negli angoli ne avevano due ciascuna. Le 9 stanze corrispondono, secondo il Ta Tai li ki, ai primi 9 numeri, disposti in quadrato magico. O anche a forma di svastica o croce uncinata. E questo, semplicemente perché la Cina, ovvero il Mondo, ha nove province: una centrale e otto periferiche. Al tempo degli Egemoni, nessuno fondò una dinastia. Al tempo degli Egemoni, il Prestigio o meglio la Gloria è formata da due elementi: 1) il Principe ha buoni Consiglieri; 2) Il Prestigio ha origine dalla Virtù (Tao), che consiste nell’avere di che cedere e cedere per avere. Solo il Principe che possiede la Virtù sa fare a tutti i suoi vassalli (compresi i più poveri) le distribuzioni rituali della carne da offerta, che accrescono lo sviluppo supremo di dei, uomini e cose.

La vita è sacrificio. Questo è il contenuto della Legge, che si compie mediante il rito (sacrificale) o ciò che rappresenta la liturgia giornaliera. Questo Messaggio o kerigma è evidente; ma, nel corso della modernità, sembra essere stato smarrito non tanto in Oriente quanto in Occidente. La Tradizione cinese sembra tuttavia averlo conservato gelosamente, come peraltro la Tradizione indiana dei Veda: frutto, forse anche, di una Tradizione più antica, comune a entrambe; e comune, in realtà, sia all’intero Oriente che all’intero Occidente. Ma questa, al momento, è solo un’ipotesi nascente.

L’argomento nodale ed essenziale è quello del sacrificio umano. Ma, annota l’autore: solo quando il racconto torna a vantaggio della morale nobile e dei suoi difensori (…) I Cinesi suggeriscono che questi atti orribili (che giustificano il cannibalismo) derivino dall’imitazione di costumi stranieri, registrano la data dell’introduzione e insistono sul fatto che l’uso si sviluppò nelle signorie limitrofe alle Marche barbare. E allora chi sono, in realtà, questi barbari-invasori? E chi invece i civili che a loro si contrappongono? Ogni Trionfo richiede un sacrificio, ogni sconfitto è un colpevole: se si tratta di un cinese, diventa un fuorilegge; fuori-legge per natura, se un barbaro.

Al tempo degli Egemoni, nessuno fondò una dinastia. La signoria di Lou era piccola e debole. Tutto il suo prestigio viene dalla fedeltà alle tradizioni rituali: con il suo Eroe, Tcheou-kong, e il suo Saggio, Confucio, vantò i due più illustri patroni della morale nobile. Non conobbe nessuna gloria militare (E) tuttavia, nell’anno 531 vi fu celebrata una vittoria … Che, in particolare, così viene tramandata: Per la prima volta furono sacrificati degli uomini all’Altare del Suolo di Po. Le offerte di carne (umana e non solo) partecipano della comunione tra dei e uomini. Esse sono presentate sia agli Antenati che al Dio del Suolo, al Dio del Suolo regale degli Yin che è anche il Dio del Suolo di Po. Ki P’ing-tseu, nel 531, compie un diverso atto rituale: versa sangue umano perché desidera consacrare la propria gloria, ma non lo versa agli Antenati benevoli, bensì agli dei spietati e cioè al Dio di Po. Ma, per questo, non possiamo dire che sarà punito dal Destino. Il compimento del rito, diverso rispetto alla Tradizione, sarà giudicato dal Cielo: chi ne beneficerà, il sacrificante o il sacrificato? In sorte c’è l’assegnazione di una dinastia, un feudo, un culto, una danza, un regno. Il principio generale è che Non si sacrifica a un animale il suo simile, ma l’imbarazzo dei Cinesi sta nel fatto che la loro letteratura non conosce, per così dire, dei che non siano antropomorfi (…). In definitiva: La messa a morte (il suicidio volontario, il suicidio imposto, l’esecuzione), sia che prenda la forma di un sacrificio e di un tentativo di assimilazione della vittima, sia che prenda la forma di un’espulsione e di un totale ripudio, sia che abbia il carattere di un rito di comunione o di un rito di avversione, sia che appaia come un atto religioso o piuttosto una sanzione penale, ha sempre qualcosa del sacrificio e dell’ordalia (non è passato molto tempo da quando in Occidente se n’è fatto un abbondante uso!). E’ una scommessa sul Destino. Legato in esclusiva alla Terra.

Nel 499, il duca di Lou, consigliato da Confucio, incontrò il duca di Ts’i a Kia-kou per la stipula di un trattato. I racconti di quest’incontro sono numerosi, e con diverse varianti l’uno e gli uni dall’uno e dagli altri, ma tutti parlano di danzatori sacrificati. Così che l’autore annota come l’atto rituale di mangiare il capo o squartare i danzatori (…) non sono che la realizzazione di uno stesso simbolo: la sconfitta di una bandiera, quella della danza che fallisce e della Virtù che soccombe. Ma: come spiegare ciò che avviene a Kia-kou? Per l’autore, non ci sono dubbi: i racconti, anche se diversi, rispondono a determinate “categorie” che informano il pensiero degli storici Annalisti, pensiero dominato da un’unica idea o filo di Arianna, quello della Virtù, che si afferma mediante un Ordine al tempo stesso spaziale e temporale. Laddove la Virtù è regolatrice domina lo Spazio intero, così che: il Re migliora (I) i suoi sentimenti, (II) i suoi ordini verbali, (III) i suoi rescritti, (IV) la sua Fama, (V) la sua Virtù – e se accade tutto questo: (I) i vassalli del possedimento, (II) i signori del territorio dei feudi, (III) i diversi capi del territorio degli Ospiti, (IV) i Barbari delle regioni asservite, (V)i Barbari delle Marche deserte non possono non portare i loro contributi ai sacrifici, siano essi (I) giornalieri, (II) mensili, (III) stagionali, (IV) annuali, (V) o, infine, i sacrifici dell’Avvento (…) L’Avvento designa il Tempo; gli altri Elementi, quattro, lo Spazio dei Quattro Orienti, Quattro Porte, Quattro Stagioni.

Il passato lontano della Cina è costituito dalla successione di Virtù. Tre sono le Virtù dinastiche. Ogni dinastia è inaugurata da un Antenato Fondatore ovvero un Sovrano discendente di quinta generazione, ceppo compreso. L’elenco classico dei Sovrani ne comprende cinque (!): Houang-ti; Tchouan-hiu; Ti K’ou (Kao-sin); Yao; Chouen. Dopo Chouen, il potere passa a Yu il Grande, ovvero il fondatore della prima dinastia regale: Hia. La cronologia classica situa i Cinque Sovrani nella metà del terzo millennio e.a. Ogni Sovrano è Signore del Calendario, delle Stagioni e dell’Evoluzione naturale. Il Cielo è mutevole. Ogni mandato è a termine. E quindi è destino di ogni Virtù raggiungere l’apice e quindi declinare. In definitiva: ogni cambiamento di Sovrano è una lotta tra due Elementi, Vincitore e Vinto. Ci possono essere Quattro Espulsi, dai quattro orienti, porte e lati del quadrato. Dal primo Sovrano discende il Caos (il nome del Sovrano è Houang-ti, ma anche Hong, che significa: le Grandi Acque) (n.d.r.: per la prima volta, nel saggio, s’intravede un possibile collegamento alla teoria migratoria di un ceppo originario comune, dall’Artico, conseguente al fenomeno postglaciale dello scioglimento dei ghiacciai: 10.000-8.000 ca. e.a.). Altre figure tematiche sono: il Mascalzone, il Piolo (discendente del secondo Sovrano) e il Ghiottone (equivalente dei San Miao). Le prime tre figure – Caos, Mascalzone e Piolo – sono considerate Tre Stirpi malefiche a cui il Ghiottone è eguagliato. Tutti e quattro vengono dispersi alle quattro estremità del mondo. Nel racconto della Tradizione, i San Miao (essere triplo e unico) non sono espulsi ma combattuti da Chouen o Yu perché portatori di una Virtù di disordine, inoltre le tradizioni che annoverano una sola vittoria della Virtù riorganizzatrice si riferiscono le prime ai San Miao, le altre a Kouen. Chi è Kouen? Un ribelle irriducibile. Mediante lo squartamento di Kouen è possibile instaurare un nuovo Ordine. Kouen si è sottratto all’obbligo di rendere omaggio ai sacrifici dell’Avvento, inaugurato quando i San Miao, domati da una danza, giunsero dal Monte dell’Estremo Occidente dove erano stati relegati, a portare il tributo mediante il quale i Barbari delle Marche deserte devono contribuire. Secondo lo Chou king, vi fu un’unica cerimonia che celebrò l’espulsione dei Tre Miao, perturbatori del Tempo, e l’espulsione di Kouen, perturbatore dello Spazio. Kouen è un topos: è infatti colui che non è stato capace di frenare la catastrofe delle Acque e, in epoca feudale, si diceva che si aggirasse ancora in forma di orso per andare a domandare offerte. L’Avvento del nuovo Ordine coincide con l’apertura delle Quattro Porte: Chouen riceve gli Ospiti, mette al bando le Quattro Malvagità, apre le Porte e fa la proclamazione che non ci sono più uomini dai Malefici Influssi.

 

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