Aldo Bianchini
SALERNO / VALLO di DIANO – Da quello che sto per scrivere si capirà perché quando sento parlare di “prevenzione e sicurezza” mi viene sempre da ridere; non perché io personalmente sia in grado di saperne qualcosa per via dei 38 anni della mia vita spesi nell’attività di ispettore della sicurezza e igiene sul lavoro, ma soltanto perché in questo benedetto Paese ogni volta che accade un incidente sul lavoro, un incidente domestico, un incidente scolastico o, peggio ancora, un disastro naturale, non c’è mai un responsabile; e tutti riparlano di prevenzione e di sicurezza, con dovizia di particolari ed estrema capacità dialettica quasi da sembrare profondi conoscitori della materia.
Accade questo, purtroppo, anche per il “fiume Tanagro” che attraversa longitudinalmente l’intero Vallo di Diano (direzione Casalbuono – Polla) per versare le sue acque nel più grande e conosciuto Sele.
Da decenni, da molti decenni, ogni anno, in autunno e inverno, il fiume Tanagro esonda ed allaga molte zone del Vallo con grave pericolo per l’incolumità personale di tante gente.
Da decenni, da molti decenni, ogni anno, durante la stagione estiva, ogni cittadino valdianese ha modo di vedere con i propri occhi l’incuria in cui è tenuto tutto il bacino idrografico del Tanagro; cespugli e alberi di media taglia nascono a prosperano addirittura dentro il letto del fiume nascondendone il flusso delle acque; eppure ogni anno, tutti gli anni, nessuno si preoccupa più di tanto di prevenire e mettere in sicurezza il corso del fiume.
Santo cielo, mi chiedo sempre quando in macchina o a piedi osservo il degrado puntuale del fiume, ma ci sarà uno sfessato di responsabile da indicare al pubblico ludibrio e, semmai, da prendere a calci nel sedere e buttare fuori dal posto pubblico (di carriera e/o elettivo) che occupa immeritatamente.
La risposta è sempre la stessa: non c’è !!
Non c’è e dobbiamo farcene una ragione, perché nel Bel Paese nessuno è chiaramente responsabile e ad ogni incidente o disastro inizia subito lo scaricabarile che tutto il mondo ci invidia e ci odia al tempo stesso; non siamo mai in grado di individuare precise e condannabili responsabilità; anche perché quando qualche barlume di responsabilità viene a galla ci pensa subito la magistratura con le sue cervellotiche interpretazioni prima ad accusare e poi a mandare tutti assolti con la più bella e significativa allocuzione verbo-dialettale di tutti i tempi e per tutto il mondo: il fatto non sussiste.
E tutti vissero felici e contenti, direbbe qualcuno; niente affatto perché il balletto delle responsabilità riprende a lievitare alla prima occasione possibile.
Ma fermiamo la nostra attenzione sul bacino idrografico del fiume Tanagro; in parte viene gestito dal Consorzio di Bonifica, in parte dalla Comunità Montana, in parte dalla Provincia, in parte dalla Regione, in parte dai Comuni del bacino, in parte dalla Prefettura, in parte dal Genio Civile, per non dimenticare la grande ed onnipresente Protezione Civile. E finanche dal famoso “Tribunale delle acque” che esiste e che, però, della sua esistenza quasi mai se ne avverte sostanzialmente la presenza.
E allora perché ogni anno accadono sempre gli stessi incidenti tra esondazioni ed alluvioni: c’è assoluta mancanza di coordinamento ?; questo lo si è capito, e da qui bisognerebbe ripartire per fare chiarezza e per dare alla popolazione quel minimo di sicurezza terrena, anche se, come si sa, alla fine il Padreterno fa e disfa come e quando vuole.
Non dico di pensare e nominare un “magistrato del bacino idrografico” come per il Po’, ma almeno di un “commissario del Tanagro” visto che il fiume attraversa una zona ed un territorio molto particolare che è stato oggetto in passato (remoto e prossimo) di numerose opere di bonifica, esattamente come la pianura padana il cui bacino idrografico è come per il Vallo al di sotto del livello del fiume; di questo la politica regionale dovrebbe interessarsi invece di sparare soltanto palle incredibili con promesse mai mantenute.
Negli ultimi giorni tutto il comprensorio valdianese è ricaduto, dopo l’ennesima esondazione, nelle solite manfrine politichesi di promesse e di pacche sulle spalle per i poveri disgraziati che sono stati soccorsi e salvati addirittura con i canotti dai Vigili del Fuoco; con immagini che hanno fatto il giro del mondo.
Sempre ubbidendo al mio senso di correttezza deontologica devo, questa volta, evidenziare “una risposta concreta” data al territorio ed a tutti gli osservatori ed anche alla popolazione dal consigliere regionale On. Avv. Corrado Matera che nel giro di 24 ore ha prima promesso un intervento immediato e risolutivo e poi, già nella mattinata di ieri, ha effettivamente dato l’inizio dei lavori di consolidamento degli argini, avvalendosi anche dell’opera organizzativa del presidente del Consorzio di Bonifica dr. Beniamino Curcio (suo riferimento nel Vallo) che da anni sta portando avanti una politica costruttiva senza badare a colorazioni e bandiere; ed anche senza dimenticare i numerosi appelli lanciati in passato dall’ex sindaco di Sassano (adesso indicato come il paese a più alto rischio !!) e attuale neo consigliere regionale On. Dr. Tommaso Pellegrino.
Ma l’on. Corrado Matera (personaggio schivo e riservato) è andato oltre, e nel suo comunicato di ieri (29 gennaio) ha riportato a galla un’antica piaga della questione relativa a “”quei comuni che, ignorando la necessità di un’opportuna e costante manutenzione, non hanno provveduto a versare neppure le proprie quote di compartecipazione al consorzio di bonifica (i cui costi hanno invece gravato sui soli cittadini possessori di terreni)””. E tra questi comuni c’è sicuramente Sassano che, per ironia della sorte, oggi risulta essere stato inserito tra quelli più a rischio esondazioni e allagamenti.
Una vicenda quest’ultima che diede vita l’altro anno ad una polemica violenta quanto stucchevole tra il presidente Beniamino Curcio e l’allora sindaco Tommaso Pellegrino. Una vicenda dalla difficile spiegazione che non potrà non avere effetti anche sulla nuova amministrazione comunale di Sassano eletta il 21 e 22 settembre 2020.
Sono due situazioni completamente differenti. Eppure, leggendo il documentato resoconto fatto in questo articolo sullo stato di salute del “fiume Tanagro”, sono indotto a fare un parallelo, pur con i dovuti distinguo, con il rio Fusandola, in particolare per quanto riguarda competenze, oneri e responsabilità riguardanti la corretta manutenzione dei rispettivi alvei.
Per il fiume affluente del Sele, nonostante l’esistenza di tanti Enti incaricati di curarne le sorti – o forse proprio per questo – non viene attuato una sistematica serie di interventi per evitare che annualmente si verifichino esondazioni e alluvioni, con danni pesantissimi per l’equilibrio idro-geologico circostante e quindi anche con seri rischi per l’incolumità di molte persone e cose.
Il grave è che l’incuria a cui attribuire questo stato di fatto sembrerebbe che debba essere attribuita a più soggetti, ergo a nessuno. Il che é tipico di tante altre situazioni italiane.
Perché mi è venuto in mente il rio Fusandola?
Qui siamo in presenza di un corso d’acqua (per lo più “anemico”) che si snoda su un tracciato cittadino, in parte tombato, prima di sfociare in mare.
Fortunatamente, dopo la tragica, eccezionale esondazione del 1954, non ci ha fatto più assistere ad eventi analoghi, neppure di entità assolutamente non comparabili. In effetti, come rilevabile dalle cronache, la “quiete dopo la tempesta” continua da ancor più di mezzo secolo e c’è da augurarsi che duri per sempre.
Tale auspicabile situazione non deve però indurre a trascurare o omettere tutti i necessari controlli e gli interventi previsti per una accurata e continua manutenzione del corso d’acqua, dalla sorgente alla foce. Eccessivi accumuli di sabbia, che possono ridurre considerevolmente o, addirittura ostruire eccezionalmente lo sbocco a mare della corrente, oppure il prolungato mancato sfalcio di arbusti e di altra consistente vegetazione selvatica nel tratto a monte, unitamente a ritardi nell’asporto di detriti di ogni genere lungo il corso del rio, scoperto e interrato, sono sicuramente i fattori determinanti che potrebbero dare luogo, in concomitanza con abbondanti e prolungate precipitazioni atmosferiche, ad esondazioni e alluvioni.
In una simile evenienza, la tanto dibattuta deviazione dell’alveo del Fusandola, ancora oggetto di investigazioni sul perché, sul percóme e sulla sua liceità, sarebbe ininfluente, dal momento che anche un eventuale preventivo ripristino del precedente tracciato, nelle condizioni date, non sarebbe comunque risolutore per imbrigliare un flusso vorticoso di acque costrette da ben altri ostacoli a trovare altrove e ad libitum il loro sbocco di forza distruttrice.
Come è giusto ipotizzare per il fiume Tanagro un Commissario ad hoc, senza quindi spingersi fino a un Magistrato di bacino idrografico come per il Po, così per il Fusandola, non un Commissariato ma una più snella “Cellula funzionale” – se non già esistente – potrebbe fornire maggiori garanzie affinché tutti i previsti interventi di manutenzione, ordinaria e straordinaria, vengano tempestivamente effettuati.
Magari estendendo le sue competenze e responsabilità anche alle altre “aste torrentizie” cittadine (Rafastia, Irno, Mercatello).