Aldo Bianchini
SALERNO – I riferimenti al passato remoto, con aneddoti e citazioni filosofiche, mi sono sempre stati sullo stomaco anche perché viaggio sempre sull’onda della logica e mai su quella della stretta cultura scolastica e reminiscenziale.
Per esprimere alcune considerazioni sul Sistema Sanitario Nazionale (SSN) è, però, necessario ripartire dal medico per antonomasia e dal suo decalogo che diede vita al famoso giuramento che tutti i medici sono chiamati a pronunciare prima di avviarsi per gli irti sentieri di quella che è sicuramente la professione più importante in seno alla nostra società.
Parlo di Ippocrate, medico dell’antica Grecia, che durante l’incendio del Tempio di Asclepio riuscì a sottrarre alle fiamme le tavole sacre che regolavano la “professione medica” fino al 400 a.C.; le salvò, le rivisitò probabilmente le riscrisse e da quel lavoro fuoriuscì una nuova teoria della medicina: l’etica del medico con relativo giuramento.
Perché Ippocrate fece tutto questo ?
Lo fece perché molto verosimilmente si rese conto che già nell’antichità la medicina territoriale (allora c’era solo quella) si stava progressivamente allontanando dalla realtà popolare e ambientale; aveva forse capito già 2.400 anni fa che molto facilmente “il medico” (comunemente ed erroneamente chiamato “dottore”), per il semplice fatto che curava la salute a tutela della vita della gente, si ergeva a paladino di una posizione di prestigio e di potere personale che lo allontanava inesorabilmente dal sentire comune della gente; fino al punto di assurgere al ruolo di una casta quasi intoccabile.
Con il passare del tempo quel vuoto è diventato un solco incolmabile, un vero e proprio “distanziamento sociale” che il covid-19 ha soltanto amplificato e pubblicizzato; la politica ha bisogno di voti e piega sempre la testa, la magistratura con le sue incursioni giudiziarie spaventa soltanto il sistema che subito si ricompatta e riparte all’attacco.
Con il covid il ruolo del medico si è trovato improvvisamente ed inaspettatamente al centro dell’attenzione generale e sono usciti allo scoperti i “medici eroi” ma anche i “medici imboscati” con il risultato di trovarci di fronte ad una sanità pubblica al collasso e difficilmente riparabile; fatto che ha determinato una frattura insanabile tra l’ospedale e la medicina territoriale (tutta nelle mani dei medici di base).
Su questo disagio evidente si è lanciato l’ottimo presidente dell’Ordine dei Medici e degli Odontoiatri della Provincia di Salerno, dott. Giovanni D’Angelo, con una intervista molto coraggiosa e inappuntabile concessa al quotidiano “Il Mattino” (a firma di Sabino Russo) nell’edizione del 25 gennaio 2021; una frase dell’intervista mi ha colpito di più “La mancanza di collegamento tra ospedale e territorio è ormai cronica. La pandemia ha premuto solo il grilletto”. Una frase da leggere con attenzione e da interpretare con serenità perché è una frase che dice veramente tutto sullo stato non solo della sanità che è un concetto astratto, ma sull’identità specifica del ruolo del medico, sia esso ospedaliero che territoriale o di base.
Non è la prima volta che il presidente D’Angelo esce allo scoperto con le sue interessanti considerazioni; nel gennaio 2020 a commento di diversi maltrattamenti fisici contro medici ospedalieri disse: “Al di là della legge sono necessari interventi di tipo divulgativo e comunicativo verso la popolazione, perché si riporti in Sanità il rapporto paziente-personale assistenziale a una corretta e produttiva forma collaborativa e a un giusto livello di tolleranza, che deve contraddistinguere una società civile, nel rispetto dei diritti di entrambi: sanitari e pazienti”.
Sullo sfascio della sanità che passa attraverso il difficile rapporto “utente – medico di base – ospedale” ho scritto diverse volte e la casta di cui prima ha sempre reagito in malo modo nell’ottica di un altro cattivo rapporto tra sanità e stampa.
Per concludere, il presidente D’Angelo non ha volutamente affondato il coltello nella piaga anche perché sarebbe, per la sua carica, molto imbarazzante.
Mi aspetto, comunque, che un giorno o l’altro mosso dalla sua innata trasparenza si fermi e confermi quello che è anche un mio sentire: i medici di base (che in termini economici guadagnano molto più degli ospedalieri) sono il vero problema canceroso del sistema sanitario nazionale, e se non si pone rimedio al loro strapotere (non di tutti fortunatamente !!) la sanità pubblica continuerà a precipitare verso il basso.
La nota giornalista televisiva Barbara Palombelli, in una trasmissione di qualche settimana, fa ha dichiarato che i medici di famiglia si dividono in tre categorie: quelli che non vogliono fare il proprio dovere, quelli che non sanno farlo e quelli che non possono farlo (per mancanza dei necessari strumenti); per darle torto bisogna fare un esercizio mentale castigante.