Dr. Pietro Cusati (Giurista – Giornalista)
Roma, 27 Dicembre 2020. I giornalisti devono agire con “correttezza e trasparenza” evitando di utilizzare artifici e pressioni” per raccogliere notizie che potrebbero essere acquisite con gli strumenti dell’inchiesta giornalistica. Il principio è stato ribadito dal Garante della Privacy che ha sanzionato la Società Reti Televisive Italiane Spa e ha vietato la diffusione di un’intervista all’interno di un servizio de ‘Le Iene’.Il caso affrontato dall’Autorità Garante riguarda un medico che aveva presentato reclamo lamentando una violazione della sua privacy avvenuta nel corso di una puntata della trasmissione. Dopo essere stato avvicinato dagli inviati del programma televisivo che – senza identificarsi – erano entrati nel suo studio fingendo un malore, il medico era stato ripreso e ‘intervistato’ a sua insaputa. Nel servizio, riferisce il Garante, comparivano lunghi primi piani della sua persona, oscurata solo parzialmente in volto e senza mascheramento della voce, e dettagli del luogo di lavoro che lo rendevano riconoscibile. Al professionista, inoltre, mentre era dedito alle sue prestazioni sanitarie, venivano rivolte con insistenza domande sul problema dei fumi e sull’inquinamento dell’aria nel Comune dove lavora. Nel decidere sul reclamo, il Garante della Privacy ha ritenuto che: “i giornalisti avrebbero dovuto agire con correttezza e trasparenza, qualificandosi ed evitando artifici e pressioni indebite, in conformità alla disciplina in materia di privacy e al Codice deontologico dei giornalisti”.Le informazioni che i giornalisti intendevano raccogliere, osserva il Garante, “si sarebbero infatti potute ugualmente acquisire con modalità diverse, ricorrendo, ad esempio, ad altre fonti o attraverso una intervista palese al medico, eventualmente con garanzie di anonimato, oppure interpellando altri medici della zona”.Modalità che “non sono state esperite senza peraltro che la Società RTI spa abbia fornito all’Autorità elementi in grado di dimostrare l’impossibilita’ di procedere non ricorrendo agli artifici utilizzati. Si sarebbe potuto inoltre garantire più’ efficacemente l’anonimato dell’interessato, ad esempio con il mascheramento della voce e l’utilizzo di inquadrature non focalizzate sulla persona e sul suo ambiente di lavoro”.Reti Televisive Italiane Spa dovrà pagare una sanzione di dieci mila euro e non potrà più diffondere l’intervista in questione all’interno del servizio, che dovrà comunque essere conservata per eventuali utilizzi in sede giudiziaria. Il Garante ha disposto l’invio di copia del provvedimento al Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti e la sua pubblicazione per intero sul sito web del Garante.Il Garante ha ritenuto che i giornalisti avrebbero dovuto agire con correttezza e trasparenza, qualificandosi ed evitando artifici e pressioni indebite, in conformità alla disciplina in materia di privacy e al Codice deontologico dei giornalisti,inoltre la Società RTI non ha fornito all’Autorità Garante elementi in grado di dimostrare l’impossibilità di procedere non ricorrendo agli artifici utilizzati. L’attività del giornalista, attraverso qualunque strumento di comunicazione svolta, si ispira alla libertà di espressione sancita dalla Costituzione italiana ed è regolata dall’articolo 2 della legge n. 69 del 3 febbraio 1963: «È diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà d’informazione e di critica, limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede. Devono essere rettificate le notizie che risultino inesatte e riparati gli eventuali errori. Giornalisti e editori sono tenuti a rispettare il segreto professionale sulla fonte delle notizie, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse, e a promuovere lo spirito di collaborazione tra colleghi, la cooperazione fra giornalisti e editori, e la fiducia tra la stampa e i lettori».Il giornalista difende il diritto all’informazione e la libertà di opinione di ogni persona; per questo ricerca, raccoglie, elabora e diffonde con la maggiore accuratezza possibile ogni dato o notizia di pubblico interesse secondo la verità sostanziale dei fatti. Rispetta i diritti fondamentali delle persone e osserva le norme di legge poste a loro salvaguardia. Inoltre il Garante Privacy ha condannato una società di call center al pagamento di una sanzione di venti mila euro e l’adozione di misure correttive per conformarsi al regolamento UE. Sotto accusa il regolamento aziendale con il quale per garantire, a detta della società, la segretezza dei dati trattati per conto dei clienti, era stato disposto il divieto per i dipendenti di portare con sé borse, telefoni cellulari o altri dispositivi elettronici nonché “l’obbligo di tenere a vista sulla scrivania scatole di medicinali e assorbenti”. Disposizioni che l’Autorità ha ritenuto non conformi alla disciplina in materia di privacy.Gli operatori del call center erano tenuti ad esporre sul tavolo di lavoro oggetti prettamente personali quali medicinali, presidi medici, assorbenti, salviette umidificate, che il lavoratore utilizzava nel corso della prestazione lavorativa. Ciò senza la possibilità di riporre tali oggetti all’interno di astucci o comunque contenitori di piccole dimensioni per sottrarli alla visibilità di colleghi o superiori gerarchici e, di conseguenza invece, con la possibilità per costoro di apprendere, indirettamente, stati o situazioni personali o informazioni relative allo stato di salute estranei al contenuto della prestazione lavorativa e lesive della dignità e riservatezza del dipendente. Nel dichiarare illecito il trattamento dei dati, l’Autorità ha ingiunto alla società il pagamento di una sanzione pecuniaria di venti mila euro e le ha ordinato di conformare ai principi di liceità previsti dal Regolamento europeo i trattamenti effettuati con un nuovo regolamento aziendale .