Dr. Michele D’Alessio
(Giornalista – Agronomo)
La chiusura di vivai e dettaglio di fiori e piante mette a rischio i circa 13,5 milioni di alberi di Natale veri e di Stelle di Natale che ogni anno trovano spazio nelle case degli italiani in occasione delle feste, secondo una tradizione consolidata. È l’allarme lanciato dalla Coldiretti dopo che in molte regioni è scattato lo stop alle attività di vendita di piante a causa di una errata interpretazione del Dpcm del 3 novembre scorso, che al contrario ne garantisce la prosecuzione poiché sono considerate come completamento e sbocco della filiera agricola. Alcune ordinanze locali hanno, infatti, chiuso immotivatamente gli spazi dedicati a piante e fiori all’interno di molte strutture come centri commerciali, supermercati e ipermercati, secondo quanto denunciato dalla Consulta Floroivaistica della Coldiretti in una lettera indirizzata ai principali gruppi della Grande distribuzione. Lo stop alle realtà commerciali che superano i 250 metri quadri ha inoltre interrotto l’attività di molti garden che superano facilmente queste dimensioni, inglobando spesso aree di produzione e di vendita, senza che a livello regionale o comunale ne sia stata riconosciuta l’eccezionalità. Molti provvedimenti a carattere locale hanno finito inoltre, per impedire addirittura ad ambulanti di piante e fiori di operare all’interno dei mercati cittadini organizzati anche per la vendita di generi alimentari. Il rischio è che venga favorito l’acquisto di piante di plastica che – precisa la Coldiretti – arrivano molto spesso dalla Cina. Al contrario gli alberi naturali – informa la Coldiretti – sono coltivati nei vivai soprattutto nelle zone montane e collinari in terreni marginali altrimenti destinati all’abbandono e contribuiscono a migliorare l’assetto idrogeologico delle colline ed a combattere l’erosione e gli incendi. Un vero e proprio tsunami per il settore florovivaistico nazionale al quale l’emergenza ha creato anche problemi all’export con blocchi al confine e in dogana di tanti paesi Ue ed extra Ue, a causa di ritardi e difficoltà nei trasporti e nella vendita. Da tutelare c’è il futuro di un comparto e chiave del Made in Italy agroalimentare, con il valore della produzione italiana di fiori e piante stimato in 2,57 miliardi di euro grazie a 27mila imprese con circa 200mila posti di lavoro che ora si trovano in gravissime difficoltà. Per fortuna lo shopping natalizio degli italiani garantisce ossigeno vitale a molte attività produttive Made in Italy con una spesa di ben 5,1 miliardi di euro solo per i regali che sono stati messi sotto l’albero lo scorso anno. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulle previsioni del premier Giuseppe Conte di un Natale più sobrio con la possibilità però “di scambiare doni e permettere all’economia di crescere” nonostante la pandemia. Si tratta di un importo complessivo di 221 euro a famiglia, i regali sono capi di abbigliamento ed accessori, prodotti alimentari e giocattoli che salgono nell’ordine sul podio dei regali più gettonati insieme a libri e musica.Tra i doni preferiti c’è l’enogastronomia anche per l’affermarsi di uno stile di vita attento alla riscoperta della tradizione a tavola, che si esprime con la preparazione fai da te di ricette personali per serate speciali in casa. Da segnalare, la preferenza accordata dall’82% degli italiani all’acquisto di prodotti Made in Italy per aiutare l’economia nazionale e garantire maggiori opportunità di lavoro messo a rischio dall’emergenza Covid. Tiene bene, l’alimentare con un fatturato che rimane praticamente stabile (-0,4%) rispetto allo scorso anno grazie all’impegno di 730mila aziende agricole e 70 mila industrie alimentari che non hanno mai smesso di lavorare per garantire le forniture di cibo e bevande agli italiani. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi all’andamento del fatturato industriale a settembre, che evidenzia un calo del 4,6% rispetto allo scorso anno. Una rete diffusa lungo tutto il territorio che viene quotidianamente rifornita dalle campagne italiane dove stalle, serre e aziende hanno continuato a produrre anche per assicurare le tavole imbandite degli italiani per Natale. Un appuntamento che tra pranzi e cenoni (stima Coldiretti) vale 5 miliardi, con il consumo di 70 milioni di chili tra pandori e panettoni, 74 milioni di bottiglie di spumante, 20mila tonnellate di pasta, 6 milioni di chili tra cotechini e zamponi e frutta secca, pane, carne, salumi, formaggi e dolci spariti dalle tavole lo scorso anno solamente tra Vigilia e Capodanno. A preoccupare è il rischio che un Natale sobrio, senza le tradizionali maxitavolate delle feste di fine anno composte in media da 9 persone nel 2019, si traduca anche in meno brindisi ed un netto taglio delle portate. Con la pandemia, la filiera agroalimentare è diventata la prima ricchezza del Paese con 538 miliardi di valore dai campi agli scaffali che garantisce 3,8 milioni di posti di lavoro e vale il 25% del Pil.
In ogni caso dovrà essere un Natale sobrio, con distanziamento e mascherine, con molti divieti che rimarranno in vigore. Anche se un grosso rischio potrebbe arrivare proprio dalle abitudini tipicamente italiane legate a questa festa: cenoni in famiglia con decine di invitati e viaggi da una parte all’altra del Paese per ritrovare i parenti. Tradizioni che il governo proverà certamente a “scoraggiare”, anche se questo non potrebbe bastare.