Il tempo della rivolta

 

Angelo Giubileo

(Avvocato – Scrittore)

E’ questo il titolo dell’ultimo libro di Donatella Di Cesare, docente di Filosofia teoretica all’Università “Sapienza” di Roma, “tra le voci filosofiche più presenti nel dibattito pubblico sia accademico sia mediatico” (Bollati Boringhieri 2020).

Molto brevemente: la Di Cesare sostiene che gli Stati nell’attualità operano spesso al fine di restringere al proprio interno, mediante le forze di polizia, lo “spazio politico”; che resta così precluso ai migranti, agli invisibili e a tutti coloro che restano “fuori”. In definitiva, occorrerebbe quindi riconoscere e allargare lo “spazio politico”, dato che “la politica non può essere circoscritta alle mura della polis (…) (ovvero) in quella partizione della città che, già dall’esame platonico, si rivela la giustizia stessa”. Ma, non è proprio così.

Per i classici greci, la politica è solo un’arte o una tecnica che, servendosi del metodo della dialettica, assolva alla funzione di trovare risoluzioni alle questioni pratiche che concernono il governo della polis. Assolutamente nulla a che fare con le questioni di “giustizia” e di “verità” stesse – inerenti all’ “ordine naturale” e non “politico” – di cui “il primo Platone” (non quello del Timeo) dà ancora testimonianza nel dialogo del Politico, erede dell’umana e sempiterna Tradizione Accademica che – dice Aristotele nella Metafisica (1074b; 1448b, 20) – risale ai “nostri più antichi progenitori”.

Così che il tempo della rivolta rappresenta piuttosto lo spazio e il tempo di tutti coloro che non sono più disposti a subire “ingiustizie” e “falsità” da parte di quelle che vengono etichettate come attuali élites di governo, succedute nella modernità al ruolo e alla funzione svolta dal più antico sovrano o monarca (che deriva dall’attributo greco “mònos” che sta per solo + il sostantivo “archos” che sta per principe; ma considerato anche che la radice “arch” con la desinenza “è” e quindi il sostantivo “archè” sta per inizio).

 

 

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