Aldo Bianchini
SALERNO – Era ed è soltanto un’inchiesta giornalistica quella che sto portando avanti sul complesso ma affascinante mondo femminile in generale, e non solo del Vallo di Diano dove l’inchiesta ha preso piede per la presenza sul territorio dell’unica Consulta delle Donne Amministratrici esistente in Italia.
Sicuramente è un’inchiesta di pochissimo spessore, come lo è, anche perché purtroppo a tanto arrivano le mie capacità personali e professionali; ma è un’inchiesta sincera, non provocatoria ed assolutamente trasparente in quanto non ha alcun secondo fine, neppure quello di sperare di ricevere “un inchino” come ha scritto un collega giornalista che invece di rifugiarsi sui social poteva anche scrivere direttamente a questo giornale; lo avrei volentieri ospitato perché le sue considerazioni sono spesso condivisibili. Del resto ho pubblicato anche lo sfogo-social fatto dalla ex giornalista che si è sentita presa di mira; non ho pubblicato i post su FB perché è bene che restino in quel contenitore.
Rassicuro il collega che non ho mai chiesto o sperato in inchini da parte di chi casualmente mi legge; la superbia e la presunzione non fanno parte del mio costume di vita; ma questo avrò tempo e modo di spiegarglielo di persona.
Del resto faccio veramente difficoltà a scorgere un secondo fine in tutto quello che ho scritto su questa vicenda che, badate bene, era nelle cose che dovesse agitare gli animi e l’ambiente tutto al femminile di cui ho trattato; un ambiente che a volte smette di ragionare e contrattacca con accuse di sessismo o di maschilismo che spesso fanno ridere. Non esaspero i toni nella risposta e ricordo che trova fondamento nei tanti messaggi (alcuni anche grevi !!) che hanno inondato il web subito dopo la pubblicazione del mio ultimo articolo “DONNE – UOMINI: due mondi diversi e … non soltanto per colpa di un pene !!”, avvenuta il 26 ottobre scorso, in cui avevo sottolineato l’aggressione scritta in danno di un noto giornalista da parte di una ex giornalista che male aveva digerito alcune riflessioni sulle donne in generale.
Sono attento a tutto quello che mi si muove intorno e davanti, mi piace ascoltare più che intervenire, alle conferenze stampa non faccio mai domande (come fanno in tanti per mettersi in evidenza) anche perché non so farle con rapidità e con pertinenza all’argomento trattato; se questo vuol dire di sperare in inchini, giudicate Voi.
Ho letto attentamente alcuni dei post che sedicenti moralisti e moraliste (qualcuno si è chiesto addirittura se io avessi mai avuto una mamma !!) mi hanno sparato in faccia senza alcuna reticenza; fa parte del gioco e ho sempre accettato le critiche, anche quelle più aspre ed ai limiti della civile correttezza; sapevo già, prima di scrivere quell’articolo, che sarei stato fatto oggetto di becero maschilismo, pazienza; questo, però, non mi esime dal suggerire a chi si è scagliato contro di me di provare a guardare le trasmissioni televisive pomeridiane e pre-serali (per non parlare di “Ciao Darwin” e dei reality) per capire quanto ancora la donna deve lavorare per rigettare l’immagine deviante che quelle ragazzine, sculettanti e con le tette al vento, danno di se stesse e della donna in genere.
Secondo un altro giornalista non conosco l’A-B-C del mestiere. E’ vero, non conosco l’abc di cui lui parla, nessuno me lo ha mai insegnato; io conosco soltanto l’U-V-Z, un abbecedario che mi ha consentito, mi consente e mi consentirà di scrivere e di esprimere il mio pensiero in piena libertà, senza l’intento di dover impartire lezioni a chicchessia o di ricevere inchini, consensi e prebende. Però il giornalista di cui prima ha centrato l’obiettivo, fino al punto che dichiaro tutta la mia disponibilità a partecipare, ove fosse possibile, ad un corso accelerato di formazione (semmai tenuto anche da lui) e di essere disposto perfino a pagare una quota che, però, non deve andare oltre “una pizza e una birra” (come dice il governatore De Luca quando vuole denigrare la stampa locale), a patto che, una volta appreso l’abc, io possa tranquillamente continuare a scrivere in assoluta libertà.
Mi corre, comunque, l’obbligo di essere sincero fino in fondo, altrimenti farei un torto a me stesso. Due parole, un sostantivo femminile e un aggettivo da collegare alla sostanza della vicenda fin qui descritta (articolo del giornalista sulle donne,commento su FB della ex giornalista, mio articolo, risposta piccata, numerosi post di molte altre donne ed anche di maschietti), mi hanno ferito profondamente: misoginia e ineccepibile.
La prima, misoginia; un sostantivo femminile utilizzato con un post da una donna nei miei confronti; voglio credere che sia stata scritta in buona fede; probabilmente l’autrice non conosce il significato vero di quella parola che, comunque, mi è scivolata addosso e non ha lasciato alcuna traccia. Ho sempre rispettato le donne, la loro bellezza, la loro intelligenza e la loro capacità professionale, anche se di fronte a nessuna di loro mi sono mai inginocchiato (come ha fatto qualche settimana fa quel pilota motociclista che ha interrotto la sua gara per donare un anello alla sua amata) e mai mi inginocchierò.
La seconda, ineccepibile; un aggettivo (postato a conferma quasi brutale, senza possibilità d’appello, di tutto lo sfogo scritto da una donna-ex giornalista contro di me; e non sono mancate affermazioni pesanti in quello scritto) che mi ha colpito e segnato profondamente sul piano morale e psicologico; tanto da mettere in discussione la mia passione per il giornalismo e se in esso e nella sua libertà ancora continuare a credere. Perché ?, semplicemente perché l’autrice mi conosce da tempo, sa come e cosa scrivo e, soprattutto, è consapevole della mia assoluta buona fede, anche per tutte le volte che ho commesso e commetto errori di valutazione (e sono tanti !!); ed, infine, per avere più volte dimostrato, e non soltanto a lei, che sono sempre pronto a ritornare sui miei passi ed anche, se c’è bisogno, a chiedere scusa. Ma quell’ineccepibile mi sembra decisamente sopra le righe in quanto nello sfogo della ex giornalista non sono mancate affermazioni pesanti sulla mia professionalità anche in assenza di una conoscenza diretta; e di questo doveva tenere conto, anche perché in tutta sincerità poteva benissimo astenersi dal farlo conoscendomi molto bene personalmente. Voglio credere, come credo, che lo abbia fatto d’istinto e senza uno specifico intendimento. Purtroppo anche queste sono le distorsioni incorreggibili del web, e bisogna farsene una ragione.
Morale: capisco ma non condivido l’esigenza irrefrenabile di scrivere sui social; ognuno è libero di farlo, sarebbe necessaria un po’ di riflessione prima di apporre un “mi piace” o un aggettivo come “ineccepibile” sotto i post; a volte ne va della nostra stessa dignità.