Tar Lazio: Stop alle visite a domicilio dei malati covid per i medici di base della Regione Lazio.

Dr. Pietro Cusati

(Giurista – Giornalista)

Roma,16 novembre 2020 “L’affidamento ai medici di medicina generale del compito di assistenza domiciliare ai malati Covid”, risulta in contrasto con la normativa emergenziale. Il Tar del Lazio ha parzialmente accolto un ricorso proposto dal SMI, Sindacato dei Medici Italiani ,contro alcuni provvedimenti della Regione Lazio.Per effetto delle decisioni regionali “i Medici di Medicina Generale , precisa il Tar Lazio, risultano investiti di una funzione di assistenza domiciliare ai pazienti Covid del tutto impropria, che per legge dovrebbe spettare unicamente alle Unità Speciali di Continuità Assistenziale (Usca)”. Per il Tar Lazio  i medici verrebbero “pericolosamente distratti dal compito di prestare l’assistenza ordinaria, a tutto detrimento della concreta possibilità di assistere i tanti pazienti non Covid, molti dei quali affetti da patologie anche gravi”. E’ stato parzialmente accolto ricorso del Sindacato Medici Italiani. Il  compito di curare a domicilio i malati Covid  spetta alle Usca, le cosiddette Unità Speciali di Continuità Assistenziale, perchè i medici di base devono  assistere i tanti pazienti non Covid, molti dei quali affetti da patologie anche gravi, secondo il  TAR Lazio l‘affidamento ai medici di medicina generale risulta in contrasto con la normativa emergenziale è  del tutto impropria,  per legge spettare unicamente alle Unità Speciali di Continuità Assistenziale (Usca)”.Secondo il Tar Lazio  hanno ragione i medici di famiglia che devono  proseguire nell’attività assistenziale ordinaria, senza doversi occupare dell’assistenza domiciliare dei pazienti Covid, verrebbero “pericolosamente distratti dal compito di prestare l’assistenza ordinaria, a tutto detrimento della concreta possibilità di assistere i tanti pazienti non Covid, molti dei quali affetti da patologie anche gravi”.L’ attivazione delle Unità Speciali di continuità Assistenziale per l’assistenza a domicilio nei pazienti COVID positivi,  tale tipologia di intervento dovrebbe costituire, non una semplice ‘eventualità’, bensì il precipuo ed esclusivo obiettivo delle USCA”.  Il Tar Lazio ribadisce ciò che la legge già prevede, l’assistenza domiciliare è compito delle Unità speciali Usca,  se queste non ci sono o sono insufficienti, è un’inadempienza delle Regioni. Piena solidarietà del Presidente della Federazione  Nazionale degli ordini  dei Medici ,  FNOMCeO, Filippo Anelli,a tutti i medici italiani, costretti, in questo momento difficile, insieme agli altri professionisti della salute, a reggere sulle loro spalle il Servizio Sanitario Nazionale, scontando carenze e inefficienze, organizzative e di sistema, dovute alle politiche degli anni passati, che consideravano la sanità come terreno di risparmio e non come risorsa su cui investire”.“Siamo vicini ai medici degli ospedali, costretti a inventare soluzioni per continuare a erogare servizi, a costruire dighe per arginare questa seconda ondata dell’epidemia. Gli ospedali sono vicini al collasso, per carenza di personale e mancanza di posti letto a fronte dell’abnorme afflusso di malati. Non va meglio sul territorio, dove i medici di medicina generale portano avanti il loro lavoro in solitudine, imbrigliati in modelli organizzativi ormai superati dalla realtà dei fatti. L’organizzazione dei servizi territoriali è la stessa di vent’anni fa . In tutto questo tempo, sono nate nuove professioni sanitarie, sono stati fatti enormi progressi scientifici, clinici, tecnologici; è mutata la demografia della popolazione generale, con un invecchiamento e aumento della cronicità, e anche di quella medica, con una carenza di medici di medicina generale dovuta ai pensionamenti non compensati da nuovi ingressi. E, in questo scenario così mobile, il medico di medicina generale è sempre, nell’immaginario collettivo ma anche nei fatti, il vecchio medico condotto, armato di borsa e fonendoscopio”. “E allora è il momento di un colpo di reni, che faccia emergere questo lavoro oscuro ma efficace, che, anche con questa scarsità di risorse, salva ogni giorno migliaia di vite. È il momento di collaborare con le altre professioni, affiancando al medico di famiglia l’infermiere, lo psicologo, l’ostetrica, il fisioterapista, il tecnico di radiologia, l’assistente sanitaria ,il personale amministrativo e di studio. È il momento di coordinarli con gli specialisti ambulatoriali; di metterli in rete con il 118 e i colleghi dell’ospedale. È il momento di dotarli di strutture e strumentazioni adeguate, di metterli in condizione di prescrivere le terapie più appropriate e di fruire di tutte le possibilità offerte dalla telemedicina e dalle nuove tecnologie. Perché non è solo un modo di dire che l’unione fa la forza. L’unità tra i professionisti, la solidarietà tra i diversi attori, la sintonia con i cittadini è la sola chiave che ci aprirà le porte per uscire dalla pandemia. Ed è un diritto dei cittadini quello di avere a disposizione, con la maggiore prossimità e capillarità possibile, e con la massima sinergia, le migliori competenze per la sua salute nel momento e nel luogo in cui ne ha bisogno”.“I medici ci sono, fedeli ai valori del loro Giuramento , così come,  ne siamo certi, ci sono gli altri professionisti sanitari. Ma non si può contare sempre sulla disponibilità del singolo, magari criticandolo e additandolo perché ottiene un giusto riconoscimento economico per il proprio lavoro. Senza pensare ai contratti e alle convenzioni ferme da dieci anni, agli straordinari, per gli ospedalieri, non pagati, alle ferie non fruite. È vero, sono le persone a fare il sistema. Ma è, dall’altra parte, il sistema che deve riconoscere e valorizzare, anche concretamente, il ruolo dei professionisti della Salute, investendo sul capitale umano del nostro Servizio Sanitario nazionale. Servizio sanitario che ha retto sinora grazie alla forza, alle idee e anche ai sacrifici dei medici e degli altri operatori”.

 

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