Dr. Pietro Cusati
(Giurista – Giornalista)
Roma,12 Novembre 2020 .Spetta soltanto allo Stato legiferare in materia di “sicurezza primaria”, che consiste nell’attività di prevenzione e repressione dei reati, primariamente affidata alle forze di polizia. Alle Regioni è invece consentito prevedere interventi a sostegno della cosiddetta “sicurezza secondaria”, in particolare mediante azioni volte a rafforzare nel contesto sociale una cultura della legalità, nonché a rimuovere le condizioni nelle quali possono svilupparsi fenomeni di criminalità. Lo sostiene la Corte costituzionale nella sentenza depositata il 12 novembre 2020 , con la quale ha dichiarato incostituzionale la legge n.34, dell’8 agosto 2019, della Regione Veneto, avente ad oggetto : ‘’Norme per il riconoscimento ed il sostegno della funzione sociale del controllo di vicinato nell’ambito di un sistema di cooperazione interistituzionale integrata per la promozione della sicurezza e della legalità’’, perché viola la competenza esclusiva dello Stato in materia di ordine pubblico . La legge della Regione Veneto n. 34 ,dell’8 agosto 2019che riconosce la funzione sociale del “controllo di vicinato” ,come strumento di prevenzione finalizzato al miglioramento della qualità di vita dei cittadini, viola la competenza esclusiva dello Stato in materia di ordine pubblico e sicurezza ed è pertanto incostituzionale. Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 236 , depositata il 12 novembre 2020 . La legge regionale n. 34 del 2019, annullata dalla Consulta, si proponeva l’obiettivo di promuovere e regolare il cosiddetto “controllo di vicinato”, quella forma di cittadinanza attiva che favorisce lo sviluppo di una cultura di partecipazione al tema della sicurezza urbana ed integrata per il miglioramento della qualità della vita e dei livelli di coesione sociale e territoriale delle comunità, svolgendo una funzione di osservazione, ascolto e monitoraggio, quale contributo funzionale all’attività istituzionale di prevenzione generale e controllo del territorio,sostenendone in vario modo le attività e istituendo una banca dati per il monitoraggio dei suoi risultati. La Corte Costituzionale ha ricordato che, secondo la propria giurisprudenza, spetta soltanto allo Stato legiferare in materia di “sicurezza primaria”, che consiste nell’attività di prevenzione e repressione dei reati, primariamente affidata alle forze di polizia. Alle Regioni è invece consentito prevedere interventi a sostegno della cosiddetta “sicurezza secondaria”, in particolare mediante azioni volte a rafforzare nel contesto sociale una cultura della legalità, nonché a rimuovere le condizioni nelle quali possono svilupparsi fenomeni di criminalità. La legge regionale della Regione Veneto ,n.34, del 2019, esaminata dalla Corte Costituzionale disciplinava forme di controllo del territorio da parte dei cittadini in chiave di ausilio alle forze di polizia rispetto ai loro compiti di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, e pertanto incideva inevitabilmente sulla “sicurezza primaria”, riservata dalla Costituzione alla competenza legislativa dello Stato. La Corte Costituzionale ha tuttavia precisato che nulla vieta alla legge statale di disciplinare direttamente il fenomeno del “controllo di vicinato”, già oggetto, del resto, di numerosi protocolli di intesa tra prefetture e comuni, in varie parti del territorio nazionale. E ciò nell’ottica, riconducibile al principio di “sussidiarietà orizzontale” sancito dall’articolo 118 della Costituzione , di partecipazione attiva e responsabilizzazione dei cittadini rispetto all’obiettivo di una più efficace prevenzione dei reati, attuata attraverso l’organizzazione di attività di supporto alle attività istituzionali delle forze di polizia.La legge regionale della Regione Veneta annullata dalla Consulta, si proponeva l’obiettivo di promuovere e regolare il cosiddetto «controllo di vicinato», sostenendone in vario modo le attività e istituendo una banca dati per il monitoraggio dei suoi risultati. In particolare disciplinava forme di controllo del territorio da parte dei cittadini in chiave di ausilio alle forze di polizia rispetto ai loro compiti di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, e pertanto incideva inevitabilmente sulla «sicurezza primaria», riservata dalla Costituzione alla competenza legislativa dello Stato.