Aldo Bianchini
SALERNO – E’ ancora il Corriere della Sera (edizione 11.11.20 pagg. 2 e 3) a ritornare, non tanto o quasi per niente, sul problema infettivologico che ha diviso l’Italia in zone colorate, ma su quello che ormai si va assestando come il “problema De Luca” che prima divide l’Italia, poi la ricompone e infine la ridivide, per ricomporla ancora.
L’ottimo osservatore politico, nonché inviato speciale del Corsera, Fabrizio Roncone, cerca di dipanare la complessa matassa con il suo articolo “Campania gialla (ma pure rossa). E adesso De Luca attacca De Luca”. Ci riesce ma solo in parte, come altri anche lui è portatore di un peccato originale: conosce De Luca ma non tanto; conosce De Luca per de-relato ma non fino in fondo; conosce di De Luca soltanto le roboanti, apodittiche – farneticanti – a volte suggestive e quasi sempre non convenzionali ed ai limiti del parossismo, e continue esternazioni in una sorta di surroga di quello che dovrebbe essere, e che è stato, un potere riservato al Presidente della Repubblica.
Vincenzo De Luca non è Maurizio Crozza (questo aspetto Roncone l’ha più o meno intuito !!), lui è tanto oltre; se il giornalista del Corsera avesse conosciuto, e bene, direttamente De Luca avrebbe certamente capito che è proprio Crozza a correre dietro De Luca, e mai il contrario; Crozza è soltanto una parodia di De Luca e il comico non fa, perché non conosce bene il suo personaggio, la parodia di De Luca.
De Luca è inimitabile, la forza caratteriale l’ha maturata nei lunghi anni di dirigente del Partito Comunista dentro le cui fila non è mai stato grigio (come erroneamente afferma Roncone) ma sicuro interprete di un ruolo che nessun altro ha saputo recitare come lui; è lì, in quei meandri misteriosi che il PCI faceva immaginare, che l’allora segretario provinciale ha attinto tutti i segreti che da trent’anni gli consentono di dominare la scena. E in quei segreti ci sono proprio tutti: politici, imprenditori, magistrati, funzionari di apparato, esponenti di spicco della malavita organizzata, gente comune ed eccellenti professionisti; quello che ha ben stretto nelle mani è una sorta di “vaso di pandora” che il governatore-kaimano sa gestire al meglio del meglio, prendendo ciò che vuole e nel momento giusto.
De Luca, gentile Roncone, arriva sempre prima degli altri, di qualunque altro, sui problemi locali e nazionali, e costringe tutti a rincorrerlo nel tentativo di non dargli troppo vantaggio.
Costringe il premier e i ministri a riunirsi senza di lui per discutere proprio di lui e, nella loro vana attesa del suo arrivo, li bacchetta da lontano come se fosse il “papà buono”; e li aspetta al varco.
Questo è stato il motivo che prima lo ha indotto a chiedere il colore rosso per la Campania, poi a farsi dare il giallo per difenderlo quando il governo voleva assegnargli il rosso, convinto com’era (il governo, ndr) che se lo aveva chiesto lo avrebbe accettato.
Non è così, hanno sbagliato a capire le sue vere intenzioni perché non lo conoscono: la Campania è l’unica regione gialla in cui le scuole sono chiuse come neanche nelle zone rosse sta accadendo; e in questa decisione ha dalla sua ben due pronunce della magistratura.
E poi Luigi De Magistris avrebbe fatto meglio a non ricordarsi di essere il sindaco di Napoli, De Luca lo ignora e l’ex magistrato balbetta.
Senza considerare che nelle ultime settimane De Luca è anche migliorato: “Se la Campania deve diventare rossa, che l’ordine arrivi da Palazzo Chigi”; così, ancora una volta, saranno gli altri ad inseguirlo.
De Luca non è più sceriffo, faraone, fontana, padre; è solo “un liberale gobettiano” come spesso ama autodefinirsi; e sarà tanto astuto da far capire a tutti che per suoi reali meriti organizzativi, e non per un puro e benevolo capriccio, il virus della prima ondata non fece sfracelli.
In definitiva Vincenzo De Luca vuole la Campania rossa ma la vuole anche gialla e forse arancione; e tutti a correre dietro di lui per accontentarlo. Del resto il nuovo tricolore nazionale, rosso – giallo – arancione, l’ha inventato lui.