Dr. Alberto Di Muria
E’ stata pubblicata una meta-analisi, frutto della collaborazione dei ricercatori dell’Università di Chieti e dell’Università “La Sapienza” di Roma, che ha confermato che l’uso dei contraccettivi orali aumenta il rischio di tromboembolia venosa e che questo rischio è maggiore con i contraccettivi di terza generazione, i più recenti, rispetto a quelli di seconda generazione.
Una meta-analisi è una rielaborazione statistica dei risultati di più studi clinici tra loro comparabili. E’ un metodo di ricerca molto importante perché, riunificando più studi in una sola analisi, si basa su una popolazione molto grande, il che permette di evidenziare con più chiarezza e significatività le caratteristiche e gli effetti avversi di un farmaco. Che l’uso dei contraccettivi orali comportasse un aumento del rischio tromboembolico, soprattutto agli arti inferiori, è un dato acquisito da molti anni, tanto da essere riportato nei foglietti illustrativi di tutte le pillole anticoncezionali. Quanto alto sia questo rischio, però, è un dato ottenibile soltanto con studi di questo tipo.
La meta-analisi ha selezionato 16 studi di coorte e 39 studi caso-controllo. Il primo dato importante emerso dall’analisi è che il rischio di tromboembolia venosa aumentava di 3,41 volte, mediamente, negli studi selezionati. Approfondendo l’esame si è visto che, se si selezionavano tra le donne partecipanti ai vari studi quelle che avevano una predisposizione genetica per la tromboembolia venosa, confrontando quelle che usavano contraccettivi orali con quelle che non li usavano, le prime avevano un rischio doppio di incorrere in un evento tromboembolico. Ancora, confrontando i diversi contraccettivi tra loro, anche di diversa composizione, non si avevano differenze significative rispetto al rischio tromboembolico, fatta eccezione per quelli contenenti, come progestinico, il levonorgestrel che appariva meno protrombogeno. Il rischio tromboembolico dipendeva dalla durata del trattamento. Anche la dose di estrogeno influenzava il rischio, essendo questo più alto quanto più alto era il dosaggio dell’ormone. Infine, il fatto di essere fumatrici conferiva una quota di rischio in aggiunta a quella attribuibile alla sola contraccezione, per cui le fumatrici presentavano un rischio aggiuntivo pari a 5,4.
In base a questi risultati, la scelta della pillola più opportuna al profilo individuale della paziente è essenziale.
Ad esempio in coloro che hanno una storia familiare o personale di trombosi, nelle donne fumatrici e in presenza di patologie correlate alla sindrome metabolica, come pressione alta e obesità, la pillola contenente solo progestinico può essere proposta in alternativa a quelle contenenti anche estrogeni.