Dr. Pietro Cusati
(Giurista – Giornalista)
Roma, 8 settembre 2020 .L’emergenza della pandemia ha reso l’opinione pubblica più attenta ai rapporti tra scienza e politica,ripresa economica,rilancio della crescita produttiva ,resilienza e riequilibrio dei conti pubblici. I problemi del Paese non sarebbero alleviati dal maggiore indebitamento ma sarebbero accresciuti,pertanto, occorre uno sforzo straordinario nell’attività di programmazione e una capacità di realizzazione che non sempre il Paese ha mostrato di possedere e dovranno,quindi, accompagnare l’aumento delle risorse disponibili e migliorare il contesto in cui si svolge l’attività di impresa.Con l’arrivo del coronavirus si è incominciato a chiedersi cos’è il Recovery Fund, fondo di recupero, e come funziona questo particolare strumento per sostenere l’economia del Vecchio Continente e quella dei singoli Paesi più colpiti dalla crisi devastante del coronavirus. Le stime dei benefici per l’economia italiana dalle risorse del Recovery Fund sono difficili da quantificare e tali benefici potranno essere molto rilevanti per il nostro paese. La Banca d’Italia in vista dell’arrivo di risorse del Recovery fund europeo fa sapere che l’Italia è chiamata a “uno sforzo straordinario nell’attività di programmazione e una capacità di realizzazione che non sempre il Paese ha mostrato di possedere”. Una stima precisa dei benefici per l’Italia non è possibile data l’incompletezza dell’informazione sui meccanismi di ripartizione dei trasferimenti e delle risorse da destinare al rimborso del debito dell’Unione Europea. Per la prima volta nella sua storia l’Unione europea si è dotata di una sostanziale capacità di indebitamento comune da utilizzare per contrastare gli shock economici avversi e per raggiungere obiettivi concordati, un vantaggio per tutti. Lo dimostra il fatto che l’accordo è stato votato all’unanimità. L’Italia potrà ottenere benefici effettivi dall’utilizzo dei fondi del nuovo strumento e dipenderanno dalla capacità del Paese di proporre interventi in grado di contribuire a rafforzare il potenziale di crescita economica, coerenti con gli obiettivi e i requisiti del programma, e di attuarli in tempi rapidi e senza sprechi.Il Dott.Fabrizio Balassone, nato a Sulmona (L’Aquila) l’8 dicembre 1963, laureato con lode in Economia e Commercio presso l’Università La Sapienza di Roma nel 1987, Capo del Servizio Struttura economica della Banca d’Italia, ha rappresentato la Banca in gruppi di lavoro nazionali e internazionali in materia di finanza pubblica. Ha pubblicato numerosi articoli su argomenti di politica di bilancio e di economia delle istituzioni europee. Ieri ha tenuto un’audizione davanti alla Commissione V della Camera dei Deputati ,Bilancio, Tesoro e Programmazione, nell’ambito dell’attività conoscitiva preliminare ai fini dell’individuazione delle priorità nell’utilizzo del Recovery Fund.Nella sua testimonianza si è soffermato su tre aspetti: la struttura e le caratteristiche finanziarie del nuovo strumento Next Generation EU ,di cui il Recovery and Resilience Facility, o Dispositivo per la ripresa e la resilienza, è la componente principale. Il possibile impatto macroeconomico dell’utilizzo delle risorse messe a disposizione dal programma. Le aree in cui l’economia italiana ha accumulato i ritardi maggiori. Il programma Next Generation EU lo scorso 21 luglio 2020 il Consiglio europeo ha raggiunto un accordo sull’introduzione di un nuovo strumento, denominato Next Generation EU e sul quadro finanziario pluriennale dell’Unione europea per il periodo 2021-27. Nell’ambito di Next Generation EU l’Unione potrà reperire risorse sul mercato dei capitali per 750 miliardi di euro, il debito dovrà essere rimborsato entro il 2058. Le risorse raccolte saranno destinate alla concessione di trasferimenti (per 390 miliardi) e prestiti (360 miliardi) agli Stati membri, soprattutto a quelli in cui le conseguenze economiche della pandemia da Covid-19 sono più marcate. Quasi il 90 per cento delle risorse del programma (312,5 miliardi di trasferimenti e tutti i 360 di prestiti) verrà veicolato attraverso il Dispositivo per la ripresa e la resilienza. I paesi dovranno impegnare i trasferimenti ricevuti dal Dispositivo entro il 2023 (il 70 per cento va impegnato già entro il 2022). Per richiedere i fondi del Dispositivo i paesi dovranno predisporre appositi “Piani nazionali per la ripresa e la resilienza”, che definiscano riforme e investimenti per i prossimi quattro anni. La Commissione Europea valuterà i Piani entro due mesi dalla presentazione, tenendo conto della loro coerenza con le annuali “Raccomandazioni specifiche per paese”, del loro contributo alle “transizioni verde e digitale”, della loro efficacia nel rafforzare il potenziale di crescita, l’occupazione e la resilienza sociale ed economica dei paesi che li presentano. La valutazione dei Piani dovrà poi essere approvata a maggioranza qualificata dal Consiglio europeo. L’effettiva erogazione dei fondi, che non potrà avvenire oltre il 2026, sarà subordinata al soddisfacente conseguimento di obiettivi intermedi e finali specificati nei Piani1 . La Commissione valuterà tale conseguimento, dopo aver sentito il parere del Comitato Economico e Finanziario. Qualora uno o più Stati membri ritengano che gli obiettivi non siano stati adeguatamente conseguiti, essi potranno chiedere al Consiglio europeo di discutere la questione in modo esaustivo.