Aldo Bianchini
CAVA de’ TIRRENI – “Non ho mai avuto alcun dubbio riguardo al fatto che la giustizia avrebbe fatto chiarezza in merito”, questa in sintesi la dichiarazione rilasciata da Enrico Polichetti al giornalista de “La Città” per l’edizione di domenica 26 luglio 2020.
Non so quanti possono credere nella veridicità della dichiarazione di Polichetti, io non ci credo e intravedo nelle parole secche e incisive una forte e comprensibile rabbia per tutto quello che si è abbattuto sulle sue spalle nel corso degli ultimi due anni.
L’ho detto e scritto da sempre: io non ho fiducia nella giustizia, in questa giustizia amministrata nel modo e nella maniera che tutti, dico tutti, quotidianamente contestiamo. Di dubbi io ne ho tantissimi e sorrido sempre quando, sia all’inizio delle inchieste giudiziarie che alla fine, gli indagati-imputati dichiarano sempre “ho fiducia nella giustizia”, sperando forse in un minimo di clemenza da parte dei PM che, invece, quando si tratta di indagare personaggi politici (soprattutto se di ispirazione di destra) diventano molto più aggressivi e penetranti, a volte fino all’incredibile formulazione di nuove tipologie di reato che, purtroppo, prendono quota nell’immaginario collettivo della gente con sempre più forza.
Tre cose hanno avuto un peso determinante nella vicenda giudiziaria subita da Polichetti:
- L’esistenza di un “verminaio” nella casa municipale di Cava de’ Tirreni;
- L’assurda e inquietante accusa di “scambio elettorale politico-mafioso”;
- La pervicace e insistente intransigenza del pm Vincenzo Senatore.
Fortunatamente per Polichetti ci hanno pensato i giudici del tribunale di Nocera Inferiore a
smantellare ogni accusa ed a mandare assolti sia Enrico Polichetti (difeso da Marco Salerno) che Angelo Trapanese (difeso da Agostino De Caro e Alfredo Messina) con la sconcertante formula che “il fatto non sussiste”.
Ma santo cielo, mi sono sempre chiesto, come è possibile far coesistere nell’ambito della stessa inchiesta un’accusa gravissima rispetto ad un fatto che non sussiste, cioè che non c’è e che non è mai esistito; come può la pubblica accusa reiterare la richiesta di arresto (lo ha fatto Senatore !!) dopo la pronuncia della Cassazione senza minimamente prendere in considerazione l’eventualità di un “passo indietro” che il nuovo codice di procedura penale, tra le righe, suggerisce ampiamente a tutti i PM; un fatto che migliorerebbe sensibilmente l’immagine delle varie Procure agli occhi dei tanti osservatori.
Come fanno quasi tutti i PM a credere fermamente nelle dichiarazioni, sempre palesemente strumentali, dei pentiti che alla fine nei dibattimenti pubblici vengono tutte sconfessate e rimangiate. Non credo che si possa continuare a lungo con questo andazzo; la politica deve necessariamente correre ai ripari e smantellare il reato di “scambio elettorale politico mafioso” che offre agli inquirenti la chiave per poter entrare sei gangli del sistema politico-gestionale al fine di veicolare accuse incredibili e già inizialmente non sostenibili.
Intanto a farne le spese è stato soltanto Enrico Polichetti arrestato la mattina del 18 dicembre 2019 e sbattuto in cella a Poggioreale per ben 39 giorni, e poi spedito ai domiciliari dal 27 gennaio 2020; un Natale e un Capodanno in carcere non è cosa da poco per un uomo normale come, credo, sia Enrico Polichetti. Lo immagino solo e desolato in una cella mentre nel suo cervello si arrovellano tantissimi pensieri: la salute, gli affetti familiari, la certezza di non aver mai ingannato il sindaco Servalli che oggi con grande sensibilità indica lui stesso come l’uomo che è stato capace di snidare il verminaio, l’insistente ma inconsistente accusa portata avanti dal pm Vincenzo Senatore, e quella maledetta “expo pizza” che tanti guai gli ha procurato.
Chi risarcirà moralmente ed economicamente tutto il dramma vissuto da Polichetti ?; assolutamente niente e nessuno, con calma dovrà ritornare alla sua vita normale e piano piano dovrà ricostruire la sua immagine pubblica e dovrà stare molto attento nella scelta dei presunti amici che in passato lo hanno velocemente abbandonato a se stesso e che dallo scorso venerdì 24 luglio 2020 sono ritornati ad adularlo, dopo che i giudici di Nocera Inferiore avevano pronunciato la fatidica formula “assolto perché il fatto non sussiste”.