Dr. Pietro Cusati (giurista-giornalista)
Roma ,10 luglio 2020. Illegittima la norma del primo cosiddetto decreto sicurezza ,in vigore dal 5 ottobre 2018, che preclude agli stranieri richiedenti asilo l’iscrizione all’anagrafe. La Corte costituzionale ha esaminato ieri le questioni di legittimità costituzionale sollevate dai Tribunali di Milano, Ancona e Salerno sulla disposizione che preclude l’iscrizione anagrafica degli stranieri richiedenti asilo, introdotta con il primo “Decreto sicurezza” (dl n. 113 del 4 ottobre 2018). In attesa del deposito della sentenza, l’Ufficio stampa della Consulta fa sapere che la disposizione censurata non è stata ritenuta dalla Corte Costituzionale in contrasto con l’articolo 77 della Costituzione sui requisiti di necessità e di urgenza dei decreti legge. Tuttavia, la Consulta ne ha dichiarato l’incostituzionalità per violazione dell’articolo 3 della Costituzione sotto un duplice profilo: per irrazionalità intrinseca, poiché la norma censurata non agevola il perseguimento delle finalità di controllo del territorio dichiarate dal decreto sicurezza, per irragionevole disparità di trattamento, perché rende ingiustificatamente più difficile ai richiedenti asilo l’accesso ai servizi che siano anche ad essi garantiti. Il decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 avente ad oggetto:Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché’ misure per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità’ organizzata,è stato pubblicato nella gazzetta ufficiale ,serie generale n.231, del 4 ottobre 2018, entrato in vigore il 5 ottobre 2018, è stato convertito con modificazioni dalla legge 1 dicembre 2018,n.132,in gazzetta ufficiale 3-12-2018 ,n.281. Le questioni di legittimità costituzionale sono state sollevate dai Tribunali di Milano,Ancona e Salerno con l’ordinanza del 9 agosto 2019,nel procedimento cautelare ante causam ha disposto , ai sensi dell’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87,di . dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1-bis del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, inserito dall’art. 13, comma 1, n. 2) del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, convertito con modificazioni dalla legge 1° dicembre 2018, n. 132, per contrasto con gli articoli 2, 3 e 16 Cost. ed ha disposto la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospesi il giudizio cautelare in corso. Inoltre ha dichiarato , in via provvisoria e fino alla ripresa del giudizio cautelare dopo l’incidente di legittimità costituzionale, la sussistenza del diritto del cittadino extracomunitario all’iscrizione anagrafica presso il Comune di Capaccio Paestum.Nel caso in esame un cittadino extracomunitario,titolare del permesso di soggiorno per richiesta asilo, per l’emissione di un provvedimento cautelare ante causam contenente l’ordine al Sindaco del Comune di Capaccio Paestum, anche nella sua qualità di ufficiale di governo responsabile della tenuta dei registri dello stato civile e di popolazione, di immediata iscrizione nel registro anagrafico della popolazione residente. Il cittadino extracomunitario si è presentato presso l’ufficio anagrafe del Comune di Capaccio Paestum per formalizzare la sua domanda di iscrizione nell’anagrafe del Comune ove dimora, che il responsabile dell’ufficio demografico gli ha comunicato di non poter accettare la richiesta, ai sensi dell’art. 13 del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 poiché il permesso di soggiorno per richiesta asilo non costituirebbe valido titolo per procedere all’iscrizione anagrafica, che l’art. 13 del decreto-legge n. 113/2018 non contiene alcun divieto esplicito di iscrizione anagrafica per i richiedenti asilo ma si limita semplicemente ad escludere che la particolare tipologia di permesso di soggiorno possa essere documento utile per la formalizzazione della domanda di residenza; che il regolamento anagrafico della popolazione residente ed il Testo unico immigrazione non fanno menzione di «titoli per l’iscrizione anagrafica» appunto perché nel nostro ordinamento giuridico l’iscrizione anagrafica non avviene in base a «titoli» ma a «dichiarazioni degli interessati» , «accertamenti di ufficio» e «comunicazioni degli ufficiali di stato civile», che, infatti, l’iscrizione anagrafica registra la volontà delle persone, italiane o straniere, che, avendo una dimora, hanno fissato in un determinato comune la propria residenza oppure, non avendo una dimora, hanno stabilito nello stesso comune il proprio domicilio, che l’art. 6, comma 7 del decreto legislativo n. 286/1998 espressamente esclude la possibilità che si possa negare l’iscrizione anagrafica ad uno straniero regolarmente soggiornante, ospitato in un centro dì accoglienza;che, dunque, il cittadino italiano e lo straniero, ai fini della iscrizione anagrafica, sono sullo stesso piano, dovendo dimostrare l’elemento oggettivo ,stabile permanenza in un luogo e l’elemento soggettivo ,volontà di rimanervi, che lo straniero, in aggiunta a questi elementi, dovrà solo dimostrare di essere regolarmente soggiornante in Italia con la conseguenza che il permesso di soggiorno non è mai stato titolo per l’iscrizione stessa, ma rileva solo ai fini della regolarità del soggiorno; che, inoltre, la domanda di iscrizione anagrafica per lo straniero che dimora abitualmente in un comune integra anche gli estremi di un «dovere», penalmente sanzionato (art. 11 della legge n. 1228/1954), che la corretta interpretazione dell’art. 13 del decreto-legge n. 113/2018 consiste nell’aver abolito l’automatismo di iscrizione anagrafica della c.d. procedura semplificata prevista dall’abrogato art. 5-bis del decreto legislativo n. 142/2015, secondo cui il richiedente protezione internazionale ospitato nei centri di cui agli articoli 9, 11 e 14 è iscritto nell’anagrafe della popolazione residente sulla base di una comunicazione del responsabile del centro; che, se l’art. 5-bis aveva previsto un automatismo nella iscrizione anagrafica, svincolandola sia dalla dichiarazione dell’interessato che dagli accertamenti dell’ufficiale d’anagrafe e quindi basandosi solo sulla comunicazione del responsabile del centro, l’art. 13 in realtà altro non vuol significare che l’abolizione di tale automatismo, chiarendo che non vi è una speciale iscrizione all’anagrafe dei residenti per i richiedenti asilo basata sul «titolo» della domanda di protezione e dell’inserimento nella struttura di accoglienza; che il diritto soggettivo all’iscrizione anagrafica del residente ha rilievo costituzionale nell’art. 16 Cost., relativo alla libertà di circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, dovendosi ritenere che l’espressione «cittadino» utilizzata dal Costituente sia riferibile a tutti i membri della comunità dei residenti (regolarmente e stabilmente soggiornanti) nel Paese; che la mancanza della iscrizione nei registri della popolazione residente comporta una serie di disagi ed impedisce l’esercizio di fondamentali diritti, quali l’accesso alle misure di politica attiva del lavoro, l’attribuzione di un numero di partita IVA, la determinazione del valore ISEE richiesto per poter accedere alla prestazioni sociali agevolate , la decorrenza del termine di nove anni per l’ottenimento della cittadinanza italiana , il rilascio della patente di guida , l’ istruzione scolastica, l’ottenimento di una concessione commerciale per il commercio ambulante, l’esercizio di una professione, l’assistenza sanitaria nazionale; che tali limitazioni integrano anche il requisito dell’urgenza della tutela, ex art. 700 c.p.c. Il Comune di Capaccio Paestum, costituitosi, resiste, osservando che la domanda di iscrizione anagrafica non può essere accolta, ai sensi dell’art. 13 del decreto-legge 4 ottobre 2018, della circolare n. 15 del 18 ottobre 2018 del Ministero dell’interno (secondo cui, dall’entrata in vigore delle nuove disposizioni, il permesso di soggiorno per richiesta di protezione internazionale di cui all’art. 4, comma 1 del decreto legislativo n. 142/2015, non potrà consentire l’iscrizione anagrafica) e della circolare del Ministero dell’interno n. 83744 del 2018 (secondo cui, «ai richiedenti asilo che peraltro non saranno più iscritti nell’anagrafe dei residenti (art. 13) – vengono dedicate le strutture di prima accoglienza»); che l’art. 13, comma 1, lettera a), modifica l’art. 4 del decreto legislativo n. 142/2015, prevedendo che il permesso di soggiorno conseguente alla richiesta di protezione internazionale costituisce documento di riconoscimento e stabilendo, nel nuovo comma 1-bis, che lo stesso non costituisce titolo per l’iscrizione anagrafica; che la lettera c) ha abrogato l’art. 5-bis che aveva riconosciuto l’applicabilità dell’istituto della convivenza anagrafica all’iscrizione dei richiedenti protezione internazionale ospitati in strutture di accoglienza; che, pertanto, dall’entrata in vigore delle nuove disposizioni il permesso di soggiorno per richiesta di protezione internazionale, di cui all’art. 4, comma 1 del decreto legislativo n. 142/2015, non potrà consentire l’iscrizione anagrafica. Come è noto, i presupposti per l’adozione di un provvedimento cautelare atipico ex art. 700 codice di procedura civile, sia a contenuto anticipatorio che conservativo della domanda di merito, sono il fumus boni iuris, ossia la probabile fondatezza del diritto dedotto in giudizio, ed il periculum in mora, ovvero il fondato timore del titolare del diritto che questo sia minacciato, nelle more del giudizio ordinario, da un pregiudizio imminente ed irreparabile.Dalle disposizioni richiamate si desume che due sono i presupposti del diritto dello straniero all’iscrizione anagrafica per trasferimento dall’estero: la regolarità del soggiorno in Italia e la dimora abituale nel comune. E, dunque, lo straniero titolare di un regolare permesso di soggiorno che, come nel caso in esame, è ospite da più di tre mesi presso un centro di accoglienza, deve essere considerato come residente nel comune presso il quale vi è il centro dì accoglienza e, pertanto, in base alla disciplina richiamata, ha il diritto (soggettivo) all’iscrizione anagrafica. L’indirizzo qui non condiviso, che assegna ad una norma che fa eccezione lo stesso significato della regola generale, ritiene di individuare nell’abrogazione della c.d. procedura semplificata una dimostrazione dell’assunto e un significato sistematico che, altrimenti, la norma non avrebbe. Il suo valore consisterebbe nell’aver sancito l’abolizione dell’automatismo di iscrizione anagrafica della c.d. procedura semplificata prevista dall’abrogato art. 5-bis del decreto legislativo n. 142/2015, secondo cui il richiedente protezione internazionale ospitato nei centri di accoglienza è iscritto nell’anagrafe della popolazione residente sulla base di una comunicazione del responsabile del centro. Questo significato, però, non sfugge all’obiezione dell’inutilità della norma, poiché la procedura semplificata è stata già abrogata dalla medesima legge (il decreto-legge n. 113 del 2018, convertito con modificazioni dalla legge n. 132 del 2018) che ha inserito la norma in esame.Ricorrono, pertanto, i presupposti per la rimessione della questione di costituzionalità alla Corte costituzionale. La definizione del giudizio cautelare dipende, infatti, dall’applicazione della norma e non si può prescindere dalla risoluzione della questione di legittimità costituzionale, che appare non manifestamente infondata, anche in ragione dell’insostenibilità di un’interpretazione costituzionalmente orientata, come quella qui non condivisa. La rilevanza della questione, nel giudizio cautelare, è segnata dalla sussistenza, in ipotesi di scrutinio conforme all’incostituzionalità della norma, sia del fumus boni iuris che del periculum in mora. Quanto alla probabile fondatezza del diritto del ricorrente all’iscrizione anagrafica, il ricorrente C. D. è titolare del permesso di soggiorno per richiesta asilo, rilasciato dalla Questura di Salerno in data 14 agosto 2018, e dimora da più di tre mesi a Capaccio Paestum presso il centro…