Falvella, la pandemia e il “tavolo del paradiso”: si salva De Luca

 

Aldo Bianchini

 

Carlo Falvella, giovane militante di destra ucciso nel 1972

SALERNO – Il tavolo è ormai al completo; già seduti Giovanni Marini e Francesco Mastrogiovanni (i nemici); Guido Rossa (il sindacalista ucciso dalle BR); Vittorio Bachelet (il giurista); Nino Colucci e Tommaso Biamonte (i politici moderati); in posizione un po’ defilata i due ex brigatisti rossi Annalaura BraghettiBruno Seghetti che dal 2017 sono stati ammessi al tavolo anche se soltanto in via sperimentale e con diritto di voto soltanto dal 2019; ben lontano da Mastrogiovanni il mitico ex sindaco pescatore Angelo Vassallo che, per colpa di quel TSO troppo rapidamente ordinato a carico del maestro anarchico, dal 2018 ha avuto solo il permesso di sedersi al tavolo senza diritto alla parola e senza diritto al voto.

L’ultimo a sedersi, per diritto acquisito, è l’ideatore del tavolo rotondo: Carlo Falvella, giovane di destra ucciso a Salerno la sera del 7 luglio 1972, che esordisce dicendo: “Grazie per aver risposto al mio invito anche quest’anno; ieri a Salerno, come al solito, è stato ricordato il mio sacrificio. Chiacchiere, soltanto chiacchiere e niente più; ma ritornerò dopo sull’argomento. Intanto vi annuncio che sono in via di definizione le pratiche relative alla concessione di voto per Angelo Vassallo e all’ammissione a questo tavolo di mio fratello Pippo; ci vorrà tempo e credo che per l’anno prossimo siederanno con noi con tutti i diritti. Oggi dobbiamo parlare di quello che è accaduto sulla Terra a causa della pandemia provocata dal Covid-19”.

Sto parlando, ovviamente, dell’immaginario “tavolo del paradiso”, non quello costruito in ferro battuto dall’artista Ugo Marano per il Parco Nazionale del Cilento e abbandonato tra gli sterpi di montagna, ma quello ideato e voluto da Carlo Falvella lassù tra le nuvole del cielo dove tutti i convitati dimorano ormai da anni. Anche per Ugo, inoltre, si sta affacciando l’ipotesi di un suo ingresso alle sedie del tavolo; ma ne riparleremo negli anni che verranno; di certo al tavolo manca un’artista.

prof. Vittorio Bachelet

Il primo a prendere la parola, manco a dirlo, è Vittorio Bachelet (insigne giurista e docente universitario, assassinato dalle BR il 12 febbraio 1980 mentre ricopriva la carica di vice presidente del Consiglio Superiore della magistratura). La sua dialettica è forbita ma anche tagliente al punto giusto. Non attacca nessuno in particolare ma evidenzia come l’attuale crisi interna della magistratura trovi radicamento in scelte errate che vengono da lontano. “Ho cercato di lottare -dice- contro il sistema della correnti ma ne sono rimasto travolto; non ho ancora le prove ma credo che in buona sostanza il mio assassinio sia dipeso proprio da questo mio atteggiamento di intransigenza nei confronti di chi oltre ad essere autonomo e indipendente lo deve anche apparire. Tutto questo è stato dimenticato e la giustizia ne sta soffrendo molto. La diagnosi, per me, è infausta; difficile risanare l’apparato organizzativo della struttura portante della giustizia; il primo passo potrebbe essere rappresentato dalla separazione delle carri ere. Ma molto difficilmente ci si arriverà”.

La discussione si infervora subito, ad attaccare il discorso di Bachelet sono i due brigatisti presenti al tavolo (Braghetti e Seghetti) che contestano duramente la possibilità di un complotto tra BR e Magistrati per l’assassinio del vice presidente; un omicidio che è e resta soltanto di matrice brigatista che per primi avevano fiutato il pericolo di un’azione molto forte contro i giudici che non devono avere carriere separate e devono rimanere fuori dall’influenza della politica.

Stanno per intervenire Colucci e Biamonte ma Falvella li frena di slancio e richiama tutti al tema del giorno: la pandemia che ha spaventato la Terra.

Nino Colucci e Tommaso Biamonte, i saggi politici del tavolo celeste, gettano sul tavolo tutta la loro esperienza politica connessa ad una grande abilità di mediazione. Non sparano a zero contro nessuno ma sottolineano come un po’ tutti, durante la pandemia, abbiano sbagliato l’approccio e il contrasto alla stessa.

on. Nino Colucci

“Una cosa è certa -dice l’on. Nino Colucci- uno dei pochi, se non l’unico, ad aver gestito alla grande il lungo periodo di lockdown è stato sicuramente il governatore della Campania on. Vincenxo De Luca. E se lo dico dovete credermi. Sono per ragioni ideali sul lato opposto della politica deluchiana, ma devo dare atto al governatore-sindaco di saper gestire la cosa pubblica come nessuno; e devo anche aggiungere che con De Luca ho sempre avuto un rapporto schietto ed amicale; per capire ciò che dico basta ricordare che nelle elezioni amministrative del 1993 fu la mia scelta di uomo di destra a spostare i consensi su De Luca invece che su Acocella e far girare la storia di Salerno in un verso anziché in un altro”.

Viene interrotto bruscamente da Biamonte che rinnega tale papocchio e dà alla sinistra la forza di aver immaginato e creato la “svolta di Salerno”.

La discussione si farebbe molto intensa ed anche nervosa; la interrompe con decisione Carlo Falvella; la partita di calcio Juventus – Milan (decisiva per l’assegnazione dello scudetto) incombe ed è bene che tutti si siedano comodamente dinanzi ai rispettivi televisori.

 

 

 

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