Aldo Bianchini
SALERNO – Difficilmente ho utilizzato in passato questo strumento di comunicazione che, contrariamente a F.B., anche se online è un vero giornale di approfondimento.
Ed è per questa ragione, l’approfondimento, che mi accingo a pubblicare la lettera che mio nipote Giuseppe ha dedicato al padre che è mio fratello; una lettera struggente che riesce a trasmettere anche al lettore più distratto l’immenso amore che può legare un figlio ad un padre lungo tutto il percorso, a volte difficile e complicato, della vita di ognuno di noi.
Grazie anche, se non soprattutto, a questa lettera aperta tutti dovremmo rallentare la frenetica corsa della vita moderna per dedicare soltanto qualche minuto a studiare e approfondire uno degli aspetti più importanti del nostro essere: l’amore per i genitori.
“”Mio padre è ancora con me e sta tornando a casa. E’ il regalo che oggi ho ricevuto dalla vita. Vedevo gli artigli del tempo, in questi ultimi anni, scavare in lui solchi sempre più profondi. Ma restava sempre mio padre, il mio punto di riferimento, la mia ancora di salvezza, il mio faro nella tempesta. Ero un bambino il giorno in cui ho capito quanto fosse prezioso per me. Giacevo in un letto d’ospedale col viso insanguinato e le braccia fratturate, delirando per la febbre alta. Ogni volta che aprivo gli occhi, nel cuore della notte, lo vedevo lì accanto a me. Lui mi sorrideva e i miei incubi sparivano. Non so dire per quanti giorni e quante notti rimase sveglio, seduto vicino al mio letto di dolore. Però ci fu un momento che non dimenticherò mai. Mi risvegliai all’alba, la febbre era passata. Mi voltai e vidi mio padre, vinto dal sonno, con la testa reclinata su una spalla. In quel preciso momento credo di aver capito quanto è profondo l’amore che mi unisce a lui. Sette mesi fa mio padre ha reclinato la testa sulla spalla di mia madre e ho temuto di averlo perso per sempre. All’improvviso mi sono sentito come un albero senza le sue radici. Temevo che potesse succedere. Ogni giorno me lo ricordavano quei solchi profondi scavati dal tempo. Ma ogni giorno speravo che la luce rimanesse accesa fino a domani e poi domani ancora. Al mare nuotavo sempre al largo insieme a lui e, sul finire dell’estate, provavo una vaga amarezza. Noi due soli tra le onde, sotto il cielo azzurro. Mi chiedevo sempre se l’anno successivo avrei goduto di quel privilegio. E poi è successo. Una sera di novembre è arrivata quella telefonata, come una lama tagliente tra le pagine della nostra vita. Un’altra immagine mi è tornata in mente. Ero un ragazzo sul treno, pronto a partire. Dal finestrino guardavo mio padre che mi salutava. Dovevo affrontare una prova difficile e temevo di fallire. Lui capì dai miei occhi. Chiuse il pugno e mi rivolse un gesto di incoraggiamento. Ho sempre pensato che mai ce l’avrei fatta senza il calore di quel gesto. Quella sera di novembre, il gelo dentro l’anima, l’asfalto scorreva veloce sotto le ruote. Ho trovato mio padre immobile in un letto d’ospedale. Ricordo i suoi occhi: erano spenti e vagavano nel nulla. Sette mesi. Un lungo e interminabile tunnel, percorso in apnea. Un alternarsi di angoscia e sollievo, paura e coraggio, disperazione e speranza. La vita, nel suo misterioso e insondabile disegno, ha capovolto tutto. Adesso ero io che vegliavo su mio padre, che contavo i suoi respiri affannosi e asciugavo la sua fronte madida. E i suoi occhi, quando si aprivano spaventati dal buio che lo risucchiava, incontravano il mio sorriso. Adesso ero io a fargli coraggio, stringendo forte la sua mano nella mia. Poi, finalmente, la luce in fondo al tunnel. Mio padre è ancora qui con me. Lui, che era la mia ancora, si è aggrappato a me. Lui, che era il mio faro, ha seguito la luce del mio amore per uscire dal tunnel. Siamo ancora insieme, papà. (15 giugno 2020)””.
Conoscendo la sua immensa forza interiore penso che mio fratello riuscirà da solo a leggere questa lettera; probabilmente non riuscirà ad esprimere il turbinio dei sentimenti che lo avvolgerà; lo conosco molto bene, non per niente è il mio fratello maggiore e so che, nonostante le terribili difficoltà fisiche, sarà capace di percepire e vivere fino in fondo i sentimenti che tutti noi, insieme al figlio, vogliamo trasmettergli per ringraziarlo di tutto ciò che è stato capace di donarci.
Cos’è la Morte ?
Cos’è la Vita ?
Forse sono uguali……
Non cambia nulla…….
per molti, se ci siamo o meno, non cambia nulla,
per pochissimi siamo indispensabili …….
per molti siamo una delle tante persone sparse nell’universo,
ma,
per pochi, siamo quelle persone che, senza di noi, l’intero universo non avrebbe senso.
E allora,
chiuso fra cose mortali,
anche il cielo stellato finirà,
perché bramo Dio ?
con affetto Antonello.
Toccante, veramente…