Aldo Bianchini
SALERNO – Sono passati 75 giorni da quel maledetto 19 marzo 2020, giovedì, quando nell’ospedale di Polla moriva per infezione da Covid-19 il parroco di Caggiano, don Alessandro Brignone, dove era stato ricoverato nella giornata del 17 marzo su pressanti insistenze del sindaco di Caggiano, Modesto La Mattina, e del sindaco di Polla, Rocco Giuliano (scomparso l’altro ieri).
E la domanda, assolutamente non retorica, è: sono sufficienti gli oli sacri, somministrati nel duomo di Salerno per ricordare al meglio la figura e l’opera di don Alessandro Brignone, l’unico sacerdote deceduto a causa del virus nell’intera provincia di Salerno.
Sicuramente no.
E allora cosa fare ? Beh !! ci sarebbero tantissime cose da fare, e bisogna farle il più velocemente partendo dalla considerazione del fatto che don Alessandro è il più giovane dei 121 sacerdoti morti fino ad ora per colpa del virus in tutta Italia.
Tra le tantissime cose da fare potrebbe esserci, ad esempio, una grossa funzione religiosa pubblica alla presenza dell’arcivescovo Andrea Bellandi e dei vescovi operanti sul territorio provinciale (a cominciare dal vescovo di Teggiano-Policastro Mons. Padre Antonio Maria De Luca) per ricordare l’unico sacerdote morto a Salerno e provincia; un sacerdote che da tempo si distingueva per la sua bontà, per la sua disponibilità e per la passione con la quale si impegnava sempre e soltanto in nome e per conto della chiesa cattolica romana.
Fa specie ricordare che don Alessandro mentre era ricoverato a Polla ed era fortemente sofferente trovava la forza di inviare, alle ore 22 del giorno 17 marzo 2020, un ultimo messaggio whatsapp ad una sua conoscente di Salerno (la sig.ra Lorella M.) innanzitutto per sincerarsi che alcune manifestazioni religiose organizzate a Salerno (città dove era nato e dove viveva) stavano procedendo al meglio anche in sua assenza e poi per rassicurare i suoi fedeli sulle sue condizioni di salute.
Insomma, per ricordare al meglio un personaggio come don Alessandro non è sufficiente, a mio avviso, un semplice accenno in una pur bella adunanza religiosa nel duomo di Salerno gremito da tantissimi sacerdoti;
eppure dal duomo di Salerno, cioè dal cuore della chiesa salernitana un sacerdote di grande esperienza come don Biagio Napolitano (che per anni è stato il vicario dell’arcivescovo Luigi Moretti e sostituito dal nuovo arcivescovo Bellandi) ha lanciato un grido di dolore “Non siamo riusciti a strapparlo alla morte e nel nostro cuore c’è sofferenza, la stessa provata da altre diocesi in Italia”; sono le prime tre parole che mi hanno impressionato “non siamo riusciti”; e perché quel non siamo riusciti ? perché forse si poteva intervenire prima e qualcuno non l’ha fatto, perchè don Alessandro è stato lasciato solo in un momento drammatico dopo aver speso la sua vita per la chiesa o perché qualcuno ha avuto paura di immischiarsi in una vicenda (i raduni neocatecumenali nel Vallo di Diano che, comunque, don Alessandro non aveva organizzato ed ai quali aveva preso parte solo perché espressamente invitato da un sacerdote della diocesi di Teggiano-Policastro) che fin dall’inizio si apriva a tante responsabilità.
Poi, per carità le parole di don Biagio potrebbero essere soltanto limitate alla pura espressione letterale delle stesse e senza alcuna dietrologia; ma sicuramente qualcosa di strano è ac caduta nella gestione del “caso don Alessandro”; un qualcosa che ora si fa fatica ad accertare ed accettare alla luce del sole e dinanzi a tutti i fedeli.
Di fronte a tutto questo vale poco, molto poco, la succinta dichiarazione dell’arcivescovo Bellandi nello stesso duomo di Salerno: “Non è con noi don Alessandro, che questo virus malefico ha sottratto alla sua Chiesa, alla famiglia e alla comunità che lo amava. È però ancora tra noi, che continuiamo a soffrirne il distacco”.
Dispiace molto, comunque, dover costatare che non ci sono stati altri interventi pubblici in ricordo ed anche in difesa dell’unico sacerdote morto in provincia di Salerno per coronavirus.
La Messa Crismale celebrata sabato 30 maggio, durante la quale sono stati consacrati gli oli sacri che serviranno per amministrare i sacramenti nel corso dell’anno, non ha portato niente di nuovo sul fronte del “caso don Alessandro” che rimane tuttora avvolto nel silenzio finalizzato all’affermazione di fatti non corrispondenti a quanto realmente accaduto tra Atena Lucana e Sala Consilina nei giorni della grande crisi sanitaria legata al contagio da Covid – 19.