CATANZARO,9 maggio 2020. La sicurezza sui luoghi di lavoro per lavoratori e cittadini è una priorità assoluta ‘’spetta al Presidente del Consiglio dei Ministri individuare le misure necessarie a contrastare la diffusione del virus Covid-19.’’ Le Regioni possono imporre solo misure più restrittive. Il TAR, Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria-Catanzaro, prima sezione, ha accolto il ricorso presentato dal Governo, tramite l’Avvocatura Generale dello Stato, contro l’ordinanza numero 37, della Governatrice della Regione Calabria, del 29 aprile 2020, concernente il servizio ai tavoli, se all’aperto, per bar, ristoranti e agriturismi. Il Tar per la Calabria -Catanzaro ‘’accoglie il ricorso e annulla l’ordinanza del Presidente della Regione Calabria del 29 aprile 2020 nella parte in cui dispone che sul territorio della Regione Calabria, è consentita la ripresa delle attività di Bar, Pasticcerie, Ristoranti, Pizzerie, Agriturismo con somministrazione esclusiva attraverso il servizio con tavoli all’aperto’’. Ordina che la sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. “Modus operandi coerente con il principio di precauzione, che deve guidare l’operato dei poteri pubblici in un contesto di emergenza sanitaria”. La difesa della Regione Calabria aveva chiesto l’inammissibilità del ricorso presentato dall’Avvocatura Generale dello Stato per difetto di giurisdizione, ritenendo che la controversia ricada nella competenza della Corte costituzionale e la legittimità del provvedimento adottato dal Presidente della Regione Calabria definito “pienamente conforme ai principi di adeguatezza e proporzionalita’, richiamati dal D.L. n.19/2020 che richiedono di modulare le misure limitative di prerogative costituzionali al ‘rischio effettivamente presente su specifiche parti del territorio’”. «E’ una decisione pur rispettabile ma ininfluente,secondo l’Avv. Oreste Morcavallo, uno dei difensori che ha assistito la Regione Calabria davanti al TAR per la Calabria – Catanzaro, ‘’l’ordinanza infatti ha avuto piena esecuzione per 11 giorni e il Governo ha preannunciato per mercoledì che disporrà l’apertura di bar e ristoranti a livello generale. La Regione ha vinto con il mancato accoglimento del decreto cautelare ed ha avuto un importante risultato acquisendo la primazia politico -istituzionale di tutela delle prerogative costituzionali delle regioni».‘’Il governo sta facendo ripartire il Paese in sicurezza. Non è la stagione delle divisioni, dei protagonismi e dell’individualismo». Così il ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia, commenta la decisione del Tar per la Calabria-Catanzaro. L’Avvocatura Generale dello Stato ha specificato nel ricorso che l’ordinanza regionale contiene delle decisioni che «anticipano l’efficacia di disposizioni di allentamento delle misure restrittive di contrasto e contenimento del contagio da Covid-19 che il Dpcm del 26 aprile 2020 introduce solo a partire dal 4 maggio 2020» e che «risulta emanata senza alcuna previa interlocuzione formale con il governo” e dopo “un iter istruttorio lacunoso, privo di alcuna argomentazione scientifica. Inoltre a seguito del deposito dell’istanza, l’Avvocatura Generale dello Stato, accogliendo l’invito del Presidente del TAR, ha spiegato di aver rinunciato alla procedura accelerata con la quale avrebbe potuto ottenere un decreto cautelare monocratico per poter giungere a una decisione collegiale in tempi comunque relativamente brevi, “tenuto conto dell’importanza e della delicatezza dei valori in gioco”. La Governatrice della Regione Calabria, al contrario di quanto stabilito nel Dpcm firmato dal Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte, tre giorni prima, aveva consentito, “nel territorio della Regione Calabria, la ripresa dell’attività di ristorazione, non solo con la consegna a domicilio e con asporto, ma anche mediante servizio al tavolo, purché all’aperto e nel rispetto di determinate precauzioni di carattere igienico sanitario”. I Giudici del TAR per la Calabria-Catanzaro, hanno dato ragione al Ministro Francesco Boccia che aveva definito il provvedimento “illegittimo”, “carente e lacunoso” oltre che affetto da “difetto di motivazione, illogicità, contraddittorietà e non proporzionalità”. La controversia riguarda esclusivamente la possibilità di svolgere, dal 4 maggio 2020 al 17 maggio 2020, l’attività di ristorazione con servizio al tavolo. L’articolo 41 della Costituzione, nel riconoscere libertà di iniziativa economica, prevede che essa non possa svolgersi in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.
“Il fatto che la legge abbia attribuito al Presidente del Consiglio dei Ministri il potere di individuare in concreto le misure necessarie ad affrontare un’emergenza sanitaria, trova giustificazione nell’articolo 118, comma 1 della Costituzione: il principio di sussidiarietà impone che, trattandosi di emergenza a carattere internazionale, l’individuazione delle misure precauzionali sia operata al livello amministrativo unitario”. Ne consegue l’illegittimità dell’ordinanza della Governatrice della Regione Calabria. Spetta infatti al Presidente del Consiglio dei Ministri individuare le misure necessarie a contrastare la diffusione del virus Covid-19″, mentre “alle Regioni è dato intervenire solo nei limiti delineati dall’articolo 3, comma 1 del decreto legge 19 del 2020, che nel caso di specie è indiscusso .”Il decreto- legge n.10 del 2020, infatti, stabilisce che le “regioni, in relazione a specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio o in una parte di esso, possono introdurre misure ulteriormente restrittive”. Non, quindi, il contrario: la possibilità di servire gli alimenti all’aperto è stata giustificata dalla Governatrice della Regione con il “valore di replicazione del virus Covid-19, che sarebbe stato misurato in un livello tale da indicare una regressione dell’epidemia”. Il rischio epidemiologico non dipende soltanto dal valore attuale di replicazione del virus in un territorio circoscritto quale quello della Regione Calabria, ma anche da altri elementi, quali l’efficienza e capacità di risposta del sistema sanitario regionale”, nonché “l’incidenza che sulla diffusione del virus producono le misure di contenimento via via adottate o revocate. Non a caso “le restrizioni dovute alla necessità di contenere l’epidemia sono state adottate, e vengono in questa seconda fase rimosse, gradualmente, in modo che si possa misurare, di volta in volta, la curvatura assunta dall’epidemia in conseguenza delle variazioni nella misura delle interazioni sociali”. Infine la Governatrice della Calabria dopo la diffida del Governo, non ha mai fatto un passo indietro rispetto all’ordinanza del 29 aprile 2020. Infatti la violazione del principio di leale collaborazione costituisce elemento sintomatico del vizio dell’eccesso di potere. Nel caso di specie, non risulta che l’emanazione dell’ordinanza oggetto di impugnativa sia stata preceduta da qualsivoglia forma di intesa, consultazione o anche solo informazione nei confronti del governo”. “Il contrasto nei contenuti tra l’ordinanza regionale e il Dpcm 26 aprile 2020, denota un evidente difetto di coordinamento tra i due diversi livelli amministrativi, e dunque la violazione da parte della Governatrice della Regione Calabria del dovere di leale collaborazione tra i vari soggetti che compongono la Repubblica, principio fondamentale nell’assetto di competenze del titolo V della Costituzione”.
Dr. PIETRO CUSATI (giurista – giornalista)