Angelo Giubileo
(avvocato, scrittore)
SALERNO – In queste ore, quello che deve preoccuparci è la gestione dell’emergenza. E allora, oltre le dovute critiche, guardiamo a cosa si potrebbe fare.
La Corea del Sud è un paese, confinante a est con la Cina, di circa 52 milioni di abitanti per una superficie di 100.210 km² e una densità media di 491 abitanti per km². Un quadro non tanto dissimile da quello dell’Italia: 60 milioni di abitanti circa per una superficie tre volte più estesa pari a 302.072,84 km² ma una densità media di 199,82 abitanti per km², quasi la metà rispetto al dato coreano corrispondente.
Nel raffronto tra i dati dei due paesi, il dato della diversa densità abitativa potrebbe far pensare, in questa fase di emergenza sanitaria, a una maggiore difficoltà di controllo e di contenimento del virus da parte delle autorità italiane sul territorio; ma questa considerazione perde assolutamente ogni peso e misura rispetto ai dati attuali dei contagiati e dei deceduti. In Corea del Sud, gli attuali contagiati sono 8.086 e i deceduti 71. In Italia, invece: 21.157 i contagiati e 1.441 i deceduti. In aggiunta, i dati numerici di previsione; dati che sono tendenzialmente decrescenti per la Corea e invece tendenzialmente crescenti per l’Italia.
Quando l’emergenza sarà finita, è evidente che, per primo, il Governo italiano dovrà dare una spiegazione anche di questo. Ma, come dicevo, in questa fase occorre essere propositivi; e allora, guardiamo ai due diversi modelli con cui le autorità dei due paesi stanno affrontando la situazione che costantemente evolve.
Il modello coreano si è avvalso finora con successo di un sistema di controllo meno politico e tradizionale, cioè meno legato ai vincoli territoriali della politica e dell’amministrazione, più scientifico e tecnologico. In Corea del Sud si è provveduto a fare tamponi a tutti, nell’immediato anche per strada senza obbligare i cittadini a scendere dalla propria auto; per ogni contagiato si è provveduto quindi all’isolamento anche di coloro con i quali risultavano precedenti contatti; l’individuazione di costoro è stata effettuata mediante i tracciati gps dei telefonini e l’uso delle carte di credito dei contagiati, le registrazioni delle telecamere a circuito chiuso, e quant’altro, integrando le informazioni contenute nelle banche dati di tutte le autorità pubbliche e private.
Un modello senz’altro all’avanguardia, innanzitutto rispetto a quello della vicina Cina. La Cina ha infatti adottato un modello tradizionale, simile al nostro, anche se basato su un’attività centralizzata di maggiore controllo e forza dispositiva. In definitiva, potremmo quindi parlare qui di tre modelli: ma, a parte quello cinese – con cui in Italia non è fortunatamente possibile stabilire un confronto -, è interessante notare come, in Italia, soprattutto nelle ultime ore, alcuni governatori di regione – parzialmente in disaccordo con il Governo e il Viminale – hanno annunciato due diverse e opposte strategie di controllo e contenimento del virus.
In senso tradizionale, e quindi con uno sguardo ancora rivolto al passato e ai vecchi metodi tradizionali, alcuni governatori continuano a emettere ordinanze territoriali restrittive dei comportamenti di tutti i cittadini, lesinando pertanto le iniziative necessarie all’individuazione di presidi sanitari, scientifici e tecnologici indispensabili sia alla cura che al contenimento del virus. Rispetto a questi comportamenti tradizionali, sovrasta invece la strategia del governatore del Veneto, Luca Zaia.
Ieri, in esito anche alle premesse di questo stesso articolo, Luca Zaia ha dichiarato: “Dalla prossima settimana (n.d.r.: domani) eseguiremo i tamponi on the road, fuori dai supermercati e al personale dei supermercati. Più positivi troviamo, più ne isoliamo e meno diffusione abbiamo”. I dati dicono che finora il Veneto ha fatto oltre 29.000 tamponi, a fronte dei 109.000 circa fatti in tutt’Italia. Il governatore del Veneto ha anche concluso: “In rapporto agli abitanti ne abbiamo realizzati più della Corea”. E cioè: un modello che potremmo definire di poche chiacchiere e molti fatti, al contrario del modello al quale tradizionalmente siamo stati abituati, e cioè: molte chiacchiere e pochi fatti. Insieme ce la faremo.