Aldo Bianchini
SALERNO – L’ho già scritto altre volta in queste ultime settimane, c’è qualcosa che non mi convince in tutta questa “emergenza sanitaria nazionale” determinata dal Coronavirus; ovvero c’è qualcosa che non funziona in tutta la sequenza dei DPCM, c’è qualcosa che non funziona nella maggioranza politica governativa ma anche nella opposizione. Insomma ci sono diverse cose che non convincono per la loro poca trasparenza.
Secondo la maggioranza governativa tutto funziona alla perfezione e i DPCM sono una garanzia per tutti, secondo altri la necessità dei DPCM stringenti non sono altro che la dimostrazione dell’incapacità organizzativa del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), secondo l’opposizione bisognerebbe chiudere tutto, e secondo gli scienziati potrebbe trattarsi di una normale influenza e/o di un micidiale killer capace di uccidere decine di migliaia di persone.
La tanto decantata organizzazione della sanità pubblica del nord Italia sta battendo qualche colpo a vuoto; dal sud viene, però, lo slancio organizzativo del Policlinico di Catanzaro dove (anche per merito specifico di un medico salernitano) ci si sta attrezzando ampliando la disponibilità dei posti letto liberandoli dai pazienti in post operatorio o da quelli in attesa di interventi di elezione per attrezzarli in pochi giorni a far fronte all’eventuale crescita del contagio anche nella tanto vituperata Calabria.
Prova a fare un po’ di chiarezza il mio amico medico Antonio Napoli che, comunque, esprime un suo personale pensiero seppure meditato e studiato anche riportandosi a precisi riferimenti storici della letteratura medica. Un medico che ha vissuto la sua vita ospedaliera sempre in reparti di urgenza.
– = o 0 o = –
Mi sono laureato nel 1977, specializzato in Chirurgia di Urgenza e Pronto Soccorso nel 1982, ho lavorato sempre in reparto di Chirurgia di Pronto Soccorso ed Accettazione, nel 1987 ho conseguito l’Idoneità Nazionale a Primario di Chirurgia Generale e nel 1989 ho ricoperto l’incarico di Primario del Servizio di Chirurgia di Pronto Soccorso ed Accettazione, dimenticavo, ho svolto il servizio militare come Ufficiale Medico di Marina Militare, e su come prepararsi preventivamente alle situazioni di emergenza ci è stato insegnato alla “Scuola di Sanità Militare” dell’Accademia Navale di Livorno; tanto premesso.
In questi ultimi giorni ho avuto modo di discutere con colleghi e con amici di questa epidemia causata dal COVID 19, che in alcuni casi, il 6%, causa una SARS, ed in circa il 5% causa il decesso del paziente. Mi sono sempre chiesto perché tanto clamore, i numeri epidemiologici non lo giustificano; attenzione io parlo di clamore non di gravità o meno della SARS, ogni sindrome respiratoria acuta severa lo è, e ha una alta incidenza di mortalità, ma il clamore non lo comprendo. O meglio, non lo comprendevo. Oggi, in casa per rispetto delle norme emanate, probabilmente l’ho capito.
Il 31 gennaio scorso è stato emanato una decreto del Consiglio dei Ministri che “per sei mesi dalla data del presente provvedimento, dichiara lo stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”, (costoro hanno capacità divinatorie, prevedono che questa emergenza duri sei mesi, non meno, non di più, beati loro!)
Da allora, il clamore mediatico ha avuto un crescendo continuo, cui si sono accompagnati provvedimenti legislativi, per decreto, volti a limitare le possibilità di contagio e quindi il numero degli affetti da malattia causata da questo agente virale.
Un nota storica, la famiglia dei “Coronavirus” è stata scoperta nel 1965, ed è definita come la famiglia virale che causa il 90% delle affezioni respiratorie benigne, ma soprattutto nei soggetti predisposti, può causare sindromi respiratorie più gravi fino alla ARDS, (dall’inglese Acute respiratory distress syndrome) e SARS (Severe Acute Respiratory Sindrome), sindromi entrambe potenzialmente fatali, che richiedono assistenza respiratoria con apparecchi esterni.
Ed è quanto esattamente si verifica in questi giorni, i numeri percentuali storicamente descritti da allora non sono cambiati, se non in pochi decimali, legati alla mutazione virale, fenomeno normale e legato alla replicazione del virus nel passaggio da individuo a individuo della stessa specie o tra specie diverse.
Quindi niente di nuovo, e perché allora tanto clamore?
La risposta me l’ha suggerita un interessante articolo scritto sul tema dal Prof. Girolamo Sirchia, medico, già Ministro tecnico della Salute nel secondo governo Berlusconi dall’11 giugno 2001 al 23 aprile 2005. In questo articolo, l’ex Ministro, non si dilunga clinicamente sull’epidemia da questo agente virale, denominato COVID – 19, piuttosto esamina il Servizio Sanitario Nazionale e la sua negativa evoluzione negli ultimi decenni, legata in maniera stringente alle norme europee che i governi hanno voluto osservare. Trasformandolo pian piano in qualcosa che deve generare utile, soprattutto per la sanità convenzionata.
Questo mi ha costretto a riflettere, e tanto, anche le allarmanti dichiarazioni sui posti letto disponibili nei reparti di Rianimazione e Terapia Intensiva, le dichiarazioni improvvide ed irreali, ma dettate dallo stress subito da alcuni operatori sanitari chiamati quasi a scegliere chi salvare. Una sciocchezza, mai nessun medico sceglie chi salvare, la vita è uguale per tutti. Ma queste dichiarazioni sono lo specchio dell’intensità dello stress cui sono stati sottoposti questi operatori.
Ma perché, mi sono chiesto?
La risposta, mi è balenata nella sua semplicità improvvisamente, tutto è legato alla discrepanza improvvisa tra posti letto disponibili e posti letto necessari.
Quando ho lavorato in ospedale, il reparto di Rianimazione e Terapia Intensiva aveva sempre i posti letto occupati, per il post operatorio o per patologie acute e spesso eravamo costretti a trasferire i pazienti in altri ospedali, laddove vi era un posto disponibile.
Nella Lombardia, regione portata ad esempio di buona sanità, non vi sono posti letto sufficienti in questi reparti? Certo, ci sono, ma tutti occupati da pazienti in post operatorio o per patologie acute, questi ospedali sono diventati una vera e propria macchina da denaro, con un turnover velocissimo dei pazienti, perché il posto letto deve rendere. Questo mi ha fatto capire il perché 440 pazienti con sindrome respiratoria da COVID -19, hanno messo in difficoltà la sanità lombarda, divisi per tutti gli ospedali della Lombardia il numero è piccolo, ma quando tutti i posti letto sono occupati diventa enorme. E questo mi ha fatto comprendere l’incapacità del sistema di affrontare un emergenza sanitaria, nel nostro caso da COVID – 19, ma poteva essere anche causata dal deragliamento recente del treno AV Fracciarossa, nei pressi di Lodi, se fossero arrivati negli ospedali un centinaio di pazienti urgenti sarebbe stato il caos.
Il problema non è legato all’azione del COVID -19, che ha comunque un decorso benigno, ma all’incapacità del Servizio Sanitario Nazionale di trattare adeguatamente i pochi pazienti che hanno complicanze respiratorie, circa il 7,9% del totale dei casi alle ore 17,00 del 9 marzo 2020, secondo l’Istituto Superiore di Sanità.
Il SSN è messo alla frusta perché incapace di creare rapidamente i posti letto necessari; sarebbe sufficiente dimettere i pazienti in attesa di intervento di elezione? Quali protesi di varie articolazioni? O pazienti in attesa di accertamenti o di intervento chirurgico di elezione? Sarebbe possibile allestire rapidamente questi letti per il trattamento intensivo, se fosse possibile approvvigionarsi rapidamente delle attrezzature necessarie, monitor e respiratori a pressione positiva?
Sarebbe possibile, se le norme lo consentissero, e costoro che ci “governano” piuttosto che chiuderci in casa, in maniera straordinaria e limitata alla circostanza, potessero sospendere tutte le norme degli appalti e gare e conferire ai Direttori Generali delle Aziende Ospedaliere e delle A.S.L. i poteri di Commissari Straordinari per la gestione di questa “emergenza assistenziale”? Probabilmente nel giro di breve tutti i pazienti bisognevoli sarebbero assisiti serenamente dal personale medico e paramedico, e di emergenza coronavirus non si parlerebbe più! Questo non avviene, per incapacità o per calcolo?
In entrambi i casi, questo comportamento è censurabile!
Ad altri questa riflessione, le mie sono solo considerazioni di un medico che ha vissuto buona parte della sua vita professionale nell’Urgenza, ed ai tempi nei quali non vi erano né TAC, né RMN o altre moderne utili attrezzature per diagnosi, ma solo un apparecchio Radiologico, ed un ecografo (dell’epoca!), ma soprattutto la capacità clinica degli operatori sanitari.
Dott. Antonio Napoli,
Salerno 9 marzo 2020
Covid-19: Pubblicato in Gazzetta ufficiale il decreto- legge 9 marzo 2020 che prevede misure straordinarie per l’assunzione di medici, infermieri e personale sanitario, compreso il richiamo dei sanitari in pensione e altre disposizioni per il potenziamento del Servizio sanitario nazionale.
È prevista la possibilità di procedere al reclutamento di professionisti sanitari (anche dei medici specializzandi iscritti all’ultimo e penultimo anno), con incarichi di lavoro autonomo, anche co.co.co, della durata massima di 6 mesi, prorogabili a seconda del perdurare dell’emergenza. Inoltre, verificata l’impossibilità di assumere personale, anche facendo ricorso agli idonei in graduatorie in vigore, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale possono, fino al 31 luglio 2020, conferire incarichi di lavoro autonomo, con durata non superiore ai sei mesi, e comunque entro il termine dello stato di emergenza, A PERSONALE MEDICO E A PERSONALE INFERMIERISTICO ,COLLOCATO IN QUIESCENZA,ANCHE NON ISCRITTO AL COMPETENTE ALBO PROFESSIONALE IN CONSEGUENZA DEL COLLOCAMENTO A RIPOSO???
Gentile Direttore,
condivido le considerazioni del Dott. Antonio Napoli e ritengo che siano di assoluta attualità rispetto agli eventi che stanno travolgendo la nostra vita quotidiana, con grave panico tra i Cittadini, perplessità ed incertezze tra gli operatori sanitari, confusione mediatica alimentata da provvedimenti del Governo, collasso annunciato del Sistema sanitario che deve assistere in Italia, ad oggi in Lombardia, meno di 500 pazienti affetti da sindrome respiratoria severa da Coronavirus.
La crisi del Sistema sanitario si presenta drammatica in Lombardia, figurarsi nel resto d’Italia e nel Meridione in particolare… Perché?
Il tanto decantato Sistema di assistenza sanitaria universale, spesso definito tra i migliori al mondo, è stato trasformato dalla politica in una macchina, invecchiata con l’uso, cui continuamente sono state sottrarre pezzi, risorse, personale, tecnologie, per spendere esageratamente in altri settori, tanto la salute era comunque garantita dal presunto stato di benessere generale.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: in Lombardia di fronte a 440 pazienti che hanno bisogno di assistenza in rianimazione, i politici decidono di bloccare l’Italia, imponendo di restare chiusi in casa, tutti, senza distinzione di età, di sesso, di attività lavorativa.
Questa imposizione sarà sicuramente poco praticabile, lo vedremo nei prossimi giorni, ma fin da adesso è chiaro che ha poco a che fare con la prevenzione delle malattie, anche in corso di epidemie, che per essere contrastate efficacemente hanno bisogno dell’isolamento delle persone malate, della loro presa in carico, del loro trattamento in ambienti sicuri ed attrezzati, che una società civile deve garantire.
E’ innegabile che, in questi giorni, sottoscrivendo un modulo, chiunque sarà libero di muoversi, giustificato da necessità lavorative, da spostamenti obbligati, da necessità di servizio pubblico o altro, come ci hanno abbondantemente spiegato! Gli spostamenti e i relativi contatti continueranno e il personale della sicurezza pubblica finirà con il raccogliere soltanto tantissime dichiarazioni ed essere sottoposto a stress lavorativi, che non potranno evitare i contatti tra le persone. Certamente il virus si diffonde con i contatti e non si ferma con le dichiarazioni sottoscritte dalle persone che si spostano!
La verità e che per contrastare efficacemente l’epidemia bisognerebbe isolare i malati a domicilio e nelle strutture sanitarie, individuarli come effettivamente tali, assicurare tutti della possibilità di essere curati.
E’ quello che viene fatto in altre Nazioni europee ed anche negli Stati americani. I test specifici sono da utilizzare per diagnosticare l’infezione in pazienti malati, ovvero con sintomi evidenti e conclamati, che fanno sospettare l’eziologia da coronavirus. Le persone affette da sintomi dell’influenza, notoriamente simili, sono tantissime tra la popolazione. Assurdo pensare di fare il test a tutta la popolazione, anche quella sana.
Tuttavia è accaduto che in Italia si è voluto colpevolmente confondere tra persone positive al test, asintomatiche ed in buona salute e pazienti malati gravi che hanno effettivamente bisogno di assistenza in rianimazione, ignorando che i malati possono essere trattati anche a domicilio e, secondo necessità, anche nei reparti ospedalieri di malattie infettive, come avviene in tutti i Paesi del mondo.
E’ pur vero che anche questi reparti sono stati molto ridimensionati dal Sistema in tutta Italia. E da chi? Dai politici, che per decenni hanno sempre ridotto le risorse, ridotto il personale e tagliato, spesso anche azzerato i posti letto negli Ospedali.
In conclusione ritengo che abbia assolutamente ragione il Dott. Antonio Napoli, di cui condivido appieno le riflessioni. E’ più che lecito chiedersi: tutto ciò è successo per incapacità o per calcolo?
In entrambi i casi il comportamento di chi ha governato e continua a governare mortificando il sistema sanitario, è sicuramente colpevole.
IL COMITATO TECNICO-SCIENTIFICO IN MATERIA SANITARIA PER IL CORONAVIRUS:
è stato istituito con un decreto del Commissario per l’emergenza Angelo Borrelli. Si tratta di dirigenti del settore già inseriti nella pubblica amministrazione.
Il principale compito è fornire consulenza al Capo del dipartimento della protezione civile, Angelo Borrelli in merito all’adozione delle misure di prevenzione necessarie a fronteggiare la diffusione del virus.
Fanno parte del comitato:
1) il segretario generale del ministero della Salute. Questa funzione è molto importante perché il segretario generale ha il coordinamento del ministero e ha anche il coordinamento degli interventi delle direzioni generale in caso di emergenze sanitarie internazionali;
2) il direttore generale della prevenzione sanitaria del ministero della Salute, a cui spetta normalmente la sorveglianza epidemiologica;
3) il direttore dell’Ufficio di coordinamento degli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera del ministero della Salute;
4) il direttore scientifico dell’Istituto nazionale per le malattie infettive “Lazzaro Spallanzani”, Giuseppe Ippolito;
5) il presidente dell’Istituto superiore della Sanità, Silvio Brusaferro ;
6) un rappresentante della commissione Salute designato dal presidente della Conferenza delle Regioni e Province autonome, Alberto Zoli;
7) il coordinatore dell’ufficio promozione e integrazione del servizio nazionale della protezione civile del dipartimento della protezione civile, con funzioni di coordinatore del Comitato.
Il Comitato è integrato dal direttore dell’Ufficio V della direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero della salute e dal coordinatore del servizio risorse sanitarie dell’Ufficio I del dipartimento della protezione civile in qualità di segretario del Comitato.
In casi particolari, a discrezione del capo del dipartimento della protezione civile o su proposta del coordinatore del Comitato o dei componenti dello stesso, possono essere invitati a partecipare alle riunioni qualificati esperti del settore.
12 marzo 2020 .
Nuove misure più restrittive per contrastare l’emergenza coronavirus, valide per due settimane. Il provvedimento, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 64, del 11 marzo 2020, avrà validità dal 12 al 25 marzo 2020.
Sono sospese le attività di bar, pub, ristoranti. Chiudono parrucchieri, centri estetici. Mentre saranno aperti alimentari, benzinai, edicole e TABACCHI oltre a farmacie e parafarmacie. Le industrie resteranno aperte ma con “misure di sicurezza”, purché garantiscano iniziative per evitare il contagio. Chiusi invece i reparti aziendali “non indispensabili” per la produzione. Si incentiva anche la regolazione di turni di lavoro e le ferie anticipate.Arriva Domenico Arcuri di Invitalia, commissario delegato per potenziare le strutture sanitarie che avrà pieni poteri di deroga e che lavorerà per rafforzare la distribuzione di attrezzature per la terapia intensiva.