di Giovanni Abbruzzese
(dottore commercialista)
SASSANO – Uno dei punti più discussi che la nuova compagine governativa M5S–PD dovrà affrontare nella prossima Legge di Bilancio 2020 è certamente la riduzione del cuneo fiscale, citata dal Presidente Conte sia nell’esposizione del programma che nella replica alle dichiarazioni di voto per la fiducia alla Camera e al Senato. Prima , però ,di entrare nel merito degli effetti che tale riduzione porterà nelle tasche degli italiani e soprattutto nella busta paga dei lavoratori, vediamo di comprenderne il significato. Per cuneo fiscale s’intende la somma delle imposte dirette, indirette e contributi previdenziali che gravano sul costo del lavoro sia per quanto riguarda i datori di lavoro , sia per quanto riguarda i dipendenti e i liberi professionisti. Per chiarire in modo ancora più semplice, il cuneo fiscale non è altro che la differenza tra lo stipendio lordo versato dal datore di lavoro e la busta paga netta incassata dai dipendenti. Se traduciamo in termini monetari si potrà affermare che su una busta paga netta di € 1.000 l’azienda deve spenderne circa € 1.900. La differenza di circa € 900 è dovuta tra imposte , contributi previdenziali e assicurazioni Inail. Con la manovra 2019 l’unico intervento è stato il taglio delle tariffe Inail del 33% , cosa che ha inciso poco sulla complessa materia del costo del lavoro da parte dei datori di lavoro ed effetto zero per i lavoratori dipendenti. Fatta questa precisazione , vediamo quali sarebbero gli effetti che esso andrebbe a comportare sia sul lavoratore dipendente che sul datore di lavoro. Un primo dato da sottolineare è che il cuneo fiscale in Italia rappresenta in totale il 47% e in Europa si colloca al terzo posto, ad un gradino sotto il secondo posto della Germania (49%). Tali percentuali sono stimate nel 16% di imposte personali e per il 31% di contributi previdenziali che ricadono in parte sul lavoratore(7,2%) e in parte sul datore di lavoro (24.0%). Vediamo ora come sia possibile ridurre la pressione fiscale sui salari senza tornare a far salire il deficit del bilancio statale. Provo ,allora, ad ipotizzare possibili fonti di risparmio di spesa da cui attingere e valutabili tra i 10 e 15 miliardi. In un bilancio dello Stato che ha entrate per circa 800 miliardi, risparmiare tra i 10 e15 miliardi non dovrebbero difficile. Cercando di sintetizzare al massimo problemi che per loro natura sono complessi e che per qualche lettore anche noiosi, alcuni esempi chiariranno la direzione verso la quale bisogna andare. Un governo targato 5stelle – PD, nato ufficialmente pochi giorni fa , dovrà assolutamente porre al centro del dibattito e della discussione per la prossima manovra finanziaria il cuneo fiscale che tutte le forze politiche hanno ritenuto prioritario nei loro programmi elettorali. Considerato che questo obbiettivo è raggiungibile solo e soltanto se si reperiscono le risorse necessarie, vediamo ora quali siano le maggiori entrate o minori spese possibili su cui agire. Il primo di questi sarebbe la revisione della spesa pubblica con l’eliminazione di sprechi nelle amministrazioni pubbliche e una riforma delle agevolazioni e detrazioni fiscali considerate come entrate cui lo Stato rinuncia a favore di alcune categorie di contribuenti. Altra importante soluzione potrebbe essere trovata dando il via ad una nuova fase di “ spending review “ che i governi precedenti hanno utilizzato come slogan attraverso i diversi commissari tra cui Carlo Cottarelli senza renderla operativa come ci si sarebbe aspettato. Una “spending review” finalizzata a ridurre la spesa non con tagli lineari, come sempre si è fatto nelle ultime manovre, ma in maniera selettiva individuando i settori dove intervenire. Una terza via sarebbe la revisione delle aliquote IVA per i prodotti di lusso e cito ad esempio le automobili di grossa cilindrata dove sarebbe possibile applicare l’iva al 25%. Vi sono , poi, le minori spese per “quota 100” e “ Reddito di cittadinanza “ valutabili per l’anno 2019, a detto dei ministeri competenti, in circa 5 miliardi. Altre possibili entrate dovrebbero venire da una revisione delle aliquote irpef aumentando di alcuni punti percentuale l’ultima aliquota ( quella del 43% ) per i redditi superiori a € 150 mila . E qui bisogna avere coraggio da parte delle due forze politiche che oggi sono al governo in quanto viviamo in un Paese in cui i redditi più bassi hanno la tassazione più alta in Europa. Le maggiori entrate dovrebbe andare ai contribuenti con redditi inferiori a € 25.000 a cui applicare una aliquota del tra il 15% e il 20% . Riconosco che sono temi per addetti ai lavori e soprattutto perché necessitano di essere inseriti nella” Manovra di bilancio 2020” la quale deve rispettare il vincolo di bilancio e disinnescare l’aumento dell’iva che da sola vale circa 23 miliardi. Mi riservo, in un successivo articolo, ringraziando il Direttore Aldo Bianchini per la sua ospitalità sul giornale ” Il Quotidiano di Salerno” , di meglio quantificare e meglio precisare le diverse spese di entrate e di uscite del bilancio statale. Mi auguro che il nuovo governo 5Stelle – PD abbia il coraggio, come ha esposto nel programma e nella sua replica sul voto di fiducia il Presidente Conte, di varare una finanziaria che vada nella direzione di una redistribuzione del reddito con una riduzione delle imposte per i redditi più bassi e di una maggiore tassazione per redditi medio alti.