Aldo Bianchini
SALERNO – Dopo ogni manifestazione organizzata in memoria di Angelo Vassallo, il sindaco pescatore ucciso a pistolettate la sera del 5 settembre 2010, leggo – sento e vedo solo cavolate; a cominciare dagli stessi familiari che non si vogliono convincere che il caso Vassallo deve essere probabilmente annoverato tra i “delitti perfetti” perché ha tutte le caratteristiche dei delitti che negli USA vengono piuttosto facilmente archiviati come “cold case” (delitti irrisolti) con la speranza di poterli sempre riaprire alla minima occasione favorevole.
Se seguiamo l’arte della criminologia, che in questi ultimi anni sembra essere sbocciata in Italia anche a livello televisivo dove, contrariamente all’America, è diventata subito uno sport nazionale, capiamo subito che il delitto perfetto (sempre che esista davvero !!) ha delle caratteristiche fondamentali e molto particolari: azione violenta – rapida e senza premeditazione tra due persone e senza complici e/o testimoni; anzi l’assassino e la vittima in moltissimi casi si conoscono.
Ho scritto talmente tanto sul cosiddetto “delitto Vassallo” da essere quasi stufo di continuare a scrivere perché tutti fanno finta di niente e tutti si lanciano in ricostruzioni ipotetiche e senza senso pur essendo perfettamente consapevoli che sono ipotetiche e senza senso.
Il problema dell’uccisione del povero Vassallo è che soprattutto gli inquirenti non sono stati capaci di deviare le loro indagini e di puntarle sulla vita assolutamente privata dell’ex sindaco, invece di insistere sulla presenza della camorra e sullo spaccio di droga che sicuramente in quell’angolo di paradiso c’è stato, c’è e ci sarà sempre.
Non è lì che bisogna scandagliare alla ricerca del colpevole; parlo del “colpevole” al singolare perché come dicevo la caratteristica principale di un delitto perfetto è che sia stato consumato con impeto violento, da una sola persona contro una sola persona. Ed il colpevole, cioè l’assassino, per rimanere nell’anonimato non dovrà confidarlo neppure alla sua stessa coscienza con la quale dovrà stringere un patto di non belligeranza a vita.
Quando si adombra la possibilità che ad uccidere Vassallo siano state almeno due persone si va subito fuori strada; qualsiasi reato commesso da più persone alla fine viene scoperto perché non tutti i complici hanno le stesse capacità difensive e gli stessi interessi a nascondere. Insomma dopo nove anni se con l’assassino ci fosse stato un complice gli investigatori avrebbero già risolto il caso; altro che ipotetiche fughe in avanti che non hanno portato da nessuna parte, neppure dopo il viaggio in Bolivia della pm Rosa Volpe e del suo nucleo investigativo alla ricerca di una speranza perduta per colpevolizzare un pusher innocente o per tenere sotto scacco un carabiniere che con il delitto non c’entra proprio nulla, nonostante tutte le ipotesi e i dubbi generati dai loro rispettivi comportamenti non proprio in linea con la legalità.
Quando sono stato sentito dalla pm Volpe come persona informata sui fatti ho avuto la sensazione, come ho già scritto, di trovarmi di fronte ad un pool di investigatori sicuramente all’altezza della situazione ma chiaramente fuori pista; e questo per correttezza cercai anche di metterlo in evidenza nel corso della lunghissima deposizione.
Del resto la stessa descrizione delle fasi concitate del delitto, riportate in questi giorni dai giornali, va tutta in direzione del “delitto perfetto” maturato e consumato per un atto di “violenza d’impeto” che impedisce ai due attori (uno perché è morto e l’altro perché non ha interesse a farlo) di far trapelare il benchè minimo particolare; l’autovettura del sindaco ritrovata ferma dall’altra parte della carreggiata, a pochi meri da casa e contromano, sono tutti elementi che portano a pensare che, addirittura, l’assassino abbia viaggiato sull’auto della vittima per qualche centinaio di metri costringendolo a fermarsi bruscamente sotto la minaccia dell’arma in una posizione contromano per scendere e, forse, per andare via, salvo a ripensarci ed in un ultimo rigurgito di rabbia esplodere tutte le pallottole in rapida successione. Il delitto, quindi, è maturato in corsa in relazione alla degenerazione dei toni della discussione in atto. Poi la fuga solitaria ed a piedi (anche il motorino poteva diventare un elemento certo di indagine) verso le tenebre che, probabilmente, avvolgeranno per sempre l’orrendo delitto.