Di Felice Bianchini junor
(corrispondente e notista politico)
ROMA – “La finanziaria che un eventuale governo di responsabili potrà fare non sarà molto peggiore di quella che sotto la sua guida saremmo stati costretti a intestarci, ed è questo il problema; ed era stato molto esplicito su questo il ministro Tria: ‘deficit molto contenuto’, e quindi fondamentalmente: ‘scordatevi un significativo taglio delle tasse’. E quando queste affermazioni, queste indicazioni di linea politica, non previamente condivise da un ministro tecnico con tutta la sua maggioranza, erano state espresse […] questa linea aveva trovato un’ampia condivisione e copertura politica perfino, con mio stupore, nella persona del vicepremier Luigi Di Maio. […] Per una finanziaria di questo tipo non ci si può aspettare ci sarebbe stato un assenso della Lega: proprio perché la congiuntura è sfavorevole, occorre visione, occorre coraggio, e lei ha deciso di non averne; e non può chiederci di seguirla su questa strada. Oggi Martin Sandbu (editorialista del Financial Times, sostenitore dell’Euro ndr) sul Financial Times esorta l’Europa a sbloccare le politiche fiscali: noi non possiamo sostenere un governo più conservatore del Financial Times. Come ampiamente anticipato dalla nostra elaborazione, Francia e Germania si apprestano a violare regole irrazionali, e noi siamo vittime di un approccio che ci vuole sempre, per un malinteso complesso di inferiorità, essere più realisti del re.” (https://www.youtube.com/watch?v=4GLIxw09Nvc)
Mentre per molti l’inizio di questa crisi e il suo proseguimento è racchiuso negli interventi del premier Conte (un discorso potente, soprattutto se unito alla scena nel suo insieme: lui, con Salvini di fianco, che bacchetta impettito – alla faccia dei burattini!), di Salvini e di Renzi, per me è tutto in questo pezzo dell’intervento di Bagnai, passato in secondo piano, ovviamente, visto che ci piacciono le star, i pezzi grossi e lo show, mentre l’economista fiorentino è per molti solo un tirapiedi di Salvini (nonostante lo stesso Renzi gli abbia dato importanza, accogliendolo nel suo discorso), ed è intervenuto praticamente a fine seduta – e, sia chiaro, chi segue quotidianamente le vicende politiche sapeva che sarebbe intervenuto prima o poi.
Ebbene, per me si parte da qui, non da altro. Bagnai continua a sottolineare anche fuori dall’aula quanto la manovra abbia pesato sulla crisi, al di là della riforma della giustizia e degli altri no che il suo capitano va sbandierando, che sicuramente avranno pesato, ma è difficile credere che su uno di quei provvedimenti sarebbe caduto il governo. Sulla legge di bilancio, però, sì: l’intera campagna delle europee di Salvini è stata incentrata sul “15%”, tanto che la sua immagine/video di copertina facebook, fino al primo Agosto, lo ricordava. Giunti al momento delle trattative per la manovra, come dice Bagnai, è arrivato il no dei no: e la crisi è servita.
Il problema però è come verrà risolta: da copione, Mattarella deve verificare l’esistenza di una maggioranza alternativa, prima di poter sciogliere le camere, e ha dato il via alle consultazioni. I 5stelle fanno i tronisti, avendo il 33% dei seggi in parlamento: dopo l’avventura con la Lega, sembra siano sul punto di dare il via a un capovolgimento di fronte, dando la mano al PD. Tuttavia, al loro interno, voci come quella di Paragone, di Di Battista e di Casaleggio aprono a un gialloverde bis, pur di evitare un matrimonio coi dem.
Nel PD, Renzi, che controlla quasi la totalità dei gruppi parlamentari ed è il primo responsabile, col suo veto, del governo Conte, si è riscoperto trattativista e spinge perché l’accordo si faccia, forse consapevole che le urne potrebbero non sorridere a lui e i suoi; inoltre si è fatto come al solito puntare addosso i riflettori per un audio “scappato” dalla sua sfera privata e divenuto di dominio pubblico, in cui si rende protagonista di una frecciata a Gentiloni, accusato di remare contro l’accordo coi 5stelle, i quali in ogni caso – parola della Boschi – continuano ad essere ritenuti incompetenti, seppur utili in chiave anti-Salvini. Nel frattempo, Zingaretti tratta e cerca di tenere insieme i cocci e dettare condizioni.
Anche nella Lega si registrano due correnti: una, di cui sembra far parte anche Salvini, che preferirebbe un nuovo governo gialloverde; l’altra, che accetterebbe tranquillamente l’opposizione. In ogni caso, in casa Lega l’optimum sono le urne. Queste ultime sono ritenute, invece, l’unica possibilità da FI e FdI, con gli ultimi che sembrano essere e dicono apertamente di essere, come ci aspettavamo, i primi veri alleati dei leghisti, con i forzisti che farebbero da ospiti in una nuova alleanza di stampo salviniano.
Un governo giallorosso non ha senso, soprattutto perché significherebbe ridare potere a Renzi, anche se sia lui che i suoi più stretti hanno dichiarato che non farebbero parte del governo. Il giglio magico, ormai appassito, non deve essere innaffiato per quanto ci riguarda. Piuttosto un nuovo gialloverde, con un programma rinnovato e una squadra diversa, funzionale agli obiettivi, in particolare di politica economica. Se si aprisse a uno scioglimento delle camere, sarebbe ancora meglio, visto che il parlamento così com’è non sembra riflettere autenticamente il sentimento del paese. Nuove elezioni consentirebbero di quantificare il reale peso di Lega e FdI, nonché quello dei 5S, di FI e del PD, con quest’ultimo che potrebbe schierare parlamentari zingarettiani al posto degli attuali renziani.
Solo con un parlamento più realistico, si può dare vita a un governo sensato.