Aldo Bianchini
SALERNO – Si riapre questa mattina il mega processo a carico di Mons. Nunzio Scarano, il sacerdote salernitano assurto al governo dell’APSA (Amministrazione Patrimonio Sede Apostolica) di Roma e poi scaraventato nella polvere in forza di un non tanto ipotetico progetto di distruzione personale al fine di nascondere qualche altra cosa (leggasi interessi legati allo IOR) o per raggiungere personaggi eccellenti (leggasi D’Amico Group) con una delle inchieste giudiziarie più travolgenti in danno della Chiesa a livello globale.
In un precedente articolo ho evidenziato come siano individuabili nel “processo a Scarano” alcune analogie con il “processo a Gesù”; le analogie di cui intendo parlare oggi sono essenzialmente due.
e più specificamente le intercettazioni telefoniche ed ambientali che, come al solito, distribuite in un faldone di oltre 1500 pagine possono essere state lette ma anche lette in parte o non lette affatto, ed anche che possono essere state interpretate in tanti modi diversi, dipendeva e dipende solo da cosa si ha in mente di raggiungere, cioè quale obiettivo si intende perseguire. Nel caso di specie, avendo letto alcune centinaia di pagine di intercettazioni e avendole interpretate come andrebbero interpretate, cioè senza pregiudizio e con pacata riflessione, mi sono fatto un’idea diversa di Mons. Nunzio Scarano, un sacerdote che nella pressante ansia di fare e di portare del bene utilizzava un frasario telefonico esattamente come facciamo tutti noi quando telefoniamo e cerchiamo di accreditarci come unici risolutori di un problema o ci secchiamo e non perdiamo tempo per mandare a quel paese tutto e tutti o, infine, riusciamo a dire cose che non avremmo mai detto in una discussione interpersonale senza l’intromissione devastante della linea telefonica. Gli investigatori, invece, hanno visto o voluto vedere soltanto la parte più controversa e controvertibile del contenuto delle intercettazioni che, in realtà, quasi sempre generano dubbi. Ma sono dubbi destinati fatalmente a cadere in un libero, pubblico e giusto dibattimento. Insomma, oggi, l’utilizzo dei potenti mezzi tecnologici messi a disposizione dal progresso da un lato ci fa rischiare dei guai ma dall’altro alla fine inevitabilmente ci fa assolvere.
La prima riguarda don Nunzio
; nel suo caso ed alla sua epoca non esistevano affatto i mezzi della comunicazione di oggi e gli ordini, le ordinanze, i decreti, le richieste di pene afflittive viaggiavano come si suol dire con il “si bemolle” e spesso arrivavano in ritardo causando gravissime conseguenze. Nel caso di Gesù il ritardo causò la sua morte con una delle pene afflittive più scandalose dell’epoca: la crocifissione. Si narra, anche se niente è provato in assoluto, che prima della decisione di crocifiggere Gesù ci fu un intenso scambio epistolare tra Tiberio Giulio Cesare Augusto (imperatore di Roma) e Ponzio Pilato (Procuratore di Roma in Palestina); la lettera che precedeva la crocifissione e che, purtroppo, arrivò a Pilato a sentenza eseguita poneva in risalto il pensiero dell’imperatore che pur avendo studiato attentamente il caso non vedeva chiare illegalità commesse dall’inquisito Gesù. E nella lettera Tiberio, sostanzialmente, poneva una questione di fondo che ancora oggi è validissima, e la imponeva a Pilato: “non mischiare mai la politica con la giustizia”. Peccato che la lettera giunse in ritardo a Pilato, ma il fatto che aveva comunque eseguito la sentenza senza una risposta chiara dell’imperatore lo pose in una condizione di disagio che, come sappiamo tutti, sfociò nel richiamo a Roma e nella sua destituzione da ogni carica pubblica, prima di togliersi la vita volontariamente. La prova di tutto ciò, secondo gli studiosi, è tutta nel fatto che nel 35 d.C. Tiberio propose al Senato, dopo pochi messi dall’esecuzione del nazareno, di riconoscere quel Gesù come “dio“.
Non andò così per Gesù
Cosa voglio dire con questa similitudine ? voglio semplicemente dire che per esprimere ogni tipo di giudizio bisogna andarci cauti e bisogna, soprattutto, acquisire tutto il materiale probatorio possibile; per Gesù sicuramente non fu fatto; per don Nunzio sembra, dopo furiosi attacchi alla sua persona da parte degli inquirenti e della stampa, sembra che qualcosa stia cambiando e che il vento si stia spostando in altre direzioni.
Per Gesù sarebbe stato sufficiente un fax, che all’epoca non esisteva, per far giungere a Pilato il pensiero di Tiberio; per don Nunzio è sufficiente che almeno le carte vengano lette e rilette senza alcun preconcetto di colpevolezza per allargare la mente ad ogni ragionamento teso a scoprire la verità e non soltanto l’eventuale colpevolezza.
Ma la cosa più devastante della lettera ordinanza di Tiberio rimane quella pesante allusione alla politica che si insinua nella giustizia; nel processo a Gesù la politica svolse un ruolo determinante, speriamo non avvenga la stessa cosa nel processo a Scarano.
Ne sapremo certamente di più già da questa mattina.