Aldo Bianchini
SALERNO – Tra poche ore, alla scoccare di mezzogiorno di oggi, il nuovo Arcivescovo di Salerno-Campagna-Acerno nel salone degli stemmi del palazzo arcivescovile incontrerà la stampa locale come primo atto ufficiale verso la città, il clero ed il popolo dei fedeli.
E’ senza dubbio alcuno un atto di coraggio, quello di metterci la faccia pochi giorni dopo la sua consacrazione; un atto di coraggio soprattutto perché la città non lo conosce e Lui non conosce la città.
Già da questa mattina potrebbe essere l’occasione buona e giusta, per Lui nuovo primate e per tutta la Chiesa salernitana, per avviare un cammino pastorale in grado di ricucire tutti gli strappi prodotti ufficialmente dalla gestione di Mons. Luigi Moretti, che il direttore di Cronache Tommaso D’Angelo ha definito “un burocrate lontano dall’animo dei salernitani”, e che sempre su le Cronache l’arch. Alberto Cuomo ha definito invece come l’uomo che passerà alla storia della Chiesa per essersi opposto alle guasconate di Vincenzo de Luca durante le processioni di San Matteo.
Molto sommessamente direi, per salutare l’arcivescovo emerito Luigi Moretti, che è stato capace di far affermare il suo essere burocrate e neppure di battere De Luca, visto che alla fine si è pesantemente arreso alle estremizzazioni alterate del discorso da parte di qualche ben identificato ed emerito incandescente portatore delle mitiche paranze.
Mons. Luigi Moretti è stato semplicemente vittima dei complotti e delle guerre intestine che la Curia salernitana è stata costretta a vivere nel corso degli ultimi anni di colui il quale sembrava essersi avviato verso la consacrazione di “pastore irripetibile e, forse, verso la berretta cardinalizia” in maniera troppo ostentata e sicura, tanto da suscitare le gelosie e le ire di tutti gli altri che ordirono congiure incredibili per delegittimarlo agli occhi del Papa e farlo fuori anche dal seggio arcivescovile di Salerno; questa in sintesi è la storia di Mons. Gerardo Pierro, arcivescovo emerito anch’egli di questa benedetta Curia.
A mezzogiorno di oggi, ripeto, il nuovo arcivescovo Mons. Andrea Bellandi si presenterà al grande pubblico attraverso la stampa; in verità con la sua venuta a Salerno è arrivata anche una novità mediatica mai vista prima d’ora né a Salerno e né nelle tante altre diocesi italiane.
Fermo, impeccabile, tranne un inciampo lessicale, radioso sotto la colonna di Piazza della Concordia che porta sulla sommità la statua della Madonna di Fatima, ha registrato uno spot televisivo di poche decine di secondi per annunciare Egli stesso il suo arrivo in città e per incitare i giovani a ritornare verso la Chiesa. Scelta azzeccata, scelta sbagliata ? lo deciderà il popolo dei fedeli quando riuscirà a conoscerlo meglio; per intanto è doveroso registrare questa assoluta novità sulla quale, però e manco a dirlo, nessun organo di stampa ha acceso i riflettori. E c’è di più; sembra che durante la funzione religiosa in Duomo il nuovo arcivescovo sia stato scortato (come si evince dalle foto) addirittura da un sosia del magistrato Luca Palamara (doverosamente senza barba) o da un sosia del potente magistrato caduto di recente in disgrazia a causa, anche, dei suoi robusti rapporti con la Curia romana; ed anche questo è sfuggito alla stampa locale.
Ma cosa sarà in grado di dire alla città ed ai fedeli il nuovo arcivescovo quando alle ore 12 di oggi salirà sulla pedana gestatoria del salone degli stemmi del palazzo arcivescovile ?
Tutto dipenderà da cosa gli avranno raccontato, sulle “verità da sapere”, in queste ultime settimane, tutti quelli che gli stanno attorno, a cominciare dal suo presunto vicario don Biagio Napolitano per finire al suo portavoce don Alfonso D’Alessio.
Non mi permetto di soffermarmi sulla figura quasi ascetica di don Biagio che conosco da tanti anni e che spesso ho pubblicamente elogiato anche per il suo modo di essere sacerdote; piuttosto voglio accendere i riflettori sulla figura di don Alfonso che, piano piano – lemme lemme e con grande e studiata umiltà, si avvia a “servire” il terzo arcivescovo primate della Chiesa salernitana; gli è davanti soltanto l’ottimo don Comincio Lanzara che, invece, di arcivescovi ne ha serviti almeno quattro e per un arco di tempo molto più lungo del suo erede; un erede che aveva scelto e proposto proprio lui all’attenzione di Mons. Pierro.
è, quindi, in questo momento il personaggio che più di tutti è in grado di riequilibrare e rilanciare le sorti della squinternata chiesa salernitana; ed è il personaggio che più di ogni altro, se vorrà, potrà raccontare al nuovo primate la verità della nostra chiesa, le ingiustizie patite da alcuni personaggi, le congiure ordite da altri, l’ostracizzazione, infine, dell’ultimo grande personaggio salernitano che risponde al nome di don Nunzio Scarano che tanto lustro ha dato alla Curia nostrana e tanto bene avrebbe potuto ancora fare se solo qualcuno dall’interno del palazzo arcivescovile avesse risposto non tanto ai suoi appelli ma alla propria coscienza di uomo, di sacerdote e di vescovo.
Don Alfonso D’Alessio
Don Alfonso, portavoce anche di Mons. Bellandi, racconterà tutto al nuovo primate ? lo sapremo fra qualche ora, intorno alle 12 di oggi, perché di cose da raccontare ce ne sono tante, e per carità moltissime anche buone; e lo capiremo dal modo in cui Mons. Bellandi si rapporterà con la città e con la stampa.
Ho letto con molta attenzione le considerazioni espresse, attraverso il quotidiano “le Cronache” (diretto da D’Angelo), dall’avv. Salvatore Memoli che non solo è un profondo conoscitore delle vicende della chiesa salernitana ma che ha anche toccato con mano la bontà infinita di Mons. Nunzio Scarano nei confronti dei più deboli; e questo il nuovo arcivescovo non potrà far finta di dimenticarlo. Condivido pienamente l’articolo di Memoli in tutte le sue sfaccettature e, per questo, lo ripropongo all’attenzione dei lettori di questo giornale.
Articolo di Salvatore Memoli del 9 luglio 2019 – Le Cronache
L’era Bellandi
É iniziato l’episcopato di Bellandi a Salerno. Avrà molte cose da conoscere, osservare, riflettere, prima di buttarsi con il suo entusiasmo di neofita nel governo di un’Archidiocesi importante del sud, dove tutto puó succedere e tutto é successo negli anni trascorsi. A dire il vero la cerimonia della sua ordinazione ha già detto tutto, un’organizzazione che é stata inadeguata e non all’altezza delle grandi liturgie che si sono sempre tenute nella Cattedrale. I soliti osservatori che si fanno coinvolgere facilmente hanno detto che tutto é stato bello, tutto importante e tutto é andato bene. Tutto bene madama la marchesa! I fatti ci riportano alla mente pochi ma essenziali riferimenti di cronaca ecclesiale, quando ad onorare l’Arcivescovo Primate di Salerno (come un patriarcato!), oggi pur sempre Chiesa Metropolita, si muovevano tutte le Autorità del territorio, i Capitoli Cattedrali, tutti i Sindaci dell’area religiosa, le Confraternite, le Associazioni laicali, il Popolo di Dio, la stampa locale. La stessa stampa locale, anzi le televisioni che avevano chiesto di esserci, invece, sono state escluse a vantaggio di una telecronaca melensa e retorica, priva di elementi rassicuranti per gli ignari telespettatori. Tra sacerdoti e diaconi avremmo dovuto vedere più di 400 persone, per non parlare delle religiose e dei religiosi, gli stessi Sindaci erano una sparuta minoranza, accaldata ed insofferente che gli obiettivi delle telecamere hanno anche inquadrato quando con un gesto di liberazione si sono tolti la fascia e insalutato ospite se la sono data a gambe. Il Capitolo primaziale era disperso nella cattedrale e non presente negli stalli di competenza. Gli stessi cardinali Bassetti e Martino si trovavano confusi tra tutti (viva testimonianza di democrazia dirà il benpensante) e non assistiti come dovuto al loro rango gerarchico e liturgico. Non ne faccio una colpa all’ordinando di tanta sciatteria organizzativa ma certamente deve essere osservato che di volti Salernitani attorno a lui ed in posizione ben visibile non se ne sono visti.
Inappuntabile il Governatore della Campania ed il Sindaco di Salerno, fermi in prima fila senza dare adito a nessuna osservazione dei presenti. La stessa presenza dei Presuli non è stata accolta con le attenzioni (da galateo) non liturgiche che importanti Pastori avrebbero ben meritato. Il resto mi é sembrato uno sforzo notevole di arrivare alla fine senza intoppi, evidenziando pochi momenti emozionanti e toccanti che una liturgia eccezionale deve sciogliere nell’aria. Anche il volto dell’ordinando mi é sembrato perfino inespressivo e attento ad altro! Questa breve cronaca mi attirerà la buona critica di un caro amico che mi ripeterà «sembra che qualcosa non ti piaccia del nostro nuovo arcivescovo». Rispondo che va bene tutto e che comunque non sono le mie osservazioni a creare fastidio ad un così illustre Pastore. Se posso aggiungere qualche motivo alla mia valutazione dirò che come sfugge ai meno addetti che Salerno é una Sede episcopale di seconda o terza nomina, cioé a Salerno sono arrivati Arcivescovi con molti anni di episcopato che in precedenza avevano guidato più di una Diocesi, il che li rendeva autorevoli e meritevoli di attenzione per la ricca storia personale ed ecclesiale. Mons. Bellandi si é presentato più di una volta a Salerno da semplice sacerdote, questo prima non avveniva mai, al massimo le delegazioni canoniche si recavano nella sua residenza per informarlo su tanti aspetti e per accoglierne i desiderata. Dirà il solito semplicione che non cambia niente. Voi credete? Bellandi ha davanti a sé un mandato difficile per come sono complessi e difficili gli atti reali della Chiesa locale, con numerosi malcontenti, con Vescovi mancati, aspirazioni represse, sbilanci nei costi di numerose attività, gestione di un grande Seminario, della Colonia San Giuseppe, della realtà ad isola della pastorale Diocesana, con radio, televisione e giornale che attendono un indirizzo editoriale, ecc. Può la buona volontà e l’entusiasmo sopperire alle mille osservazioni che saranno richieste ad un Pastore che ha fatto il teologo per tutta la vita ed il Vicario generale con un Arcivescovo che dice l’ultima parola? Staremo a vedere. Intanto tra le tante domande che gli hanno fatto nessuno gli ha chiesto: quante ore al giorno prega? Non é irrilevante, perché la ricostruzione di questa Chiesa si fa con questa malta. Gli argomenti dell’emergenza sono finiti e la Diocesi registra un passo lento da alcuni lustri. Per volare ci vorrà tempo, per sognare occorrono segni profetici forti che non tutti hanno potuto cogliere, in questo preparativo di una buona stagione ecclesiale.