Aldo Bianchini
SALERNO – In passato ho scritto diverse volte e sempre in piena libertà delle cosiddette “quote rosa”, e l’ho fatto sempre con la giusta misura etica e deontologica tenendo ben presente di appartenere alle mai legiferate, e quindi inesistenti, “quote azzurre” delle quali ci sarebbe tantissimo bisogno in un mondo quasi interamente sommerso dal colore rosa, dove l’azzurro diventa sempre più sfumato all’orizzonte.
Ritorno a parlare delle “quote rosa” perché a tanto stimolato da un intervento sul quotidiano “le Cronache” del 1° giugno 2019 dell’ottimo avvocato matrimonialista Luciano Provenza (ma anche giornalista e scrittore, creatore del notissimo salotto gastronomico e autore, tra l’altro, del libro “La bolletta” recentemente presentato al pubblico).
Riprendere e riportare qui tutto ciò che ho scritto sarebbe impresa impossibile; mi piace riproporre, però uno stralcio dell’articolo che scrissi il 12 marzo 2014 all’indomani del timido tentativo di bocciatura in Parlamento delle cosiddette “quote rosa” poi, comunque, riprese nella nuova legge.
- — … non intendo addentrarmi nel problema di fondo della “rappresentanza al femminile”. Non lo faccio innanzitutto perché ritengo che la “parità di genere” debba essere più il frutto di un pensiero culturale maturato nel Paese che un diktat legislativo. E poi non lo faccio perché non vorrei cadere preda delle grinfie di qualche “scatenata femminista” che nel suo orizzonte non vede altro che la lotta armata contro quello che una volta, tantissimo tempo fa, era considerato il sesso forte. Faccio, però, una constatazione logica e, credo, anche legittima: oggi come oggi il Parlamento è rimasto l’unico luogo (unitamente all’esercito ed alle forze dell’ordine) in cui c’è una maggioranza al maschile. Se sia giusto continuare a mantenere questo avamposto maschile lo lascio giudicare, secondo coscienza, alle singole lettrici ed ai singoli lettori. Credo, comunque, di non sbagliare se affermo che in tutto il resto del “Bel Paese” non c’è la parità di genere ma la sicura maggioranza al femminile, comunque e dovunque; se ognuno di noi si guarda intorno si renderà facilmente conto che in ogni ambito professionale le donne sono in maggioranza rispetto agli uomini: magistratura, avvocatura, scuola, pubblico impiego, ecc. ecc. Per non parlare del giornalismo che è il settore che conosco meglio in questi ultimi anni e nel cui ambito muovo i miei passi da qualche decennio. Ieri mattina ho acquistato tutti i quotidiani locali di carta stampata (Il Mattino, La Città, Cronache del Salernitano, Corriere del mezzogiorno e Metropolis) ed ho avuto la conferma del mio pensiero con la constatazione che il 75% delle firme in calce agli articoli è al femminile. Non parliamo, poi, della televisione dove le donne ormai rasentano forse il 90% di presentatrici, conduttrici, giornaliste, tele giornaliste, inviate speciali ed anche “inviate di guerra”; le donne sono scatenate e sono davvero presenti dappertutto. Ricordo l’episodio, alcuni anni fa, del collega Nico Piro (inviato Rai in Afghanistan) che grazie al fatto di trovarsi in quel posto nel periodo di ferragosto riuscì a sconvolgere la geografia delle inviate (che erano tutte in ferie!!) ed ha sfoderare alcuni servizi eccellenti su un attentato in danno dell’esercito italiano; e Nico (che aveva cominciato con me a TV Oggi, e poi mi aveva seguito brevemente a Quarta Rete Tv, il mestiere di giornalista !!) fu anche premiato per questo. Nei giorni successivi accadde l’ira di Dio; le scatenate inviate di guerra lasciarono subito le loro vacanze, i mariti, i figli, i compagni e gli amanti per correre immediatamente sul fronte e far fuori il povero e malcapitato Piro che nel giro di tre giorni scomparve letteralmente dagli schermi Rai. Quello di Piro naturalmente è solo un esempio e, forse, solo un caso, ma provate ad accendere a casa i vostri televisori e vedrete se non ho ragione … Importante quello che ha detto una signora capitolina ai microfoni della Rai: <<Le donne nel Paese sono la maggioranza rispetto agli uomini, perché questa maggioranza non si riflette nelle urne ?>>. Giustissimo !! Sarebbe sufficiente per le donne recarsi alle urne e democraticamente invadere anche il Parlamento; la democrazia non ha bisogno delle leggi e delle forzature per imporsi, basta il voto; così come le donne che hanno studiato per primeggiare nei concorsi ed occupare i posti di prestigio meritatamente non hanno avuto bisogno di una legge che prevedesse la parità di genere in magistratura, nella scuola o in tante altre professioni … —.
Ma a questo punto è giusto e doveroso dare ampio spazio al notissimo avvocato Luciano Provenza che ha scritto, ripeto, un pezzo davvero molto significativo sulle “quote rosa” per conto del quotidiano salernitano “le Cronache”, un pezzo pubblicato in prima pagina sabato 1° giugno 2019:
- Da qualche anno in Italia è entrata in vigore la legge che riconosce la presenza obbligatoria delle donne nelle liste elettorali, nei consigli di amministrazione, nelle giunte comunali ecc. ecc. La norma, vigente anche in altri Paesi europei, ha l’intento di garantire una percentuale di un terzo a favore delle donne. Io non so se negli altri Paesi europei il “maschilismo” abbia reso necessario questo provvedimento; posso dire, però, che in Italia ha prodotto effetti negativi, in primis nei confronti delle donne stesse. Nella nostra bella Italia, infatti, molto tempo prima che la norma entrasse in vigore, le donne avevano già ricoperto ruoli di prestigio. Nella scuola, ad esempio, il ruolo di Dirigente da qualche anno è sempre più “femminile”; allo stesso modo nella Giustizia, “le giudici” sono numerosissime. Ebbene, queste donne, vincitrici di un concorso, non hanno avuto necessità di avvalersi del privilegio della quota rosa per conseguire posizioni di rilievo. Nella politica la regola della quota rosa talvolta crea effetti aberranti. Basti pensare alla ricerca spasmodica delle donne da inserire nelle liste, ad esempio, per le elezioni comunali. Addirittura, il mancato rispetto della percentuale rosa riduce obbligatoriamente anche il numero degli uomini. Il più delle volte si inseriscono donne che partecipano solo formalmente alla campagna elettorale, ma di fatto non hanno alcuna intenzione di fare politica. Per fare politica devi avere passione, vocazione ed interesse. Ci sono donne che, pur senza l’agevolazione della quota rosa, si sono messe in competizione ed hanno vinto. In Italia abbiamo esempi di Sindaci donne capaci ed energiche. Anche in Parlamento non mancano esempi di deputate straordinarie. Il voler imporre per forza la presenza delle donne in politica avvantaggia spesso donne poco capaci ed inesperte, che, senza alcun merito, accedono a ruoli amministrativi prestigiosi. Questa Legge, a mio giudizio, penalizza le donne intelligenti, capaci, e determinate, che hanno personalità ed autonomia di pensiero, a vantaggio proprio di “signore inquietanti”, che hanno, invece, nel proprio curriculum solo l’appartenenza al gentil sesso. Il potente di turno preferisce avere nel gruppo una donna obbediente, ossequiosa ed incapace, piuttosto che una vera “politica”. Così nelle campagne elettorali qualche donna spesso viene strumentalizzata a vantaggio di questo o quel candidato, mentre altre donne, capaci e volitive, devono sudare per conseguire un seggio. Per non parlare della composizione delle giunte esecutive. Spesso si nominano assessore donne che non hanno nemmeno partecipato alle elezioni, o ancora, nei consigli di amministrazione, la scelta ricade su donne che servono solo ed esclusivamente per rispettare la percentuale minima prevista dalla Legge. Io penso che le donne abbiano, rispetto agli uomini, una maggiore sensibilità ed una elasticità mentale invidiabile e ben possano ricoprire ruoli amministrativi e politici di prestigio; con questa legge, tuttavia, si dà la possibilità agli uomini potenti di scegliersi le peggiori!