Angelo Giubileo
Un’analisi corretta del voto europeo deve tenere conto sia dell’ottica del voto in chiave europeista sia dell’ottica del voto in chiave nazionalista, e questo perché – sia detto espressamente – sono i capi di stato e di governo dei paesi membri, mediante i 28 rappresentanti della Commissione, a determinare in concreto le scelte della politica comunitaria.
All’esito del voto, che ha rappresentato un esaltante successo, per sé e il partito peraltro più longevo presente oggi in Italia, Salvini ha dichiarato ed evidenziato innanzitutto che: “C’è un mio omonimo che vinse le Europee con il 40% e poi perse il contatto con la realtà. Quindi, piedi per terra”.
La spiegazione dell’accaduto è in questa brevissima ma oltremodo significativa frase. Mentre la sinistra, e in genere possiamo anche dire il Pd continua a proporre e fare esercizi dialettici che collidono aspramente con la realtà quotidiana, Salvini e le altre forze cosiddette sovraniste continuano a conquistare territori ed elettori, fino al punto che quasi non desti sorpresa il fatto che al nord poco meno di un elettore su due (40,86%) abbia votato per la Lega, nel centro sia stato un elettore su tre (33,45%), nel sud all’incirca un elettore su quattro (23,46%) e così nelle isole (22,42%).
Ritengo che siano incorse soprattutto due ragioni che abbiano reso compatibili entrambi gli scenari, nazionale/i ed europeo, e abbiano quindi spinto gli elettori, in Italia, a compiere la scelta nazionalista ed europea di Salvini (e della Lega): il contrasto sia alle politiche d’immigrazione che alle politiche di compatibilità di bilancio.
In Italia, queste scelte sono state operate in netto contrasto con le politiche viceversa del Pd; che, anche dopo l’esito di questo voto, sembra ancora sostenere la necessità di rispettare i vincoli europei di bilancio e una politica d’immigrazione che dentro e fuori il paese riduca quello che Prodi ha definito “fossato sociale tra la parte più ricca e quella più povera del paese”. Strategia che, viceversa, non ha fatto altro che alimentare la contesa tra quelle che di fatto sono diventate le parti più povere del paese, e cioè quella che Prodi definisce “la parte più povera” degli italiani e la parte più povera degli immigrati.
Con la formazione del nuovo Parlamento europeo, rispetto al passato si renderà necessario un allargamento della maggioranza di governo che è stata del PPE e del PSOE, probabilmente sia ai liberali dell’ALDE che ai VERDI, se s’intende davvero proseguire e consolidare il percorso dell’Europa comunitaria.
E allora, in una maniera che potrebbe sembrare paradossale, l’ingresso dei VERDI in maggioranza favorirà le istanze di Salvini e del fronte europeo sovranista, che conta su circa 150 parlamentari di diverse importanti nazioni quali, oltre l’Italia, Gran Bretagna, Francia e i paesi dell’est riuniti nel patto di Visegrad. Infatti, i VERDI, che hanno riportato uno storico e ampio successo in Germania, sono contrari alla politica europea finora adottata dei rigidi vincoli di bilancio e soprattutto di questo vorranno discutere nel nuovo Parlamento e con i rappresentati della nuova Commissione.
In ogni caso, il risultato finale del voto è che i mercanti del tempio” di Bruxelles saranno ora costretti a rivedere la strategia operata finora, ma i cui segnali d’indebolimento erano però visibili e presenti già da qualche tempo, e cioè almeno dall’arrivo al potere negli USA di Donald Trump e dei nuovi mercanti statunitensi, contrari all’avanzamento della Cina e in qualche modo per così dire scettici, a torto o a ragione secondo i diversi fatti (e non le diverse opinioni), circa l’avanzamento dell’Europa.
Parafrasando Humprey Bogart nel celebre film “L’ultima minaccia” di Richard Brooks, potremmo dire: E’ il mercato bellezza! Ma, non diremmo abbastanza. Perché i fatti rivelano che occorre piuttosto dire: E’ la realtà bellezza!