Aldo Bianchini
SALERNO – Ancora una volta mi tocca prendere spunto da un articolo di approfondimento, firmato dall’avv. Salvatore Memoli (noto manager e politico della Città) e pubblicato da “le Cronache” del 14 maggio 2019 sotto il titolo di “Bellandi: una chiesa che volta pagina”, per cercare di ampliare l’analisi fatta da Memoli e, possibilmente, per andare oltre.
Difatti Salvatore Memoli, che è stato ed è un protagonista assoluto dei fatti di Salerno e provincia, con i suoi commenti non pretende mai di scrivere la storia di questi ultimi decenni ma avvia dei percorsi di riflessione dentro i quali far nascere e crescere dibattiti costruttivi.
Parto dall’ultimo capoverso della riflessione di Salvatore Memoli, quando riferendosi all’arrivo del nuovo arcivescovo, il sacerdote Andrea Bellandi, che “a divinis” è stato indicato come vescovo e subito come arcivescovo (due cariche ancora tutte da consacrare) scrive: “Comunque decida di fare per il suo ingresso nella millenaria chiesa di Salerno, noi gli esprimiamo la nostra stima e il nostro rispetto e attendiamo da lui che ci sia l’unica svolta possibile: una chiesa viva e presente, unita e maestra di verità. Una chiesa che volta pagina e ricomincia a fare la sua parte !”.
Sinceramente non so come andrà a finire anche con questo nuovo arcivescovo che si è auto concesso il privilegio di venire a Salerno in visita segreta (una visita che in verità era stata annunciata da Moretti !!) prima ancora di essere consacrato e prima del suo ingresso ufficiale, la mia sensazione è che ci troviamo di fronte ad un atteggiamento tutto politico della Chiesa di Francesco, orribilmente divisa dalla difficile coesistenza di due Papi, che invia a Salerno un suo emissario personale per dirimere tutti i contrasti interni che negli anni hanno prodotto due arcivescovi emeriti (uno andato via da poco, Moretti, e l’altro, Pierro, da una decina di anni; e poi ce n’è un altro poco conosciuto, il cui nome sfugge ai più ma c’è, anch’egli operante sul territorio con una linea di pensiero ben precisa e diversa da quella degli altri due); una Chiesa salernitana che avrà nei prossimi anni un arcivescovo, Bellandi (ancora da consacrare), e ben tre arcivescovi emeriti. Sinceramente mi sembra un po’ troppo, senza dimenticare che sempre sul territorio salernitano c’è ancora la presenza di un cardinale emerito Renato Raffaele Martino che, comunque, non nasconde la sua azione sull’intera arcidiocesi in netto contrasto con le linee generali imposte dal Papa gesuita che, badate bene, fu scelto come vescovo di Buenos Aires da un altro cardinale salernitano Antonio Quarracino (primate della Chiesa argentina e zio diretto di don Nunzio Scarano, il sacerdote brutalizzato anche per colpa dell’inerzia della chiesa di fronte alle lotte di potere che a Salerno hanno trovato la loro sedimentazione più obbrobriosa). La pelle si accappona se si pensa soltanto a quanto sta accadendo nel “Dignitatis Humanae Institute” con il siluramento dalla presidenza del cardinale Martino, un siluramento voluto (si dice !!) addirittura da Steve Bennon (l’uomo più potente degli USA) schierato apertamente con Papa Benedetto XVI e contro Papa Francesco per macroscopici interessi economici legati anche al “sanguinoso conflitto” contro l’islamofobia invadente (ma di questo cercherò di occuparmi nei prossimi articoli).
Un bel guazzabuglio di cariche incrociate e, soprattutto, di linee operative completamente diverse. Ebbene su tutto questo arriva a Salerno un sacerdote, da consacrare prima vescovo e poi arcivescovo, senza sapere con quale compito viene e quali iniziative dovrà intraprendere se è vero, come è vero, che l’uscente arcivescovo Mon. Luigi Moretti ha fallito il suo compito su tutta la linea operativa in quanto non è stato mai capace di integrarsi con la città e di disciplinare tutta la classe sacerdotale che da tempo è impegnata in furiose battaglie di potere.
Se è vero che Luigi Moretti fu spedito a Salerno, forse anche contro la sua volontà, per liquidare e spazzare via tutta la linea operativa di Mons. Gerardo Pierro, è anche vero che, pur essendo riuscito a spazzare via quel modo di procedere, è caduto nella trappola dei persecutori di Pierro ai quali l’arcivescovo Moretti ha praticamente consegnato la Chiesa salernitana senza alcuna possibilità di interloquire con essi che, probabilmente, lo hanno dominato fin dal primo momento nascondendogli scientemente il vero stato delle cose.
Ero presente il giorno 4 maggio 2019, sabato, alla conferenza di commiato di Mons. Moretti; in quella occasione pubblica mi è apparso come un uomo solo, già abbandonato da tutti quelli che lo avevano voluto e che ora sono impegnati nella ricerca delle nuove alleanze per occupare velocemente i posti di potere che verosimilmente si apriranno al momento dell’arrivo di Mons. Bellandi.
Peccato che il tutto avverrà sull’onda di una spregiudicatezza senza fine, senza alcun rispetto delle tradizioni sublimi di un recente passato richiamate da Salvatore Memoli nel suo approfondimento; peccato che ancora una volta non avremo, forse, una Chiesa viva e presente, unita e maestra di verità; una Chiesa che volta pagina e ricomincia a fare la sua parte.
Non ci saranno novità positive, dunque, ma soltanto brutte conferme di una Chiesa salernitana ormai da troppo tempo allo sbando e senza una guida serena, illuminata ed illuminante; a meno che qualcuno, preso da un riverbero di coscienza, non decida di raccontare al nuovo arcivescovo la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità.
Solo per la cronaca, in una sorta di amarcord, è giusto ricordare l’arrivo di Gerardo Pierro a Salerno; non fosse altro che far capire che se il 4 maggio 2019 Moretti mi è apparso solo e sconsolato, quel giorno dell’arrivo Pierro mi apparve invece osannato da molti e inebriato dal potere terreno che si affrettarono a dargli tutti i grandi dell’epoca.
- Il 12 maggio 1992 arriva a Salerno l’arcivescovo Gerardo Pierro, vicinissimo al gran visir Ciriaco De Mita, e tutti credono e sperano in una fase di ammorbidimento dell’azione giudiziaria. In Piazza Amendola ci sono tutti quando Vincenzo Giordano consegna al presule le chiavi della Città: Ciriaco De Mita, Paolo Del Mese, Carmelo Conte, Paolo Cirino Pomicino, Clemente Mastella, Gerardo Bianco, Salverino de Vito, Nicola Mancino, Giuseppe Gargani, Ivo Russo, Guglielmo Scarlato e tanti altri politici e politicanti. La valutazione generale, ed anche giornalistica, di quella giornata e di quel periodo fu di una presunta ritrovata serenità di rapporti trai leader politici più forti nell’ambito di una “pace” siglata giusta in tempo per evitare disastri. Ma i mesi successivi ci dissero che non fu così.