Aldo Bianchini
SALERNO – La domanda è: “II lavori di costruzione di Piazza della Libertà e del Crescent sono diventati la mamma di tutte le tangenti salernitane o sono invece il giocattolo su cui sbizzarrirsi con fantasiose elucubrazioni ed inutili inchieste giudiziarie ?”.
Alla resa dei conti, che è bene precisare non sono ancora definitivi e totali, sembrerebbe prendere il largo l’ipotesi di un inutile e dispendioso accanimento giudiziario contro l’amministrazione comunale di Salerno, rea di aver ideato, progettato e tentato di realizzare opere pubbliche importanti ed utili da un lato e, forse, faraoniche ed inutili dall’altro. Ovviamente ognuno è libero di pensarla come vuole; a me, ad esempio, il Crescent non piace perché mi appare solo come una grande speculazione edilizia, mentre sono in favore di una grande piazza capace di accogliere le varie esigenze aggregative e culturali della città e della provincia con la garanzia di centinaia e centinaia di posti auto con parcheggio pubblico a basso costo.
Ma da qui ad ipotizzare che per ogni cosa, anche quando si deve sostituire una mattonella, possa esserci stata o potrebbe esserci il passaggio di una tangente, di un favoritismo, di uno scambio elettorale, di un accordo politico-mafioso, mi sembra davvero fuori dalla realtà che non è limitata al periodo dell’impero della dinastia deluchiana ma viene dal profondo passato, almeno dall’immediato secondo dopoguerra.
Del resto le inchieste storiche del passato, a cominciare da quelle di tangentopoli, non hanno mai avallato l’esistenza di una criminalità diffusa e pervasiva in grado di far sprofondare nelle battaglie più becere gli interessi contrapposti delle grandi famiglie salernitane che, per un motivo o per l’altro, restano fuori dai grandi giochi di interesse economico-finanziario-imprenditoriale-politico che qualche volta si aprono anche ad infiltrazioni di carattere malavitoso.
Insomma la classe dirigente di Salerno e provincia in realtà non è mai stata, forse, come venne descritta in una ordinanza giudiziaria del 21 sett. 1992 dall’allora Gip Mariano de Luca:
“”Non può, dunque, sottacersi che i fatti di causa costituiscono una delle non frequenti occasioni offerte alla giustizia per far luce sulla oscura e desolante realtà che sovente si annida nelle pieghe lo squallido sottobosco che rigoglia ai margini del sistema istituzionale è nella vicenda processuale esemplarmente rappresentato e mostra, con la forza protervia dei fatti, come l’abbandono di ogni principio morale, il disprezzo verso i valori fondamentali della vita associata, il miope egoismo che tutto subordina al tornaconto personale siano ampiamente diffusi, sovente elevati a sistema di vita e tendenzialmente suscettibili di attentare alla stessa sopravvivenza dello stato di diritto, non meno di fenomeni delinquenziali assai più appariscenti ed eclatanti. Lui elementi probatori fin qui acquisiti, confermando puntualmente l’ipotesi accusatoria, hanno evidenziato non soltanto come protervia e scadimento morale possano indurre a ritenere fatto normale e fisiologico l’appropriazione privatistica di apparati e sistemi predisposti a tutela di interessi generali e collettivi, ma anche come ad una concezione così distorta non siano estranei professionisti stimati e di prestigio, esponenti di categorie cui certo non difettano gli strumenti per una corretta valutazione di simile forma di devianza … La prognosi comportamentale non può, dunque, che essere infausta””.
In effetti i processi celebrati dal 1992 ad oggi non hanno quasi mai suffragato la suggestiva tesi del dr. De Luca, una tesi che comunque descriveva alla perfezione quello che era il comune pensiero di quel tempo; ma per arrivare alle condanne bisogna accompagnare ai semplici pensieri anche le prove provate, altrimenti facciamo soltanto esercizi filosofici senza alcun costrutto giudiziario, con grave dispendio di risorse economiche pubbliche che nessuno mai rimetterà più nelle casse dello Stato.
Per ritornare all’argomento centrale di oggi sembra che Piazza della Libertà da qualche anno a questa parte sia al centro dell’attenzione giudiziaria della circoscrizione salernitana, quasi come se nella piazza e sulla piazza ci siano state le grandi spartizioni del potere e dei soldi. Sui lavori di realizzazione della piazza sono stati indagati e reindagati amministratori, politici, tecnici (pubblici e privati), associazioni di imprese e semplici imprenditori con modestissimi risultati giudiziari a fronte di spese macroscopiche.
Ora, dopo la recente indagine a carico dei soggetti che a vario titolo hanno partecipato alla pavimentazione della piazza, è pesantemente entrato sulla scena Ciro Barba, noto imprenditore e politico nocerino, al quale la Procura ha sequestrato preventivamente beni per complessivi un milione e mezzo di euro. Una nuova bolla di sapone ?, vedremo e capiremo.
Probabilmente anche stavolta la “prognosi comportamentale” non sarà tanto infausta.
Trovo più che pertinente il dubbio espresso dal dr. Bianchini circa la natura di Piazza della Libertà:
madre di ogni tangente o piuttosto palestra per l’esercizio di giochi di fantasia e di inchieste giudiziarie inutili??
Per quanto finora accaduto sembra opinabile il giudizio sulla veridicità dell’una o dell’altra proposizione. Successivi passi conseguenti ad altre attività giudiziarie ancora in divenire potranno consentire una più puntuale decifrazione dei fatti accaduti.
Per una succinta descrizione dei fatti, anche la realizzazione della piazza e del retrostante edificio semicircolare Crescent non è sfuggita alla regola aurea … vigente in Italia: opposizioni di varia natura capaci di rallentare all’inverosimile il progredire dell’impresa.
Fin dalla presentazione del rendering del progetto e della successiva esposizione di un modello rappresentativo del complesso, sono apparse numerose critiche. Sotto accusa le tecniche di esecuzione, l’estetica, il paesaggio e l’ambiente deturpati, norme e procedimenti regolamentari aggirati, equilibrio idrogeologico alterato, ecc.
Inevitabile l’approdo della vicenda nelle aule giudiziarie, dove comunque, dopo i previsti dibattimenti e i consueti lunghi tempi procedimentali, si è pervenuti ad uno stadio conclusivo, liberatorio per la ripresa dei lavori.
Eppure il complesso, come già appare ora benchè non terminato, rappresenta sicuramente una riqualificazione di tutta l’area che nulla ha più a che vedere con il passato.
Negli anni cinquanta e seguenti c’era un porto di dimensioni minimali, alcuni stabilimenti semindustriali e artigianali, una spiaggia libera e male tenuta, depositi e capannoni. Poi sopavvenne il degrado e l’area divenne sede di attività illecite e off limits.
In tale stato, non poteva continuare a convivere con gli insediamenti situati nelle vicinanze a qualche centinaia di metri di distanza: edifici di prestigio quali il Teatro Verdi, il Palazzo di Città, la Prefettura, la Questura, l’inizio del Centro Storico, la Villa Comunale, ecc.
È plausibile che chi si opponeva lo facesse perchè nostalgico dello status quo ante??
Risulta ancora da notizie di stampa che nuove istanze, in parte ripetitive, e presumibilmente seguite da ulteriori strascichi con la magistratura terranno ancora in vita certi contenziosi.
A questo punto, se continua a sopravvivere il clima evocato dal magistrato in questo articolo, non è da escludere la possibilità che si debba proporre un nuovo dilemma:
La “prognosi comportamentale” deve essere FAUSTA o INFAUSTA??