ALIBERTI: PROCESSO SARASTRA, PARLA IL PENTITO ALFONSO LORETO: “Ci fu un patto con il Sindaco Aliberti”, ma si contraddice. Diego Chirico si avvale della facoltà di non rispondere

 

 

 

di Manuel Moliterno

 

NOCERA INF. – L’udienza del 10 aprile del processo “Sarastra” in corso nell’aula Marcello Torre del Tribunale di Nocera Inferiore è iniziata con la convocazione del teste avv. Diego Chirico, che in quanto indagato in procedimento connesso anche per lo stesso reato di scambio elettorale politico-mafioso ha deciso, in quanto suo diritto, di avvalersi della facoltà di non rispondere.

A questo punto, è proseguita la testimonianza del collaboratore di giustizia Alfonso Loreto in collegamento in video-conferenza dal sito riservato ove, in quanto collaboratore, il Loreto sotto protezione.

Alle domande dell’avv. Silverio Sica, difensore dell’ex Sindaco di Scafati Angelo Pasqualino Aliberti, il Loreto ha chiarito che delle società srls formalmente era amministratore solo il Loreto stesso, ma sostanzialmente i proventi erano divisi con gli altri “soci” del clan, ovvero i Ridosso. Gli è stato poi chiesto se per la campagna elettorale per le elezioni comunali del 2008, il clan Loreto/Ridosso sponsorizzasse la candidatura di Lello Lupo, ma il collaboratore ha chiarito che lo aiutassero “per amicizia, non come clan, non fecero ufficialmente campagna elettorale, non intercorse alcun patto elettorale con Lello Lupo”.

È stato nuovamente sviscerato l’aspetto del “pensiero del clan di incendiare il camper del sindaco Aliberti”: il collaboratore ha chiarito che in quell’anno, 2008, il clan stava iniziando “ad affacciarsi alla politica”, da “voci di popolo vennero a sapere che i Sorrentino sponsorizzassero la campagna elettorale degli Aliberti” e quindi “avevano intenzione di dimostrare agli Aliberti chi fosse il clan predominante a Scafati, ovvero il clan Ridosso/Loreto e non i Sorrentino (detti i campagnuoli). È stato poi chiarito davanti al Tribunale la circostanza che non è possibile che avessero avvistato nel 2008 il fratello dell’ex Sindaco Aliberti, Nello Maurizio Aliberti, insieme ad un appartenente della famiglia Sorrentino, Sebastiano Sorrentino, perchè quest’ultimo morì nel lontano 2004, anche se sul punto Loreto ha detto di non aver mai visto in prima persona il predetto Nello Aliberti in macchina insieme al Sorrentino, ma solo in un’occasione presso una macelleria a S. Pietro, dunque ha ammesso la probabile dichiarazione errata sul punto.

L’attenzione a tal punto si è focalizzata sull’incontro presso l’abitazione di Aliberti pre-campagna elettorale del 2013, in cui si sarebbe recato Andrea Ridosso e in cui si sarebbe parlato dell’idea di appoggiare di Aliberti, ma egli rispose che la candidatura di Andrea Ridosso non sarebbe stata possibile “per via del suo cognome”, che era comunque “Ridosso” anche se non “appartenente al gruppo criminale perchè persona incensurata, UN BRAVO RAGAZZO, LAUREATO E SPECIALIZZATO”, e dunque “i giornali avrebbero potuto per questo attaccarlo”. Conseguentemente Aliberti gli propose di operare una dissociazione pubblica dalla sua famiglia. Loreto comunque non è riuscito a collocare temporalmente tale primo incontro presso l’abitazione dell’Aliberti, dichiarando semplicemente che “forse avvenne poco prima le elezioni”, anche se la difesa ha fatto notare che nel suo interrogatorio davanti al P.M. del 23/02/2016 durante le indagini preliminari parlò “di molti mesi prima, ADDIRITTURA NATALE DEL 2012”. Il presunto primo incontro tra Andrea Ridosso e Aliberti, dunque, neanche durante il dibattimento ha ricevuto una collocazione temporale precisa e questo aspetto non è stato chiarito. Ha poi chiarito che, comunque, a questo primo incontro Andrea Ridosso “non andò a parlare con il Sindaco Aliberti per conto del clan, ma per suo conto: non parlò neanche del clan, e che non si parlò neanche del presunto appalto o appalti da offrire in cambio al clan”. Dunque, questo aspetto fondamentale per il processo è stato chiarito: al primo incontro non si parlò di un accordo politico-mafioso, nè di una contropartita che il clan avrebbe dovuto avere, ma solo di un eventuale sostegno elettorale. Il Loreto ha detto che “l’affidamento dell’appalto, concretamente, fu concordato molto tempo dopo”, ma non ha saputo affatto stabilire quando. “Ma allora quali erano i termini del patto?!”, questa la domanda specifica ed assolutamente fondamentale dell’avv. Sica. Il Loreto ha risposto solo “Che noi potevamo portare molti voti”, ma questo giuridicamente è necessario per configurare il reato di scambio elettorale politico-mafioso? Secondo Loreto, però, anche se i termini del patto non furono concretizzati prima delle elezioni, “il patto comunque fu chiaro”, anche se esso allora sarebbe stato sottinteso. Oltretutto, ciò rappresenta una espressa contraddizione anche con quanto riferito dal Loreto in dibattimento alla scorsa udienza alle domande del P.M., in cui disse che “Aliberti accettò il patto, e che si sarebe impegnato a corrispondere uno o più appalti nonchè a far crescere lavorativamente Andrea Ridosso”. Solo successivamente alla candidatura di Roberto Barchiesi, “Luigi Ridosso avrebbe riferito di aver individuato il grosso appalto”. “Ma entro quanto tempo sarebbe dovuto arrivare?”, espressa domanda dell’avv. Sica. “Non fu dato un termine specifico, di sicuro entro il termine del mandato del Sindaco”: ennesima contraddizione con quanto riferito nei suoi interrogatori durante le indagini preliminari, perchè nel secondo interrogatorio disse che “il termine fu stabilito e fu quantificato di un anno”. Ma perchè Aliberti avrebbe accettato l’aiuto del clan? “Perchè aveva paura di perdere”, ma allora a tal punto sorge una domanda che anche la difesa ha posto al testimone: ma allora, nella percezione del clan, Aliberti era un vincente o un perdente?

È stato poi chiarito anche un altro aspetto che qualificherebbe tale patto elettorale quanto meno “sui generis”, a parere della difesa: il clan avrebbe sostenuto sia la candidatura di Barchiesi, sia quella di Umberto Di Lallo. Ma il Di Lallo sarebbe stato all’oscuro di questo “sostegno elettorale”, come ne sarebbe stato all’oscuro il Sindaco Aliberti, il quale, sempre secondo il Loreto, accettò i termini del patto solo per quanto riguarda la candidatura di Roberto Barchiesi come sostituto della candidatura di Andrea Ridosso. Il pensiero del clan fu “riscuoteremo la contropartita del patto sia nell’eventualità che verrà eletto Barchiesi, sia nell’eventualità che verrà eletto Umberto Di Lallo”: ma allora, se addirittura la candidatura del Di Lallo esulava dal patto col Sindaco Aliberti ma fu una decisione unilaterale, a che titolo nell’eventualità della elezione del predetto Di Lallo il clan avrebbe potuto pretendere l’esecuzione della prestazione della contropartita?

A questo punto il Loreto ha chiarito i rapporti del clan con Aniello Longobardi: ha chiarito che effettivamente Longobardi fu padrino di battesimo di Romolo Ridosso e per questo si riferivano ad esso con l’appellativo di “compare”, “poi era un ringraziamento per essere vicino a noi in altri modi”, “ci favoriva come persona”, ed ha confermato i rapporti intimi tra Longobardi e Luigi Ridosso. Longobardi, dunque, faceva parte al gruppo delle persone “che favoriva il clan”.

Il Loreto ha detto di non ricordare se il pestaggio di Roberto Barchiesi, che fu eletto consigliere comunale per Aliberti alle elezioni regionali del 2013 come “testa di legno” rispetto ad Andrea Ridosso, avvenne a causa del fatto che non fu capace di imporsi e di far rispettare “il patto”. Ha affermato che forse avvenne a fine 2014 o inizio 2015, anche se alla scorsa udienza del 20 marzo al dibattimento disse che “il discorso dell’ACSE” venne introdotto all’indomani del pestaggio di Barchiesi, ma se il pestaggio di Barchiesi avvenne a fine 2014 o inizio 2015, la nomina all’ACSE di Ciro Petrucci era già avvenuta! Dunque, è stato accertato che su tale tempistica sussiste una imprecisione.

Per quanto riguardo la questione dell’avvicinamento di Pasquale Coppola, effettivamente Loreto ha affermato che aveva accarezzato l’idea di determinare una crisi politica avvicinandosi all’opposizione, e dunque serpeggiò “il pensiero” di avvicinare anche Coppola. Pasquale Coppola nello specifico fu avvicinato in vista delle elezioni regionali del 2015. Addirittura, Loreto nei precedenti interrogatori fece mettere a verbale che all’epoca si disse “MANNAMM’ A CHIAMMA’ A COPPOLA”. Effettivamente, per quell’occasione parlarono con Coppola. Inoltre, Barchiesi revocò le dimissioni e rientrò in consiglio comunale senza l’assenso del clan, ma come è possibile se il clan incuteva timore?.

Per quanto riguarda l’appalto del verde pubblico, è stato affermato che si trattava probabilmente di un appalto pubblico per circa 13 mila euro, dunque “compenso troppo misero”. Però poi inspiegabilmente effettuarono servizi di pulizia presso i locali dell’ACSE per la metà di quella cifra, ma questo solo perchè “Luigi Ridosso andava tutti i giorni da Loreto dicendo che avrebbe gestito lui l’affare perchè avrebbe fatto qualcosa di grosso”.

A questo punto, (e anche questo è molto importante ai fini del procedimento, perchè dimostra che forse potrebbero avvenire in futuro ulteriori sviluppi investigativi estesi ad altri soggetti) è stato tirato in ballo la figura dell’assessore Raffaele Sicignano. Loreto ha affermato di conoscerlo ma che “non intercorse mai nessun rapporto economico”, o quanto meno “di non ricordare”. Effettivamente però nel primo interrogatorio del 23/02/2016 Loreto davanti al P.M. dott. Russo della DDA di Salerno parlò di Sicignano, e pare che fece intendere che intercorrevano presunti rapporti economici con quest’ultimo: Loreto al dibattimento ha affermato di non ricordare, ma di non poterlo escludere e quindi di non poter smentire quanto affermato in quell’interrogatorio.

È stato contestato al Loreto da parte della difesa un aspetto fondamentale: egli ha confermato che Ciro Petrucci dapprima incontrò Loreto, e poi venne nominato all’ACSE “nel giro di pochissimi giorni” tramite Longobardi dopo quell’incontro: Petrucci, così come risulta dai verbali del Cda dell’ACSE, venne nominato il 16/09/2014: come avrebbe fatto il Petrucci ad incontrare Loreto “pochi giorni prima della nomina” se in quel periodo lo stesso Loreto era ristretto in detenzione carceraria prima a Salerno e poi a Frosinone, da come risulta da informative della D.I.A. presenti negli atti di altri procedimenti? Come è possibile che il Loreto diede istruzioni a Petrucci? Forse Petrucci e Ridosso si recarono in carcere a far visita a Loreto? Questo non risulta. Ed intanto Loreto era detenuto da due mesi prima della nomina di Petrucci all’ACSE. Sul punto, il testimone collaboratore di giustizia ha dovuto ammettere che “forse c’è stato un errore da parte sua”.

Loreto ha poi chiarito che, oltre a rapporti amicali di Aliberti con le imprese funerarie, non ha mai rilevato alcuna concretezza di rapporti di altra natura tra l’ex Sindaco e queste ultime.

Per quanto riguarda le elezioni regionali del 2015, il collaboratore ha affermato “che erano scettici ad appoggiare la Paolino” e che “quindi organizzarono il comizio per Pasquale Coppola” presso le case popolari a Mariconda: se ne occupò Dario Spinelli. Non è stato però ben chiaro se il clan, ed in particolare i vertici del clan, al comizio veicolarono l’ordine di votare Pasquale Coppola.

Per quanto riguarda la riunione per la Paolino, è stato chiesto se fosse pubblica. Loreto ha dichiarato “che era una riunione in una abitazione privata (abitazione di Anna Ridosso), ovvero in un piazzale nei pressi del campo sportivo”, e che tale piazzale fa parte di una abitazione privata e quindi non è visibile dall’esterno. I partecipanti furono coinvolti e scortati sul posto. Loreto effettivamente però non è a conoscenza che ci furono messaggi di invito (centinaia, per l’appunto) veicolati via Facebook.

Gli è stato poi chiesto se conoscesse Giovanni Langella: Loreto ha risposto positivamente e che in quel periodo quest’ultimo protestò per il danaro veicolato, a suo dire, da suo cugino Pasquale Coppola. “Ci disse che Coppola aveva dato un piccolo compenso a Spinelli”.

L’avv. Cardiello che difende Monica Paolino ha chiesto a Loreto “chi gli avesse riferito che era sufficiente una settimana per costituire delle società”. Loreto ha sempre riferito che era Luigi Ridosso ad occuparsi e gestire tali faccende. Gli è stato poi chiesto “quali appalti potessero essere affidati alla Italy Service e alla Italia Service”: Loreto ha risposto che tutti gli appalti potevano essere affidati, ma di non sapere se nello statuto fosse prevista la possibilità di avere affidamenti dal comune, e che comunque le informazioni e modalità di affidamenti degli appalti li fornivano i commercialisti. Loreto ha affermato comunque “di non aver mai costituito una società per ottenere il pubblico”, e di non sapere neanche “se avessero i titoli per partecipare agli appalti”. Effettivamente è stato puntualizzato un aspetto importante: la società del Loreto non poteva partecipare all’appalto, ma Luigi Ridosso comunque affermava che in ogni caso “in 6 o 7 giorni la società avrebbero potuto costituirla” per poi farla concorrere alla gara d’appalto.

Ha poi chiarito un aspetto che si ritiene essere fondamentale per questo procedimento: “NON HO MAI PARLATO COL SINDACO PERSONALMENTE, MA ASPETTAVO LA SCARCERAZIONE PER PARLARCI”. Dunque, Loreto, come ha sempre sostenuto l’imputato Angelo Pasqualino Aliberti, mai incontrò il Sindaco personalmente.

Tornando alle elezioni regionali del 2015, Loreto ha affermato che inizialmente, delusi dal comportamento di Aliberti, intendevano sostenere Pasquale Coppola, ma Luigi Ridosso insisteva per sostenere nuovamente gli Aliberti e nello specifico Monica Paolino (moglie dell’allora Sindaco Aliberti). Inizialmente Loreto era contrario, a causa della “poca serietà dell’Aliberti nel rispettare i patti nel 2013”, ma al fine di non creare “spaccature visibili all’esterno del clan”, offrì il suo tacito assenso al sostegno elettorale dell’on. Paolino, senza però attivarsi in prima persona: egli restò passivo, di tutto si occupò Luigi Ridosso. Non è neanche a conoscenza delle modalità con cui reperirono i voti a Monica Paolino, nè in quali località: non gli fu riferito da Romolo Ridosso e Luigi Ridosso. Per la Paolino “Luigi Ridosso si impegnò comunque a nome del clan”, ma “materialmente agì da solo”: “io diedi solo il mio assenso”. È stato però chiarito che neanche per il presunto patto per le elezioni regionali del 2015 fu mai individuato “un eventuale compenso, una contropartita alla Regione”: “le finalità erano le medesime del patto per le amministrative  del 2013, ma la contropartita era ipotetica”, e che comunque non fu chiesta alcuna garanzia per il rispetto dei patti. Loreto inoltre ha affermato che “il clan convocò Coppola”, ma fu il Coppola “a chiedere di lasciare lo sponsor alla Paolino”, ed essi gli risposero che “comunque gli avrebbero garantito parte dei voti”, non quantificabili, “ma comunque sarebbero stati molti voti”. Loreto però non ha saputo esprimere quanti voti sul livello regionali il clan avrebbe potuto garantire. Inoltre, secondo il Loreto, Pasquale Coppola capì “che la riunione era organizzata dal clan”, dato che proveniva “dal rione dove egli viveva ed era il capoclan, quindi non poteva non sapere”.

L’intervento dell’avv. Di Casola, difensore dell’imputato Nello Maurizio Aliberti, è stato molto incisivo. Dapprima, ha chiesto conto a Loreto di datare le dinamiche della società “Delta Service” e dei suoi rapporti con la politica sin dal 2005. Gli ha fatto poi notare una grande contraddizione: nel 2008 avevano intenzione di incendiare il camper del Sindaco Aliberti per riuscire a lanciare “un messaggio ed ottenere il suo appoggio togliendolo ai Sorrentino”, ma essi cercavano l’appoggio di una persona che era solo un aspirante sindaco, ma non aveva mai rivestito questa carica, nè si sapeva che l’avrebbe rivestita!

È stato poi approfondito l’episodio della minaccia nel 2009 a Nello Maurizio Aliberti: Loreto con Luigi Ridosso si recò a via Aquino, presso lo studio di Nello Aliberti, e gli pose le mani al collo. Unitamente, era ben visibile la pistola che il Loreto possedeva, perchè era riposta nella cinta ed era scoperta. Essi si recarono sul luogo perchè ritenevano che la società Igiene Urbana fosse “cosa di Nello Aliberti”, anche se non era formalmente il titolare. Questa presunta posizione predominante di Nello Aliberti all’interno di Igiene Urbana fu riferita al clan Ridosso/Loreto da imprenditori amici, nello specifico anche Longobardi e Vincenzo Galasso. Il clan Loreto/Ridosso aveva intenzione di effettuare, tramite le proprie società, servizio di pulizia all’interno del capannone di Igiene Urbana.

All’incontro successivo presso l’industria di Longobardi, Nello Aliberti spiegò che era impossibile accontentarli a causa di determinate questioni legali e burocratiche, “ma che comunque era possibile aiutarli in altro modo, ovvero predisporre proposte contrattuali con altre industrie conserviere”. In quell’occasione, Nello Aliberti avrebbe proposte anche delle industrie in particolare, che effettivamente Loreto sapeva davvero essere esistenti, ma non si informò se davvero avessero rapporti con Nello Aliberti. Ma se l’offerta dell’Aliberti era ancora più allettante di quella che vantava Alfonso Loreto presso Igiene Urbana, perchè la rifiutò? “Per una questione di princìpio, non ero interessato solo ai soldi”. In ogni caso, tale vicenda avvenne nel 2009 o nel 2010, dunque dopo le elezioni amministrative del 2008 e molto tempo prima delle elezioni amministrative del 2013 e regionali del 2015: fu dunque una vicenda scollegata dalle questioni politiche.

Per quanto riguarda il ruolo di Nello Aliberti al presunto patto elettorale per elezioni regionali del 2015, non si conosce il contenuto dell’accordo nè dei presunti colloqui tra Nello Aliberti e Luigi Ridosso. Semplicemente, serpeggiava l’informazione che Nello “aveva fatto un favore a Luigi Ridosso, facendogli avere un certificato alla 626 superando lo scoglio della burocrazia”. Ha poi parlato delle presunte cene di Nello Maurizio Aliberti, sindaco Aliberti ed esponenti del clan, ma non è stato in grado di fornire informazioni su dove tali cene sarebbero avvenute, quante volte, nè il contenuto degli incontri.

È stato durante le ultime battute chiarito che, ironia della sorte, nessun imprenditore a Scafati rifiutò l’aiuto al clan Ridosso/Loreto: proprio Nello Maurizio Aliberti rifiutò. Circostanza abbastanza illogica il fatto che poi anni dopo il clan si recò presso il fratello di colui che si era rifiutato di aiutarli.

Loreto ha raccontato come avveniva, in sede di sopraffatturazione, il movimento bancario per quanto riguarda l’estorsione agli imprenditori: tramite assegno circolare, assegno a vista o bonifico bancario. L’avv. Maresca (difensore di Nello Maurizio Aliberti) ha chiesto a Loreto se riceveva regalìe dagli imprenditori: effettivamente il pentito ha dichiarato che a volte sì, ma comunque il compenso per il clan era l’IVA che veniva evaso.

In ultimo, è stato chiesto a Loreto quando venne a sapere che Roberto Barchiesi era stato eletto: Loreto ha dichiarato che ne venne a conoscenza la notte stessa delle elezioni, e che poi la mattina sarebbe stato tratto in arresto. Ennesima contraddizione temporale: le elezioni amministrative si tennero il 26/27 Maggio 2013, Alfonso Loreto fu tratto in arresto in esecuzione del decreto del P.M. in data 28/05/2013: un giorno più tardi.

La prossima udienza è stata fissata per il 29 maggio, in cui verrà completato il contro-esame di Alfonso Loreto da parte del giovane ma intraprendente e ottimo avv. Roberto Acanfora, che difende Andrea Ridosso, oltre ai difensori di Roberto Barchiesi e Ciro Petrucci, ed inizierà la testimonianza del collaboratore di giustizia Romolo Ridosso che presumibilmente continuerà nella prossima udienza, fissata per il 5 giugno. Il processo Sarastra continua ed entra davvero nel vivo.

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *