CASSAZIONE: il mito deluchiano a Palazzo Calderini

 

 

Aldo Bianchini

 

ROMA – Qualche anno fa la penna incisiva del giornalista Luigi Del Pizzo aveva immaginato e magnificato la cosiddetta “dinastia deluchiana” ed aveva rappresentato per iscritto una cerimonia commemorativa svoltasi, giorno più giorno meno, nel 2293 nel contesto della festa popolare dedicata al patrono di Salerno San Matteo con l’aggiunta della statua dedicata a “San Vincenzo da Ruvo del Monte” (paese lucano dove è nato De Luca). Del Pizzo aveva anche mirabilmente descritto la lunga e affollata processione per le vie della città con alla testa il sindaco stretto discendente nella linea di successione faraonica dell’immortale sindaco di Salerno e presidente della regione Campania. In pratica il compianto “Giggino Del Pizzo” aveva messo nero su bianco un’aspirazione tante volte proclamata dallo stesso Vincenzo De Luca (in maniera molto verosimilmente ironica !!) di voler edificare al centro di Piazza della Libertà un mausoleo dentro cui depositare le sue ceneri.

Il tutto sembrava finito e circoscritto alle battute del governatore ed al racconto del giornalista. Niente affatto, come dire che quando Vincenzo De Luca esterna c’è sempre qualcuno che lo ascolta e traduce in realtà i suoi sogni dinastici; anzi in passato c’è stato più di qualcuno che anticipando le esternazioni del governatore ha già realizzato parte del suo sogno di immortalità.

E’ sufficiente spostarsi da Salerno a Roma in Piazza Cavour del Rione Prati dove sorge il cosiddetto “palazzaccio” sede della Corte Suprema di Cassazione; il palazzo venne progettato e costruito tra il 1889 e il 1911, su volere del ministro Giuseppe Zanardelli, dal grande architetto Guglielmo Calderini (dal quale il palazzaccio prende il nome) in stile strettamente “umbertino” (e all’epoca non poteva essere altrimenti).

Ebbene dinanzi al “tempio della giustizia” sorgono imponenti nella loro dimensione alcune statue realizzate da diversi nobilissimi architetti dell’epoca di primo ‘900 ed anche successivamente (sarebbe inutile e lungo fare l’elenco degli scultori); nel nostro caso è doveroso soffermarsi sulla statua realizzata dallo scultore toscano Arturo Dazzi (n. 1881 – m. 1966) dedicata a Giambattista De Luca (n. 1614 – m. 1683; giurista fra i più celebrati del suo tempo, apprezzato giureconsulto e canonista, dimostrò come consulente e come magistrato un raro equilibrio e una straordinaria indipendenza e modernità di pensiero; abbracciò in età avanzata lo stato ecclesiastico e fu nominato da Innocenzo XI uditore del Sommo Pontefice e segretario dei Memoriali nel 1676. Successivamente, nel 1681, fu nominato cardinale; la sua opera maggiore è il Theatrum Veritatis ac Iustitiae (1669-73), grande repertorio, di allegazioni e discorsi in materia di diritto civile, canonico, feudale; curò, inoltre, la redazione del Dottor Volgare, un compendio in lingua italiana, di intenzioni divulgative).

Sembra incredibile ma il fatto è talmente riconducibile alla realtà operativa del nostro governatore Vincenzo De Luca che viene abbastanza facile affermare che il mago della scultura Dazzi non solo pensò di dedicare la statua ad un “De Luca” (forse il primo esponente della dinastia proveniente dalla notte dei tempi, e questo purtroppo Del Pizzo non lo sapeva) ma si soffermò su un personaggio storico come Giambattista De Luca che nei suoi sessantanove anni di vita terrena si distinse per tutte quelle stesse cose, più o meno, che ben 300 anni dopo Vincenzo De Luca sta mettendo in atto in ogni sua azione politica: giurista, giureconsulto, equilibrio, libertà e modernità di pensiero, afflato condizionato con la chiesa, discorsi in materia di diritto civile, canonico, feudale fino al punto di ergersi a suggeritore di giustizia per i giudici togati. Figurarsi cosa potrà accadere nei prossimi 300 anni ipotizzati da Giggino Del Pizzo (stesso nome di battesimo di quel Di Maio che è croce e delizia del nostro governatore) almeno fino al 2293.

Fin qui, ovviamente, bisogna riconoscere che potrebbe trattarsi di una semplice casualità: il cognome De Luca sul piedistallo della statua e il fantasioso accostamento a quello del governatore; niente affatto, la vicenda non finisce in maniera così semplice.

La foto della statua pubblicata in alto è stata scattata, con grande abilità  e nella giusta prospettiva angolare dal famoso avvocato penalista Giovanni Falci (che è anche architetto e che di prospettive se ne intende); se la osservate attentamente senza scandagliare troppo i piccoli dettagli avrete, almeno per un attimo, la palpabile sensazione di vedere il volto di Vincenzo De Luca.

Una casualità anche questa circostanza ? sicuramente si, altrimenti bisognerebbe davvero pensare che la “dinastia deluchiana” ha avuto inizio nel lontano 1614 (agli albori del XV secolo d.C.) per andare avanti ancora per diversi secoli; e dinanzi al palazzaccio della Corte Suprema di Cassazione è stata posta una pietra miliare a perenne memoria.

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