Aldo Bianchini
NOCERA INF. – “La legge è uguale per tutti, anche se non tutti siamo uguali”; questa, purtroppo, è una massima che va prendendo sempre più piede tra i tanti soggetti che frequentano le aule di giustizia.
Quello che doveva essere, costituzionalmente parlando, un modo di fare giustizia senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali si trasforma spesso, nelle nostre fredde e marmoree aule di giustizia, in scontri tra pubblica accusa e difesa che vanno ben oltre lo stretto interesse dell’imputato per planare su un terreno che non ha nulla a che vedere con la giustizia che tutti vorremmo vedere scorrere davanti ai nostri occhi sul filo di quel perfetto equilibrio nel rispetto dei ruoli che la pubblica accusa e la difesa devono svolgere in nome e per conto del popolo italiano, anche a tutela dei diritti sacrosanti riservati ad ogni imputato.
“La legge è uguale per tutti”, la scritta solenne domina tutte le aule di giustizia, sontuosa e spesso a caratteri cubitali. A volte pure accompagnata da un crocifisso che forse suona peraltro da paradossale ammonizione, come a dire “sappi che potresti finirci pure tu”; e questo impressiona molto tutti gli addetti ai lavori nonchè gli utenti occasionali e di professione. Sempre più spesso si sente dire che quella scritta solenne altro non è se non “Utopia e nulla di più” nella recita ipocrita ed a soggetto di una giustizia che ha smesso da tempo i suoi antichi valori che affondavano le radici nel vero diritto di fronte al quale tutti erano davvero uguali.
Uno scontro personale tra accusa e difesa che è andato ben oltre l’imputato, questo è accaduto mercoledì 20 febbraio 2019 nell’aula del palazzo di giustizia di Nocera Inferiore dove si celebra il famoso processo “Sarastra” in danno dell’ex sindaco di Scafati Pasquale Aliberti ?
Difficilissimo rispondere; personalmente credo fermamente di no, anche perché i soggetti che rappresentano, in questo processo, la pubblica accusa e la difesa (pm Vincenzo Montemurro e avv. Silverio Sica) hanno sempre dato prova di grandissimo equilibrio, di rispetto della legge e, soprattutto, di totale e assoluto amore per la toga che rispettivamente indossano con onore da alcuni decenni. Impossibile credere che in un processo complesso ed importante come “Sarastra” una delle due parti in causa si arrenda e getti la spugna, sarebbe una debacle per la giustizia.
In aula, comunque, è serpeggiata questa impressione tra gli addetti (avvocati difensori e imputati), giornalisti e pubblico presenti; tutti accorsi per assistere ad una udienza che si annunciava forse decisiva per la programmata presenza in aula di Pasquale Coppola, già presidente del consiglio comunale di Scafati e teste chiave per la pubblica accusa. Coppola, a sorpresa, non si è presentato e, dunque, non ha potuto né confermare né smentire le discrasie palesemente esistenti nel contesto delle due deposizioni rese dinanzi al pm Montemurro il giorno 11 agosto 2016 come persona informata dei fatti e l’ 8 febbraio 2018 quale persona sottoposta ad indagine in un processo connesso.
Su questo scenario della lite tra pm e difensore (una lite che seppure dipanatasi in punta di diritto ha lasciato l’amaro in bocca a molti perché si ripete già da alcune udienze), dell’assenza di uno dei due testi principali d’accusa (l’altro Aniello Longobardi non sarà mai in aula per via dell’incidente probatorio sul contenuto della sua deposizione del 21 aprile 2016), delle lungaggini della snervante inchiesta preliminare, delle perquisizioni, dei sequestri, del carcere e del farraginoso processo, è arrivata la “crisi psicologica” di Pasquale Aliberti che ha mollato gli ormeggi e, nel pomeriggio del 20 febbraio, ha cercato di farla finita con la vita ingerendo medicinali ad hoc. Fortunatamente è stato salvato dalla moglie che è corsa presso la residenza confinata del marito a Nocera Superiore e lo ha trasportato urgentemente in ospedale a Nocera Inferiore.
Sul giornale online “mezzostampa.it” la direttrice Francesca Cutino ha così compiutamente descritto la brutta giornata:
- Nessuno può sapere cosa scatti nella testa di chi decide tutt’a un tratto di farla finita. Nessuno può saperlo. Solo chi, per un attimo, ha sentito quella spinta verso il buio, quell’irrefrenabile desiderio di spegnere qualsiasi cosa, anche il cervello, ma soprattutto il cuore. Ogni giudizio, quindi, risulta superfluo, inutile, sterile, soprattutto quando il peggio è passato e si cerca di rimettere insieme i pezzi. E’ accaduto ieri pomeriggio. Dopo l’ennesima udienza del processo ‘Sarastra’ a carico dell’ex sindaco Pasquale Aliberti e di altri imputati presso il Tribunale di Nocera, in cui è stato sentito Filippo Sansone, ex presidente della società Scafati Sviluppo. L’annuncio sulla pagina Facebook di Aliberti ha spiazzato tutti. “Dopo 400 giorni di misura cautelare – scrive di suo pugno Aliberti – dopo tutta la violenza subita da questa indagine, dopo l’udienza di oggi e il modo con cui è stato trattato il mio avvocato Silverio Sica, a cui va tutta la mia solidarietà, l’unica soluzione è farla finita. Mi stanno distruggendo da anni sul nulla”. Il messaggio continua e fa rabbrividire perchè accompagnato dalla foto di pesanti antidepressivi e farmaci. “Chiedo scusa alla mia famiglia, a mia moglie ai miei figli, ai miei grandi avvocati Sica e Pepe e ai giudici del Tribunale per l’umanità dimostrata. Io sono una persona innocente e perbene. Lo dimostrerete voi. Io non ce la faccio più, sono crollato”. Da qui, la pioggia di commenti, tantissime parole di incoraggiamento, gli inviti ad essere forte…ma intanto la vista dell’ex primo cittadino di Scafati si era già appannata…i farmaci avevano fatto il loro corso e il malore è stato la diretta conseguenza. Pare sia stata la moglie Monica ad intervenire con rapidità, è stata lei a portarlo in ospedale, all’Umberto I di Nocera, dove Aliberti è ancora ricoverato e dove probabilmente sarà dimesso nella giornata di oggi. Un grande spavento, per la famiglia, per i suoi cari, e per tantissimi amici che hanno atteso con ansia e apprensione il corso degli eventi.
C’è da sperare, adesso, che qualcuno non si metta in mente di misurare la distanza tra l’ospedale e i confini di Scafati per accusarlo nuovamente di aver violato l’ordine del Tribunale; fortunatamente per lui, ieri mattina è già stato dimesso ed è potuto ritornare nella dimora a distanza di sicurezza dalla sua città natale.
Spesso sentiamo dire che “bisogna difendersi nel processo e non dal processo”; forse la maggiore disperazione di Pasquale Aliberti, alla luce di tutti gli accadimenti sopra descritti, è proprio questo, cioè l’aver acquisito nella mattinata del 20 febbraio 2019 la consapevolezza di “non potersi difendere neppure nel processo”.
Ma sono certo che la grande professionalità della pubblica accusa e della difesa rimetterà rapidamente le cose a posto per ridare all’imputato Aliberti tutta la serenità che gli spetta.