Felice Bianchini junior
(Corrispondente – notista politico)
ROMA – All’indomani delle elezioni regionali dell’Abruzzo, i risultati vengono impugnati da tutti per motivi diversi ed è un continuo raffronto con le politiche del 4 Marzo. Innanzitutto bisogna dire che queste elezioni riguardavano un milione (circa) di elettori; di questi, ha votato il 53,1%, contro il 75,2% del 4 Marzo: circa 620 mila elettori contro 786 mila. All’appello, dunque, rispetto al 4 Marzo, mancano più o meno 160 mila voti (in totale 400 mila circa).
I dati ci dicono che alle politiche i 786 mila voti erano così distribuiti: 303 mila (5stelle); 270 mila (Cdx) [FI 14,4% – Lega 13,8% – FdI 5%]; 133 mila (Csx) [Pd 13,8% – senza Leu 2,6%(19 mila voti)].
Alle regionali abruzzesi, invece, i 620 mila voti si sono così distribuiti: 299 mila (Marsilio – Cdx) [Lega 27,5% – Fi 9,1% – Fdi 6,5%]; 195 mila (Legnini – Csx) [Pd 11,1% – Leu 2,8%]; 126 mila (Marcozzi – M5S).
Cosa colpisce:
Su tutti, il risultato del MoVimento, che rispetto al 4 Marzo perde la metà dei punti percentuali. Poco da dire, se non che è un risultato deludente, ma non così rilevante a livello nazionale. Se si guarda alle precedenti regionali, il calo è minimo; prese in considerazione le politiche, invece, mancano all’appello circa 200 mila voti. Non si può stimare senza arbitrio l’ipotetica distribuzione dei voti mancanti (circa 400 mila); ma non si può neanche ignorare apertamente quell’astensione dal voto in aumento al 47%, che alle politiche 2018 si aggirava intorno al 25% e che pesa inevitabilmente. Oltretutto, la mancanza di alleati è una costante nella vita politica dei grillini, che rinunciano o non riescono, a livello locale, a mettere dalla loro qualche lista civica. Al di là di queste considerazioni, che i pentastellati siano in crisi non è una novità, ma gioca a loro favore il fatto che ancora non hanno giocato la carta “Reddito di cittadinanza”, anche se potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio. In questo momento, giustamente, preferiscono stare in silenzio a leccarsi le ferite e a progettare le prossime mosse. La Marcozzi si limita a dire che hanno riconfermato il risultato delle precedenti regionali: c’è chi è sempre in grado di vedere il bicchiere mezzo pieno.
Nel centro-sinistra i voti affluiscono e arricchiscono un buon risultato, ma non grazie al Pd, che perde 14 punti (equivalenti a circa 105 mila voti) rispetto alle scorse regionali, e 2 (40 mila voti) se fatto il raffronto con le politiche di Marzo 2018. Ciò che salva il Csx è il cosiddetto “civismo”, rivendicato anche dal segretario uscente Martina, secondo il quale è proprio questa la strada giusta per ripartire. Senza le piccole liste e i loro pacchetti di voti, probabilmente i dem non sarebbero andati lontano. Al Pd, però, basta e avanza essere considerati l’alternativa alla Destra, che significa essere contenti del secondo posto: sicuramente meglio secondi che terzi, per carità.
In casa centro-destra continua l’ascesa di Salvini, che si aggiudica il 27% e il titolo di vincitore di queste elezioni, dividendolo con FdI, che raddoppia i voti rispetto alle precedenti regionali e mette il proprio candidato al vertice dell’Abruzzo. Il ministro dell’interno da un lato si gode la vittoria a livello locale da protagonista, mentre dall’altro tranquillizza gli alleati di governo, garantendo che il risultato in Abruzzo non cambierà gli equilibri a livello nazionale. C’è chi parla di risultato invariato di FI, all’interno del quale sperano che il risultato abruzzese serva a far cadere i gialloverdi: la realtà è che, oltre alle parole di chiusura di Salvini nel senso di cambio di rotta governativa, a livello di numeri il partito del cavaliere ha perso 7 punti rispetto al 2014 e 5 rispetto a Marzo 2018; lentamente, sta saziando la sete di voti della Lega, rischiando sempre più di venire fagocitato. Toti, governatore della Liguria, commenta con cinismo il risultato del suo partito: “la decrescita felice non è più programma dei 5 stelle, è il programma di Forza Italia”; in controtendenza rispetto ad altri esponenti che invece salgono sul carro dei vincitori, un veicolo che è guidato e intestato a Matteo Salvini.
Meno di un milione di voti non possono esprimere il sentimento di un paese di sessanta milioni di abitanti. Le analisi sul risultato delle regionali in Abruzzo, e sule prossime, che si terranno prima in Sardegna e poi in Basilicata, lasciano il tempo che trovano. Se però si vuole estrapolare un’informazione da questo scorcio di Italia, personalmente direi che: il M5S è in affanno e sta vivendo una crisi di identità, non riuscendo ad essere centrale nel dibattito quotidiano, dominato da Salvini, prima ancora che dalla Lega nel suo insieme; Fi e Pd sono in caduta libera e alimentano o la riserva di astenuti, o il monte voti del Carroccio, come in parte fanno anche i pentastellati.
In sostanza: tutti perdono, tranne Salvini, che per ora ha perso solo a Sanremo.