Felice Bianchini junior
(Corrispondente – notista politico)
ROMA – Il ministro Savona finisce ancora in mezzo alle polemiche: nominato alla presidenza della Consob, è stato accusato di illegittimità, viste le leggi Frattini e Madia. Si sa, quando succedono queste cose ci si attacca a leggi da un lato, e a precedenti dall’altro: è stato giustamente ricordato che nel 2010 fu nominato presidente della Consob Vegas, deputato di Forza Italia. Al di là del caso attuale preso singolarmente, che è da chiarire (tenendo a mente che è dato credere che un informale via libera sarà stato richiesto a chi di dovere), Vegas faceva capo a un partito, mentre Savona da garanzia di indipendenza politica e di dubbi credo ne faccia sorgere meno del collega ex presidente. Se poi il problema riguarda anche la competenza e l’età, alzo le mani.
Continua la campagna in Abruzzo, tra screzi, insulti e polemiche varie. Ma perché gridare allo scandalo? Gli attuali moralisti della politica, sia esterni che interni ad essa, si indignano come se fino ad ora tutto sia stato rose e fiori, tutto una galanteria. Ricordo a queste persone che fino a ieri commentavano o facevano parte della più squallida stagione politica di questo paese (questa è appena iniziata), fatta in gran parte di fanatici berlusconiani e snob antiberlusconiani. Se siamo arrivati a questo punto è perché l’ipocrisia l’ha fatta sempre da padrona – e tutt’ora dilaga – e la reazione è stata il nuovo linguaggio social schietto e privo di filtro. Domenica si vedrà, nel piccolo dell’Abruzzo, a che punto è la nostra politica a livello di numeri.
La Tav, il Tav, o come lo si vuole chiamare continua a irrompere nelle case degli italiani, i quali un giorno prima sono esaltatori della competenza, il giorno dopo sono tutti ingegneri. Ma come, adesso lo sviluppo italiano passa tutto da una singola opera, per giunta nel nord? E come è possibile che da ormai più di un decennio si parli di questa opera, e nonostante sia incompiuta ancora non si sia scatenato l’inferno? Spiegatemelo, ché sono limitato. Lungi dall’essere No Tav, che è solo fanatismo dal basso opposto a quello “chic” dei “Sì Tav”, credo solo che si stia facendo troppa baldoria intorno a un’opera che per carità, è grande! Chi lo nega? Ma non mi sembra sia così importante, non quanto gli innumerevoli lavori che andrebbero fatti, soprattutto al sud. Ma in fondo, anche la mia è retorica, giusto?
L’altro tema più gettonato sono le navi, il mare e i migranti. Le ultime vicende riguardano la Seawatch, questa ormai famosa nave, che è di tutti e di nessuno; che batte bandiera olandese, ma che in Olanda non la vogliono, e la considerano un semplice yacht. Dopo giorni in mezzo al mare, la solita presa di posizione di Salvini, le spedizioni e passerelle delle opposizioni, che si sono recate in ricognizione sull’imbarcazione, la nave è stata mandata a Catania e ha fatto sbarcare i quarantasette disperati. Chissà cosa sarà stato raccontato loro su quella nave, mentre erano a mollo, o mentre erano in Africa; chissà cosa si saranno immaginati di trovare. Viene spacciata l’Europa come un paradiso terrestre, la terra delle opportunità, quando in realtà, a parte chi riesce a finire tra le braccia di qualche albergatore o di qualche centro di accoglienza, la restante parte di invisibili finisce nei campi, a girare per le spiagge d’estate e per le strade il resto dell’anno, nel migliore dei casi vendendo ombrelli e altra merce di scarso valore e utilità; chi è più propenso all’adattamento, invece, fa carriera nella malavita.
L’altra nave che ha portato e porta discordia è la Diciotti. La vicenda era terminata anche lì con uno sbarco, preceduto da un braccio di ferro, l’unica differenza era il numero: in quel caso in mare c’erano 117 persone. Salvini, come noto, fu preso di mira dalla procura di Agrigento, con l’accusa di sequestro di persona. Tuttavia, nonostante la richiesta di archiviazione di Agrigento, il tribunale dei Ministri ha richiesto l’autorizzazione a procedere contro il ministro dell’interno. E adesso si dovrà votare. I 5stelle sono messi di fronte a un bivio: rischiare di far cadere il governo, se non l’intera legislatura, mandando a processo Salvini; oppure lasciare tutto com’è, negando l’autorizzazione. La linea scelta, senza sorprese, pare essere la seconda, con un piccolo particolare non irrilevante: hanno deciso di sposare in pieno la politica di Salvini, come è giusto che sia, dichiarando che la scelta di tenere in stallo lo sbarco della Diciotti fu una scelta politica di governo, e non del solo ministro Salvini. Per l’ennesima volta, sembra che tutto il caos andrà scemando, e ci si dimenticherà della vicenda, con un nulla di fatto. Come afferma Di Maio: “chi ha scommesso contro la tenuta del governo finora ha sempre perso”. Finché i due leader saranno legati dal loro patto di potere e l’alternativa saranno altre elezioni, vista l’inconsistenza di Pd, FI e la restante frammentazione, questo governo terrà, salvo scandali di portata storica. Non è una speranza la mia, ma una semplice presa di coscienza della situazione attuale.
In ogni caso la risposta a tutti i dubbi, e quindi anche a quelli sulla tenuta del governo, la si avrà dopo le elezioni europee: è più di un anno che lo predico nel deserto, già da prima che venissero esternate ufficialmente le intenzioni del governo.
Ed è proprio la campagna elettorale delle europee che riscalda gli animi, insieme con le già rilevanti tensioni geopolitiche mondiali, che vedono in testa al mondo Cina e Usa. Fa parte di questa campagna la tensione che si è instaurata tra Roma e Parigi, culminata con il richiamo dell’ambasciatore francese, a tempo indeterminato, “temporaneamente” a detta dell’Eliseo. Sicuramente, non un periodo semplice quello che stiamo vivendo, ma questo ritiro altro non è che la goccia che ha fatto traboccare un vaso di polemiche e insulti provenienti da entrambi i lati, che non si può ridurre al “chi ha iniziato prima”. Le radici sono politiche e saranno risolte o diplomaticamente, o direttamente alle urne, quando si vedrà da che parte sta il popolo francese, con il quale i nostri governanti, in particolare i pentastellati, cercano di amoreggiare, prendendo di mira il presidente Macron, che va detto ce la stia mettendo tutta per risultare antipatico al suo popolo, al di là delle considerazioni di “contorno” che possono essere fatte. Non è un caso che, dopo lo scoppio della rivolta dei gilet gialli, i grillini si siano messi dalla parte dei disperati francesi. E non solo perché si dice sia nel DNA 5stelle la lotta contro la casta, la rivolta dal basso e tutto ciò che in parte rappresentano i gilet gialli, ma anche e soprattutto perché in assenza di alleati a livello europeo, in particolare in Francia, dove Salvini flirta con la Le Pen e dove gli stessi pentastellati avevano inizialmente strizzato l’occhio a Macron. Il crollo del gradimento del presidente francese, anche tra le fila di noi italiani, ha contribuito a questa virata improvvisa.
Infine, a dare quel pizzico di pepe al piatto ci pensano le congiunture economiche, oltre al Fmi e Commissione europea, con le loro stime. “Siamo in recessione tecnica”, si sente dire: in soldoni significa che per due trimestri di seguito il segno vicino al dato di variazione del PIL è stato negativo. Sorpresa? No, per niente, il quadro generale lo lasciava intuire, anche se non stiamo parlando di una tenebra priva di barlumi di speranza, di un baratro dal quale non usciremo mai più, e aggiungerei nemmeno di un caso isolato, visto che non soffre solo lo stivale ma anche un colosso come la Germania e con lei l’intero sistema euro, chi più, chi meno. Noi siamo tra quelli “più”, nella misura in cui, secondo l’aggiornamento delle stime di crescita della commissione, che ricordiamo essere vincolato ai dati dell’ultima parte del 2018, anziché l’1,2% previsto, dovremmo crescere nell’ordine dello 0,2%. Vi è dunque una divergenza tra le stime del governo, che prevedono una crescita all’1%, e quelle della Commissione; ed è curioso che l’1% fu accettato dalla Commissione stessa durante la famosa trattativa. Va detto, poi, che per quanto non ci si fidi delle misure e della stessa possibilità che vengano attuate, ancora non sono di fatto state attuate: per quanto riguarda quota 100 siamo alle prime domande, seppur numerose; mentre per il reddito di cittadinanza è stata presentata l’altro giorno la prima card, con la solita presentazione emozionale alla 5stelle. Gli effetti si vedranno, tanto quanto i danni, più avanti, non ora. Ciò che è ora principalmente in atto è una crisi delle aspettative: per qualcuno potranno essere qualcosa di astratto, ma le aspettative sono ciò che determina lo stanziamento o meno di un investimento da parte di un operatore economico, sia che esso sia una “balena”, sia che si tratti di un “pesce rosso”. In questo momento, di incertezza politica non solo italiana, ma anche e soprattutto europea, gli operatori prudenti preferiscono tenere in tasca i propri soldi, mentre chi agisce è sicuramente più portato allo scommettere al ribasso. Aggiungerei, ma è solo un’altra considerazione da mero cittadino che non conta niente, che tagli di stime di crescita così drastici, in un periodo come questo, non di certo attirano investimenti – e sia chiaro che queste stime non sono la parola di Dio, per quanto alcuni di quelli che le calcolano o che se ne fanno profeti siano a un passo dal credere di possedere una rivelazione divina.
Tutte le strade portano a quel 26 Maggio tanto atteso. C’è un timer che lentamente va azzerandosi: solo allo zero sapremo se si tratta di una sveglia, o di una bomba.