MIGRANTI: il tribunale dei ministri fa un piacere a Salvini ?

 

 

Aldo Bianchini

 

SALERNO – La domanda è: “Il tribunale dei ministri di Catania con la richiesta di autorizzazione a procedere per il caso della nave Diciotti sta facendo un favore a Salvini ?”.

Istintivamente mi sento di rispondere “certamente si”; ma non amando la sterile cronaca dei fatti mi va di rifare la storia di questa “difficoltà relazionale” tra la politica e la magistratura.

Prima, però, è doveroso illustrare cosa è accaduto con un Tribunale dei Ministri che gioca come il gatto con il topo; difatti il Tribunale nel richiedere l’autorizzazione non scopre la sua posizione formulando precise accuse di carattere penale ma scende sul piano squisitamente politico chiedendo alla Commissione per le Autorizzazioni a procedere del Senato se il ministro ha attuato una strategia politica di governo di interesse pubblico. Più insidiosa di così la richiesta non poteva essere. Un caso veramente complicato se a tutto questo si aggiunge che i giudici di Strasburgo (Corte Europea) ha sentenziato che l’Italia ha soltanto l’obbligo di assistere a bordo delle navi.

Vale a dire che la magistratura, ancora una volta, tracima dalla giustizia commutativa per entrare in quella distributiva; e questa volta (tenuto conto dell’insidiosa richiesta) lo fa andando nel cuore dell’alleanza giallo-verde con buone possibilità di sfasciare il giocattolo che soltanto pochi mesi fa era stato costruito.

Ancora una volta, quindi, la politica viene sommersa dalla magistratura e piegata ai suoi voleri; tanto che gli spocchiosi personaggi del Partito Democratico e di altre frange estreme della sinistra, sperando di sfasciare tutto, hanno addirittura presentato a Catania esposto-denuncia contro Salvini per la vicenda della nave “Sea Watch”, non pensando che così facendo riconsegnano ancora una volta le questioni politiche (da risolvere con la politica !!) nelle mani dei magistrati.

E’ vero, tangentopoli ha tramortito talmente la politica che la stessa non riesce a riconquistare il suo ruolo e si rivolge ai giudici per risolvere anche i problemi interni. Niente di più sbagliato, tanto è vero che lo scontro tra i poteri dello Stato è, ora, totale e da come si risolverà questa crisi dipenderà il futuro del Paese, almeno nel rapporto tra politica e magistratura.

Il problema è antico e nasce tra i banchi del Parlamento riunito in seduta comune per dare il via alla Carta Costituzionale, siamo nel 1948 e Piero Calamandrei (padre della Patria, insigne giurista, personaggio anche controverso per essere stato fascista, non fascista, furioso antifascista) gridò più e più volte nell’Assemblea Costituente che era necessaria una Autority indipendente per un controllo legittimo dell’operato dei giudici (requirenti e giudicanti). La battaglia fu ferocissima e delicatissima, vinse il Partito Comunista che volle lasciare agli stessi magistrati, attraverso il CSM (Consiglio Superiore della Magistratura), il controllo di legittimità dell’operato del giudice in genere.

Lo scontro negli anni successivi sembrava essersi calmato e il rapporto tra la politica (dagli anni ’50 alla fine degli anni ’80) e la magistratura, pur tenendo sempre un alto livello di attenzione, appariva come improntato al reciproco rispetto.

Nella realtà il PCI, attraverso le sue strutture territoriali, preparava la rivoluzione giudiziaria per la conquista del potere che per troppo tempo era stato lasciato nelle mani della DC (Democrazia Cristiana) e del pentapartito. La rivoluzione veniva preparata allevando tantissimi giovani aspiranti magistrati nelle scuole di partito di Via delle Botteghe Oscure e delle Frattocchie; in piena fase preparatoria prese piede la lotta serrata contro il cosiddetto “padrone” che altro non era se non il capitalista ovvero il grande imprenditore che gestiva fiumi di danaro (anche pubblico). Venne fuori la battaglia della Fiat di Valletta fino ad arrivare allo “Statuto dei Lavoratori” del 1970.

Il primo grande passo era compiuto e i successivi venti anni vennero impiegati per il colpo finale contro la classe politica che, passando da concessioni in concessioni, non si rese conto di incartarsi su se stessa abbandonando lentamente ma inesorabilmente quel potere che le aveva consentito di governare per tantissimi anni.

E puntualmente arrivò la tangentopoli, vera rivoluzione giudiziaria e neppure tanto pacifica, che sconvolse in pochissimo tempo i rapporti di forza fino al punto da mettere letteralmente in fuga i grandi e storici politici dell’epoca, spinti anche dai politici emergenti che avevano tutto l’interesse a delegare alla magistratura la pulizia civile attuata senza andare troppo per il sottile.

Ma arrivò subito il primo intoppo; i palesi eccessi dell’azione giudiziaria allarmarono la popolazione che mal digeriva- questa strumentalizzazione del potere, e arrivò sulla scena Silvio Berlusconi; la storia è nota, sulla sua figura (discutibile quanto si vuole !!) si avventò presto la magistratura che pensava di aver conquistato il potere per un lungo tratto della storia del Paese. Ma quanto più l’azione giudiziaria fu virulenta tanto più gli elettori risposero in maniera diametralmente opposta e il dominio del Cavaliere, nel bene e nel male, è durato una ventina di anni.

Alla fine fu smantellato e giunsero i tanto attesi “uomini di sinistra”, alcuni dei quali erano proprio quelli che una trentina di anni prima avevano avviato la preparazione della rivoluzione giudiziaria. Presto, però, la magistratura si accorse che dalla sinistra stavano arrivando i provvedimenti più dannosi per la loro autonomia e indipendenza. E giù di nuovo con inchieste travolgenti (Il mondo di mezzo, Consip, Renzi !!) fino alla frittata del 4 marzo 2018 quando la gente chiamata alle urne decise di infliggere un nuovo colpo durissimo alla magistratura riprendendo e ripristinando il “potere della politica” che ignavi personaggi avevano lasciato cadere per paura.

Adesso al governo del Paese ci sono uomini assolutamente nuovi (per quanto attiene la gestione del potere) che, in sintonia con il pensiero della stragrande maggioranza della gente comune, sta cercando di raddrizzare la barra (tante volte sbagliando, ma anche facendo bene) del governo del Paese che non può passare sempre e comunque tra le grinfie della magistratura.

Questi in sintesi i passaggi che, a mio parere, hanno segnato la storia del conflitto tra i poteri dello Stati (anche se la magistratura dovrebbe essere un servizio !!) dal secondo dopoguerra ad oggi.

Ma ecco che poche settimane dopo la partenza del governo giallo-verde piomba sulla scena del rapporto conflittuale la vicenda della nave “Diciotti”; la Procura di Catania avvia una indagine sul ministro dell’interno Salvini che dopo poche settimane si sgonfia ed è la stessa Procura a chiedere l’archiviazione. Probabilmente questa saggia decisione è stata vista come una resa dal Tribunale dei Ministri di Catania che ribalta la decisione e chiede alla “Giunta per le Immunità” del Senato la necessaria autorizzazione per procedere a carico del ministro Salvini.

Accade, però, anche un altro fatto che io ritengo da libero cittadino abbastanza grave; un membro della Giunta per le Immunità, Pietro Grasso (già presidente della Direzione Nazionale Antimafia e presidente del Senato) invece di zittire come il suo ruolo avrebbe richiesto la mette sulla polemica e spara a zero sul ministro: “Ora rinunci all’immunità, vero?, come membro della giunta per le Immunità del Senato dovrò esaminare la richiesta del tribunale dei ministri di Catania. Salvini ha dichiarato a tutta pagina, non più tardi di qualche mese fa, che avrebbe rinunciato all’immunità e chiesto al Senato di farsi processare. Ripete continuamente di essere uno che mantiene la parola: non ho dubbi che lo farà anche in questo caso. Vero?“.

Un po’ deprimente, non credete ?

Ovviamente la cosa più grave in tutta questa storia del pessimo rapporto tra politica e magistratura è che i magistrati e le loro organizzazioni non si sono ancora resi conto, dopo decenni di conferme, che ogni volta che azzannano il governo o uno dei suoi membri non fanno altro che avvantaggiare sul piano elettorale proprio il politico che loro cercano di abbattere.

Errare è umano, perseverare è diabolico”, anche perché nel caso specifico (così come in tanti casi del passato) sappiamo tutti come andrà a finire, e Matteo Salvini ne uscirà più forte di prima. Mi sbaglio ?

Non credo di sbagliarmi perché seguendo con attenzione l’intervista rilasciata dall’ex ministro Carlo Calenda a Skytg24 (ore 14 del 26.01.19) appare come sia evidente quando dichiara che “è squallido strumentalizzare e utilizzare il lavoro della magistratura per la campagna elettore”; cosa può aver voluto dire Calenda, che il lavoro della magistratura palesemente arrabbiato è sbagliato se è possibile utilizzarlo a fini elettorali ? Questo non fa altro che allargare ancora di più la distanza tra la pubblica opinione e la magistratura con specifiche e pesanti ricadute elettorali.

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