da Manuel Moliterno
NOCERA INFERIORE – Nuova udienza del processo “Sarastra” che si sta celebrando davanti al Tribunale di Nocera Inferiore (Presidente dott. Raffaele Donnarumma, a latere Noschese e Palumbo) a carico di Angelo Pasqualino Aliberti, ex Sindaco di Scafati, suo fratello Nello Maurizio Aliberti, sua moglie e consigliere regionale per la Campania Monica Paolino ed altri.
All’inizio dell’udienza ha esordito il P.M. Dott. Vincenzo Montemurro, sostituto procuratore della D.D.A. presso la Procura di Salerno, che ha dato atto al Tribunale dell’attività integrativa d’indagine svolta dalla D.I.A. Sez. Operativa di Salerno in merito ai dubbi che l’avv. Silverio Sica, difensore dell’ex sindaco, aveva sollevato in sede di contro-esame del cap. Fausto Iannaccone sulla autenticità delle fatture esibite da Aniello Longobardi (persona offesa del processo) durante il suo interrogatorio. Ebbene, la D.I.A. ha confermato l’autenticità e la documentazione è stata depositata presso la segreteria del dott. Montemurro.
In seguito a questa breve premessa, il giudice Donnarumma ha fatto entrare la giornalista Rosaria Federico, collega della giornalista Valeria Cozzolino, che ha reso la sua testimonianza durante la scorsa udienza.
La Federico ha confermato che nel maggio 2013, ovvero il periodo temporale in cui sarebbe avvenuta la presunta minaccia di morte ai danni della Cozzolino, svolgeva il ruolo di capo-servizio presso il quotidiano “Metropolis”. La Federico ha confermato che quel periodo era “molto vivace” per la cronaca, stante gli articoli che la Cozzolino stava scrivendo sulla famiglia Aliberti in merito ai presunti abusi edilizi e a causa della minaccia di morte che poi la stessa riferì.
La giornalista ha confermato che la sua collega “una mattina” riferì che era stata minacciata a causa della promozione di quegli articoli. Ha proseguito affermando che la Cozzolino asserì di essere stata minacciata da “Nello Maurizio Aliberti, il quale era in compagnia di altre persone”. La vicenda scatenò varie reazioni mediatiche, tra cui la reazione dell’Ordine dei giornalisti. La teste ha dichiarato che la sua collega arrivò in redazione e raccontò tutto, ovvero, l’episodio della minaccia di cui era appena stata vittima, e chiese alla stessa Federico di aiutarla a capire chi fossero i soggetti che accompagnavano Nello Maurizio Aliberti, e se fossero personaggi pericolosi. La Federico mostrò delle fotografie alla Cozzolino e, sfogliandole, ella disse di riconoscere Gennaro Ridosso, l’esponente del noto clan camorristico egemone a Scafati.
È stato chiesto alla Federico se sporsero formale denuncia all’Autorità Giudiziaria: la risposta è stata negativa, affermando che l’unico contatto che ci fu con le istituzioni di pubblica sicurezza fu una telefonata con l’allora Maggiore dei Carabinieri del Reparto Territoriale di Nocera Inferiore, al quale venne informalmente raccontato il grave episodio e a cui si chiese di indagare su questo clima. L’unico atto che seguì fu solamente il comunicato di solidarietà, pubblicato dall’Ordine.
La giornalista ha riferito che “non si sporse formale denuncia perchè la protratta permanenza presso gli edifici delle autorità avrebbe sottratto tempo al lavoro”: essi cercavano il supporto mediatico, non quello della giustizia.
Rosaria Federico ha dichiarato che da quel momento scattò una sorta di “sudditanza psicologica” a causa di sue situazioni familiari: ogni qual volta venivano pubblicate notizie sul conto del sindaco Aliberti, della sua famiglia o sull’amministrazione comunale, partivano comunicati stampa provenienti dall’Ufficio Stampa del Comune di Scafati, nei confronti di una giornalista “sorella di un camorrista”, la stessa Rosaria Federico.
Terminato l’esame da parte del P.M., ha interrogato la teste l’avv. Silverio Sica, uno dei difensori dell’ex sindaco. L’avv. Sica le ha chiesto se la sua collega le avesse riferito le parole delle minacce nello specifico. La Federico ha affermato che Nello Maurizio Aliberti l’aveva intimata di non scrivere più contro la sua famiglia, con frasi del tipo “Te la facciamo pagare”, e altre ingiurie. Le è stato chiesto, però, se la Cozzolino parlò in quell’occasione di “minacce di morte”: la Federico lo ha confermato, ma essendo molto vaga sul punto, non ricordandolo nello specifico. Ha affermato espressamente di non ricordare se fu proferita espressamente l’espressione “Ti facciamo sparire”, ma altre espressioni minacciose le confermava.
È stato utilizzato e acquisito dal Tribunale il verbale di sit rese dalla Federico davanti alla D.I.A. Sez. Operativa di Salerno (col. Giulio Pini, capitano Fausto Iannaccone e Aurelio Petrosino su delega del P.M.) il 27/01/2017.
In questa sede, Rosaria Federico riferì: “Fui informata dalla Cozzolino che IGNOTI rimuovevano le locandine. Davanti all’edicola della stazione incontrò Nello Maurizio Aliberti, che proferì minacce verbali aggressive, nonchè ingiuriava me e la collega Cozzolino, invitandoci a non scrivere più sul conto della sua famiglia perchè erano impegnati in una delicata campagna elettorale”.
L’avv. Sica le ha chiesto se l’atteggiamento di Nello Aliberti fosse minaccioso o se lo fossero le sue parole, stante la differenza tra le due espressioni (nel verbale di s.i.t rese il 27/01/2017 davanti alla D.I.A. vi è trascritta l’espressione “con fare minaccioso”). La Federico si è giustificata dicendo che intendeva affermare che nei confronti della Cozzolino fossero state proferite delle minacce espresse verbali.
Le è stato poi chiesto se riferì alla D.I.A. sulla sorta di indagine che esperì insieme alla Cozzolino, ovvero l’identificazione fotografica di Ridosso tramite le fotografie in possesso della redazione. La testimone ha risposto negativamente, “perchè non fu chiesto dalla polizia giudiziaria”, ma le è stato contestato che in quella sede non disse che Nello Maurizio Aliberti fosse in compagnia di alcuni, e che questi avessero in concorso minacciato la Cozzolino. La Federico si è giustificata davanti ai giudici affermando che in sede di interrogatorio davanti alla D.I.A. non lo ricordasse, anche se la circostanza appare alquanto strana, dato che le dichiarazioni alla D.I.A. risalgono al 27/01/2017 (dunque neanche quattro anni dopo i presunti fatti), mentre la testimonianza davanti al Tribunale è stata resa in data odierna, 23/01/2019, quasi sei anni dopo i fatti: il ricordo dovrebbe diradarsi ancor di più col passare degli anni, ma eccezionalmente in questo caso sembra che non sia così.
Ha proseguito il contro-esame l’avv. Pepe, co-difensore di Pasquale Aliberti, che ha esordito chiedendo alla testimone se nell’interrogatorio davanti alla D.I.A. riferì delle problematiche pressioni e del mobbing perpretato dalla nuova direzione del “Metropolis”. La Federico ha risposto affermativamente: ne parlò e ha riferito che fu costretta ad abbandonare il suo incarico, affermando che tali condotte di mobbing fossero collegate all’attività giornalistica contraria all’amministratore comunale che lei e la Cozzolino portavano avanti nella linea editoriale. La cooperativa ritenne opportuno revocarle l’incarico di direttore, affidandolo ad un altro soggetto. Era in carica, in quel momento, la direzione di Luigi Capasso, arrivato nel luglio 2013. Addirittura, nel verbale di dichiarazioni rilasciate alla D.I.A. il 27/01/2017 la Federico dichiarò che a causa di questo avvenimento “le sopraggiunse una depressione con conseguente tentativo di suicidio”: il motivo, a suo dire, fu la non condivisione della sua linea politica nella linea editoriale.
È qui che sopravviene un punto cruciale per la valutazione dell’attendibilità della testimone. Ad espressa domanda, ella ha confermato che era una dei soci della cooperativa “StampaDemocratica”, di cui era presidente Giuseppe Del Gaudio, suo marito. È chiesto a tal punto se negli anni 2013-2014, sia la Federico che Del Gaudio furono rinviati a giudizio per il reato di bancarotta fraudolenta, relativa ad un evento truffaldino di carattere milionario. La giornalista ha risposto che in quel periodo era indagato solo suo marito Giuseppe Del Gaudio per tale reato (non anche lei), ma che nel 2016-2017 furono entrambi attinti dalla richiesta di rinvio a giudizio da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Nocera Inferiore. Ha precisato però che il motivo per cui lasciò l’incarico di direttore non fu questo (anche se la circostanza appare quanto meno suggestiva).
Vi è stata a tal punto una richiesta di produzione documentale da parte della difesa Aliberti: gli articoli che furono pubblicati durante la direzione di Luigi Capasso e le relative querele che furono sporte dall’ex sindaco Aliberti a causa di tali articoli, comprese le querele sporte nei confronti della giornalista Rosaria Federico. Il motivo dell’esibizione di tali documenti ai giudici è il contestare l’attendibilità della Federico e della Cozzolino: è stato da entrambi riferito che esse non fossero in sintonia con la linea politica ed editoriale di Capasso e per questo furono vittime di mobbing e vessazioni, ma Capasso è stato querelato più volte da Aliberti per gli articoli contro la sua persona. La linea editoriale di Capasso, dunque, non era favorevole alla figura del sindaco Aliberti.
A tal punto dell’udienza, ha proseguito l’avv. Carlo Di Casola del Foro di Napoli per conto di Nello Maurizio Aliberti, che ha chiesto alla Federico di dichiarare esplicitamente cosa riferì la Cozzolino, arrivata in redazione. Dapprima, le è stato chiesto quando e a che ora precisamente la Cozzolino arrivò in redazione. La Federico ha risposto di non ricordare precisamente, “ma sicuramente prima di pranzo”. Questa dichiarazione rappresenta una palese e clamorosa contraddizione con quanto riferito da Valeria Cozzolino durante la scorsa udienza, che asserì davanti al Tribunale di “essersi recata in redazione dopo aver pranzato, dunque nel pomeriggio”. L’espressione “prima di pranzo” utilizzata dalla Federico, invece, lascia intendere che il momento in cui la collega si recò in redazione fosse quanto meno la tarda mattinata. Ha comunque dichiarato che la Cozzolino, visibilmente scossa, una volta sopraggiunta in redazione le riferì di essere stata minacciata, e ha riportato molto vagamente alcune delle espressioni che ricorderebbe furono pronunciate: “Te la facciamo pagare”, “Siete due zoccole”, “Non dovete più scrivere”. Tali espressioni sarebbero state proferite all’edicola di via Alcide De Gasperi di Scafati. Le è stato chiesto quante persone accompagnassero Nello Maurizio Aliberti, ed ella ha risposto che la Cozzolino riferì che era presente un gruppo di persone, ma di non ricordare precisamente il numero. Di tal gruppo, però la Cozzolino “non individuò nessuno”, chiedendo alla Federico, dunque, di aiutarla ad individuare l’identità di tali soggetti. L’avv. Di Casola le ha chiesto se la Cozzolino riferì che tali persone avessero parlato: la testimone, sul punto, ha risposto affermativamente, dunque i soggetti parlarono. La giornalista ha riferito che in redazione del quotidiano “Metropolis” possedevano un archivio con le foto segnaletiche di persone arrestate, quindi di noti pregiudicati. Tali foto vennero mostrate alla Cozzolino, la quale, però, secondo quanto riferito dalla Federico stesso, le sembrò di riconoscere nella foto segnaletica di Gennaro Ridosso l’accompagnatore di Nello Maurizio Aliberti, comunque “un soggetto che somigliava all’accompagnatore”. Un dato non molto preciso, dunque. È stato anche, peraltro, posto in dubbio dalla difesa che in quel momento (fine maggio 2013) Gennaro Ridosso fosse già un pregiudicato o comunque stato attinto da un arresto o un fermo, e dunque l’esistenza di una sua foto segnaletica in circolazione già in quel momento è alquanto dubbia e, molto probabilmente, non veritiera.
Ha esordito successivamente l’avv. Gennaro Maresca, co-difensore di Nello Aliberti. Ad espressa domanda dell’avv. Maresca, la Federico ha affermato che nel 2013 si occupava anche di cronaca giudiziaria, e che aveva scritto notizie anche su Gennaro Ridosso. Ma durante la presunta “indagine fotografica” ad opera della Cozzolino e della Federico, quante fotografie vennero effettivamente prese ed analizzate? La Federico ha risposto che si trattava di una serie di fotografie riposte in una cartella: erano decine di foto, ma ha asserito di non rammentare chi nello specifico aprì le foto. La Cozzolino, dunque, vide la fotografia di Gennaro Ridosso ed affermò che era somigliante all’accompagnatore di Nello Aliberti nei pressi dell’edicola, ma non ha detto di non ricordare se la Cozzolino disse che il soggetto della foto parlò.
La difesa ha poi chiesto se tra le fotografie vennero riconosciuti altri soggetti e se vennero analizzate altre fotografie, oltre quella del Ridosso: la testimone ha risposto che si fermarono a quella di Ridosso, visto che “non erano indagini di polizia”. Ha poi precisato che quel giorno “la Cozzolino si intrattenne per tutto il giorno in redazione”.
La difesa ha nuovamente posto in risalto la circostanza che il comunicato dell’Ordine parlava di “persone non identificate” riguardo l’episodio della minaccia e delle locandine. La Federico ha però detto di non rammentare il contenuto del comunicato e neanche di rammentare se comunicò l’indagine fotografica al Comitato autore del comunicato stesso.
Ulteriore tema dibattuto, è stata la vicenda del finanziamento dell’ACSE. È stato chiesto se il giornale ricevesse un finanziamento dall’ACSE, e la Federico ha confermato che effettivamente essi pubblicavano notizie istituzionali dell’ACSE, ma di non rammentare le cifre dei prezzi per la sponsorizzazione, nè dunque se si trattasse di 20mila euro. È emerso, dunque, che in quel periodo il presidente dell’ACSE era Aniello Longobardi (persona offesa nel procedimento “Sarastra”), e la testimone ha escluso di avere rapporti amicali con il Longobardi. Conseguentemente, è stata sviscerata la tematica della revoca della pubblicità dell’ACSE, e se nello specifico il Sindaco Aliberti avesse revocato la sponsorizzazione, ma la Federico ha risposto di non sapere se “Aliberti aveva questo potere, dato che l’ACSE è una municipalizzata del Comune, nè di rammentare se Aliberti l’avesse revocata per attuare una politica di risparmio per le casse comunali.
Focalizzando l’attenzione sull’attività professionale privata del Sindaco Aliberti, è stato chiesto alla Federico chi svolgesse le visite mediche nella cooperativa come Medico specialista in Igiene e Medicina Preventiva (medico del lavoro): le visite le condusse proprio Pasquale Aliberti, ma ha risposto di non rammentare se ricevette, poi, l’equo compenso per la prestazione svolta, perchè non si occupava della contabilità della cooperativa (circostanza alquanto strana comunque, essendo il marito il presidente di “StampaDemocratica”), nè di rammentare se il pagamento fu sollecitato. Effettivamente, al dott. Aliberti andavano corrisposti 2mila euro, mai saldati.
È stato chiesto alla testimone chi conoscesse della famiglia Aliberti: ha risposto che conosce l’ex sindaco Pasquale Aliberti da 15 anni per ruoli professionali, ovvero periodo in cui egli ricopriva la carica di Consigliere comunale di opposizione al Comune di Scafati. Invece, ha risposto di conoscere Nello Maurizio Aliberti da quando suo fratello Pasquale venne eletto primo cittadino, ed in varie occasioni con lui si scontrò, non solo durante il mandato da sindaco di suo fratello.
A questo punto, il legale ha posto l’attenzione su un presunto rapporto di affinità tra la cognata della testimone e la nonna degli Aliberti. Effettivamente, la teste ha confermato che sua cognata DE FALCO Felicia, già segretaria del giornale, e la mamma del sindaco Aliberti erano in effetti legati da un lontano grado di parentela o affinità, ma ne sconosceva il tipo di legame.
È emerso che prima del 27/01/2017 davanti alla D.I.A. Sez. Operativa di Salerno, Rosaria Federico fu già sentita anche il 26/10/2015 dal Reparto Territoriale dei Carabinieri di Nocera Inferiore, però effettivamente in quella sede non riferì il presunto episodio occorso a Valeria Cozzolino nel maggio 2013. Perchè? La Federico si è giustificata dicendo che fu ascoltata per un altro episodio.
È stato chiesto alla giornalista se lei avesse fatto, nel corso della sua carriera, accertamenti patrimoniali su Nello Maurizio Aliberti, ma la giornalista ha risposto “Faccio la giornalista, non il carabiniere; chiesi notizie su Nello Aliberti e sue uscite su barche particolari”. Le è stato chiesto perchè ritenne opportuno di indagare su questo punto, e la cronista ha risposta che aveva saputo che la barca era, probabilmente, di proprietà di un personaggio noto della criminalità organizzata scafatese, Antonio Matrone, figlio del boss Franchino Matrone detto “a’ belva” (a cui l’ex sindaco dispose l’acquisizione al patrimonio comunale della proprietà procurandogli un ingente danno economico). Dunque, la Federico ha asserito di “voler verificare la veridicità ed attendibilità della notizia prima di pubblicare l’articolo, perchè prima di pubblicare un articolo si chiedono riscontri”.
Diversi giorni prima del verbale dell’ottobre 2015, la Federico, dunque, chiese diverse informazioni sulla barca dove andava Nello Aliberti, però le informazioni furono chieste ad una persona che, poi, lo riferì allo stesso. La difesa le ha chiesto di rivelare questa “fonte”, ma la giornalista si è rifiutata, asserendo che “si tratta di una fonte, e quindi di non poterla rivelare”. Ha rivelato che una sera si trovava al bar “Italia” con un suo amico, e vide Nello Maurizio Aliberti che si avvicinò e disse che “non doveva interessarsi a questo episodio, che doveva chiedere le sue informazioni direttamente a lui, porgendole il suo numero di telefono”. La Federico ha dichiarato che Nello Aliberti proferì questo invito con “fare minaccioso”, dunque in seguito chiamò alla redazione del quotidiano “La Città”, informando dell’episodio. In seguito, scrisse l’articolo sulla vicenda della barca.
Effettivamente, però, in aula si è posta la questione del proprietario della barca, ma la Federico ha nuovamente risposto con la ripetitiva frase “Non sono un carabiniere”, asserendo dunque di non poterlo verificare e dichiarando che “Nello Aliberti avrebbe potuto querelarla, se avesse ritenuto non veritieri i suoi articoli”. Si è chiesto, dunque, a questo punto l’acquisizione al fascicolo dibattimentale della querela di Nello Maurizio Aliberti e Domenico Tufano, il reale proprietario della barca. Dunque, è stato accertato che la barca non era di proprietà o in uso ad Antonio Matrone. A tal proposito, la difesa ha chiesto alla Cozzolino del motivo per cui indagava e volgeva il suo interesse professionale su Nello Maurizio Aliberti, dato che quest’ultimo non era un personaggio pubblico, un personaggio di riferimento della politica come suo fratello Pasquale. Ma il presidente Raffaele Donnarumma ha avvertito la testimone della possibilità di potersi avvalere della facoltà di non rispondere a tale domanda, perchè avrebbe potuto costituire oggetto di domanda anche nel procedimento penale per diffamazione che pende sulla testimone per le vicende di tali articoli: la Federico ha accettato, effettivamente, di avvalersi della facoltà di non rispondere e non ha reputato opportuno fornire spiegazioni sul punto.
A questo punto dell’udienza, il difensore di Nello Aliberti ha iniziato ad insistere nel voler sapere chi fossero gli edicolanti di riferimento dell’episodio della minaccia alla Cozzolino, e se fossero stati compiuti accertamenti su di essi, ma effettivamente la Federico sul punto continuava a fornire “risposte evasive”, come definito dal legale stesso, ad es. la circostanza che “ella si faceva un giro per le edicole per sapere il giornale come stava andando”. Dunque, l’attenzione si è graduata sull’edicola di via Alcide De Gasperi (questa localizzazione in realtà forse frutto di un errore, trattandosi probabilmente di via Martiri D’Ungheria). In ogni caso, la Federico ha dichiarato che “all’inizio di via Alcide De Gasperi è localizzata una sola edicola, e che nello specifico dell’episodio di cui sarebbe stata vittima Valeria Cozzolino una delle edicole di riferimento era quella allocata davanti alla stazione, accanto al gabiotto, e ha dichiarato di aver parlato con la donna che la gestiva, probabilmente dal nome Grazia Desiderio. L’edicola, però, risulta chiusa in data odierna, per motivi ignoti. Ha affermato poi di aver parlato anche con altre edicole, come quella di via Nazionale.
L’ultima parola è stata conferita all’avv. Cardiello, difensore di Monica Paolino (moglie dell’ex sindaco e consigliere regionale attualmente in carica), che nel suo intervento lampo ha chiesto alla Federico se riferì al Maggiore dei Carabinieri del Reparto territoriale di Nocera Inferiore, quando chiese tutela, riguardo l’identificazione di Gennaro Ridosso sulla fotografia, ma la giornalista ha risposto negativamente, nè che ne parlò il 26/10/2015 davanti ai Carabinieri di Nocera Inferiore, nè che ne parlò il 27/01/2017 agli operatori della D.I.A. Sez. Operativa di Salerno: effettivamente, ha confermato, su domanda esplicita del difensore, che all’atto della sua testimonianza davanti al Tribunale è stata la prima volta che ha integrato il suo racconto dei fatti inserendovi la figura di Gennaro Ridosso.
Con la prossima udienza si chiuderà il primo grande capitoli il Primo grande capitolo del processo Sarastra: quello dei giornalisti. Il 20 febbraio sarà il turno di Domenico Gramazio. Poi sarà il momento di politici e dirigenti, con le audizioni di Pasquale Coppola e Sanzone.
In realtà, la data più importante da segnare in calendario è quella del 20/03: alla sbarra, ci sarà l’ex primula rossa Pasquale Loreto, ed il figlio Alfonso. Il processo “Sarastra” entrerà nel vivo. Staremo a vedere, anzi, a sentire.