SANITA’: storia di vita e di morte (atto 4°)

 

 

Aldo Bianchini

 

SALERNO – La terza puntata di questa storia (pubblicata il 4 gennaio scorso) ha raccolto due commenti molto importanti e significativi da parte dei nostri lettori.

Il primo lettore risponde al nome di Mario Senatore (docente, poeta, scrittore e giornalista salernitano) che molto coscientemente pone l’accento sull’attenzione che la stampa dovrebbe riservare ai casi di sanità pubblica, sia buoni che cattivi, e sottolinea l’impegno che questo giornale si sforza di portare avanti nella ricerca della verità:

Secondo me è compito precipuo di un Organo d’Informazione portare a conoscenza della gente i fatti che accadono intorno a noi nella realtà quotidiana. Fatti che scaturiscono da pensieri e comportamenti … Benissimo ha fatto “IL QUOTIDIANO DI SALERNO.IT” (forse unica Testata) a prestare attenzione alla vicenda perché da essa stanno emergendo piccole e grandi disattenzioni che, in alcuni casi, potrebbero assumere anche i connotati e la dimensione di colpa. In ogni caso (colpa o non colpa) -in modo particolare in Sanità- atteggiamenti di superficialità, disattenzione o opportunismo non possono -né devono- passare inosservati. Essi devono poter essere analizzati, discussi, rappresentati, risolti civilmente -ma fermamente- da ogni Cittadino perché la questione riguarda tutti come utenti e come contribuenti … A parte le numerose altre ragioni, -secondo me- perché s’impiegano fiumi d’inchiostro per scrivere di SPORT e solo gocce per i DIRITTI DEL CITTADINO MALATO (che dovrebbe essere “sacro”).
Quindi bene ha fatto, -la Testata salernitana-, a non far cadere nell’oblio queste vicende. E non per la ricerca (magari inconscia) di una “legge del Taglione” o azione di vendetta ma semplicemente e proficuamente nell’intento di sollecitare l’attenzione dovuta -sempre e scrupolosamente- da parte di tutti gli Operatori sanitari nei confronti della Persona che Essi hanno la ventura di avere davanti (malato o non)
.

Come non essere d’accordo con le cose sacrosante rappresentate dal prof. Senatore; in fin dei conti la civiltà di un popolo si misura anche attraverso il sistema pubblico a tutela dei diritti del malato.

Al professore-poeta ha replicato l’ing. Gaetano Perillo che spesso commenta gli articoli (soprattutto quelli più tecnici inerenti i lavori pubblici) di questo giornale. Il commento dell’ingegnere, comunque, cerca di salvare il salvabile dell’apparato della pubblica amministrazione in genere, perché il discorso amici lettori è complessivo, e non può essere altrimenti:

La vicenda di malasanità raccontata in questa serie di articoli, deprecabile sotto ogni punto di vista, lascia allibiti e sconcertati, per non dire altro. Una struttura pubblica che mostra di sè un’immagine così deprimente mette in dubbio la sua ragion d’essere e conferma l’opinione di coloro che vorrebbero che ogni attività diretta ai bisogni del pubblico fosse in mano ai privati.
Eppure non sempre è così. Nei primi giorni dell’anno ho contattato l’Agenzia delle Entrate di Salerno in via degli Uffici Finanziari per la registrazione di un contratto di locazione. Pratica non particolarmente difficile, da espletare mediante la presentazione di apposita modulistica. Sennonché, una volta presentata l’apposita documentazione allo sportello di riferimento, un impiegato, con fare burbero è infastidito, mi ha detto che era tutto sbagliato e occorreva rifare completamente la pratica. Ha però acconsentito ad ascoltare alcune mie delucidazioni sulla natura del contrato e così, quasi per miracolo e pur inframmezzando il suo intercalare con parole colorite e poco benevoli nei confronti di colleghi di altri Uffici che in passato avevano immesso nel sistema dati incompleti o imprecisi o non pertinenti, si è sentito in dovere di “sistemare le cose”, anche, a suo dire, per evitarmi in futuro eventuali richieste di delucidazione, visto il coinvolgimento di Uffici dell’Agenzia delle Entrate di Roma. Ha quindi effettuato il previsto iter procedurale per la registrazione del contratto da me richiesta. Naturalmente la cosa mi ha fatto un grande piacere. La mia prima impressione, che era stata di comprensibile fastidio, si è trasformata in un sincero apprezzamento per una persona dimostratasi così disponibile e pronta ad assumersi un onere non pertinente per la specifica situazione. Un esempio – che neanche ritengo tanto raro – di come anche nella pubblica amministrazione si può avere a che fare con persone a modo, disposte a venire incontro alle esigenze degli utenti alle prese con le incombenze di natura burocratica.
Una calorosa stretta di mano ha concluso il nostro incontro
.

Molto condivisibile anche il contenuto del commento dell’ing. Perillo; del resto basta guardarsi in giro per capire che quando le cose non funzionano come tutti vorremmo è anche, in qualche misura, colpa nostra in quanto ci avviciniamo al “settore pubblico” con una certa prevenzione che però viene da lontano ed è come un gatto che si morde la coda. Stabilire, difatti, se è nata prima la scorrettezza dei pubblici dipendenti o il preconcetto degli utenti, e non solo della sanità pubblica.

Rimane in discussione, però, il fatto che l’ammalato ha diritti diversi da quelli di un normale e semplice cittadino; l’ammalato non è un semplice cittadino ma è un cittadino speciale che si trova in uno stato di particolare sudditanza e impotenza verso chi gli deve prestare soccorso o gli deve somministrare cure ed interventi vari. Con l’ammalato, soprattutto se ricoverato in strutture pubbliche, non si può e non si deve scherzare.

Io stesso, che per una sorta di dovere deontologico-professionale sono chiamato a raccontare i fatti, non vi nascondo che lo faccio con una particolare e timorosa sensibilità soprattutto quando devo parlare di sanità pubblica.

Perché ?, perché molto spesso in passato la cronaca ha portato alla luce fatti deprecabili di medici pubblici che hanno, se non infierito, almeno preso sottogamba e baipassato la tutela dei soggetti che per lavoro avevano in passato descritto i casi di malasanità o effettuato verifiche e controlli d’ufficio. Proprio nel corso di un controllo d’ufficio anche a me, molti anni fa, accadde un fatto simile che, comunque, fu registrato dalla Direzione Generale dell’ospedale Ruggi con l’apertura di un fascicolo anche presso la Procura della Repubblica; ma è accaduto tanti anni fa e, fortunatamente, le cose ora sono diametralmente diverse e opposte.

Per questo il racconto della storia di MARIA (nome di comodo per un palese caso di malasanità) continuerà senza se e senza ma.

Anche perché il Tribunale per i Diritti del Malato incardinato presso il Ruggi di Salerno è stato debitamente interessato alla vicenda con la consegna di tutto il fascicolo che, pari pari, è stato depositato presso questa redazione giornalistica.

L’unico problema è costituito dal fatto che noi de ilquotidianodisalerno.it abbiamo da tempo cominciato a raccontare la vicenda incresciosa di Maria, mentre il TDM ancora non avrebbe mosso un passo presso la competente direzione generale dell’ AOU San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona in San Leonardo di Salerno.

Verrebbe spontanea una domanda: “Allora a che serve il Tribunale dei Diritti del Malato ?”, ma è giusto dare tempo al tempo perché in questi casi è opportuno procedere con i piedi di piombo, esattamente come stiamo facendo noi puntata dopo puntata prima di entrare nel cuore del problema che potrebbe investire personaggi illustri e in vista del mondo sanitario salernitano.

I familiari della vittima di questo caso hanno, però, già richiesto di essere ascoltati dal direttore generale chiedendo specificamente che all’incontro venga invitato anche il sottoscritto come persona di fiducia.

Con la prossima puntata continua il nostro racconto.

2 thoughts on “SANITA’: storia di vita e di morte (atto 4°)

  1. La mia era una replica non di contrasto a quanto affermato dal prof. Senatore ma un tentativo di spaziare oltre il settore della sanità, che è sicuramente vitale e non può sottrarsi all’obbligo di offrire il massimo dei servizi ad essa richiesti.
    Quindi anche una sua disfunzione, pur non particolarmente impattante, va comunque stigmatizzata e, ove necessario, presa in considerazione con la dovuta evidenza dagli organi di informazione, data la inaccettabile inosservanza dei diritti del malato che in simili circostanze si verifica.
    Peraltro non si può neanche coinvolgere in un unico calderone tutti i settori che compongono la pubblica sanità, dal momento che sovente la cronaca ci sottopone esempi di una sanità virtuosa registrati al nord, al centro e al sud. Proprio ieri si leggeva sui quotidiani di un cardiopatico che a Torino è giunto in gravissimo pericolo di vita presso un pronto soccorso. La situazione si è presentata talmente delicata che si è giudicato non esserci il tempo neanche di trasferire il paziente presso una unità coronarica. Si è rapidamente deciso di far spostare una equipe di specialisti che, pur nelle condizioni comprensibilmente non ottimali, sono intervenuti in maniera risolutiva per salvare la vita quel 69enne. Un vero miracolo!,
    Anche ìl mio esempio di un incontro pienamente soddisfacente con un impiegato dell’Agenzia delle Entrate non esclude che comunque la burocrazia dei pubblici uffici è soffocante e il più delle volte impone lunghi e defatiganti impegni per venire a capo delle pratiche.
    Ne ho personalmente avuta esperienza diretta quando ci son voluti lunghi mesi, una serie di telefonate di email di lettere raccomandate e due incontri personali con dirigenti comunali per avere riconosciuta la correttezza di un tributo comunale versato cinque anni prima. Si eccepiva la mancata applicazione della aliquota corretta quando avevo usato proprio quella riportata in un documento esplicativo ufficiale che all’epoca mi era stato recapitato. Neanche l’esibizione dello stesso, prudentemente da me conservato, appariva determinante. Solo la mia convinzione di non essere stato un contribuente “infedele” mi ha sostenuto per non demordere.
    E alla fine l’ho spuntata!!
    Quindi, senza nessuna intenzione di montare in cattedra, credo che esiste una situazione generalizzata che contraddistingue tutto il settore pubblico, con luci e ombre che coesistono, e che solo una costante e capillare azione diffusa a tutti i livelli potrà attenuarne le opacità.

  2. Leggo il Vostro articolo e vedo che avete riportato pari, pari il commento mio e quello dell’ing. Gaetano Perillo alla parte 3^ della triste vicenda di Maria.
    Vi ringrazio per il fatto che, fedeli al mandato, trattate con chiarezza l’argomento di così vasta portata e delicatezza senza dare alcun segno di cedimento… Anzi…
    A conferma della validità di quanto dico, leggo l’accenno che fa l’estensore del pezzo riguardante la sua esperienza di tanti anni fa e, sottolineando il lungo lasso di tempo trascorso, fa rilevare la differenza con la situazione attuale. Situazione di oggi (meno peggiore) dovuto certamente ad una generale maggiore presa di coscienza dei diritti del cittadino -e questo grazie all’attenzione anche dell’informazione-.
    Concordo -Direttore- con il Vostro pensiero: “la civiltà di un popolo si misura anche attraverso il sistema pubblico a tutela dei diritti del malato”. Ma se ciò è vero -com’è vero-, significa che quanto conseguito (molto poco, per la verità,) rispetto al passato, non ci fa essere ancora “un popolo civile” e allora bisogna insistere nel perseguire obbiettivi miranti sempre più al rispetto dei diritti del Cittadino e -particolarmente- (senza se e senza ma) di quello malato, che -agli occhi miei- assume una sorta di sacralità. Perché il “sacro” -riportando il pensiero di Chistoph Schonborn- “è quanto non può essere per nessun motivo oltraggiato”.
    Quindi parlarne, coinvolgere, diffondere, sollecitare, indurre a scendere in campo utenti, istituzioni, media. Allo scopo di operare per la crescita civile, senza demordere un solo istante, facciamo sentire -come si suol dire- il fiato sul collo a chi svolge funzioni e ricopre cariche pubbliche e si “distrae” o scivola nella persuasione che quel fatto è “cosa privata e personale” per cui si sente legittimato a farne l’uso che vuole.
    Facciamo sentire la vicinanza e l’apprezzamento alle persone responsabili e degne (e ce ne sono ancora tante…).
    Leggo, egregio Direttore, che continuerete a raccontare la triste storia di Maria “senza se e senza ma”. Vi conosco abbastanza per non dubitare che terrete fede al proposito espresso nella piena consapevolezza del significato delle parole. Ed è stata proprio questa espressione che -nel Vostro articolo- mi ha colpito particolarmente e che dovremmo abituarci -tutti- a fare nostra nelle attuazioni reali. “Senza se e senza ma” troppo spesso usata da pusillanimi che la ripetono ad ogni pié sospinto, forse nell’inconscio intento di nascondere a loro stessi la fragilità, la debolezza, la vigliaccheria. In una parola: la incapacità di lottare veramente, di esporsi e “compromettersi”. Comunque resta un fatto: questi individui (che -purtroppo- per come si sta impostando la vita aumentano sempre più) tendono a sfrondare la proposizione e s’inventano mille motivi che giustificano tutti i “se” e i “ma” del mondo. Per quanto -bisogna anche dire- che, in un clima “avvelenato” da burocrazia senza limiti e paralizzante, sopraffazione di autorità arroganti e incontrollata, costi e rischi di autotutela, responsabilità familiari incombenti, demoliscono fortemente e scoraggiano, per cui neppure si può chiedere -in siffatte situazioni- di comportarsi da “eroi” (o addirittura divenire “kamikaze”). Allora sorgono false comprensioni e solidarietà oltre che bugiarde disponibilità, garbati “Va bene…, però…”; “Certo… ma…”. E demoliscono le poche forze di chi è già in stato di debolezza e, quindi, soccombente.
    La stratificazione ai vari livelli sociali di questo atteggiamento -complice il tempo che corre-
    fa il resto…Alla fine tutto resta come prima (anzi, peggio di prima).
    Ecco perché ho apprezzato particolarmente la Vostra assunzione d’impegno. Essa verrà letta e dei tanti, forse qualcuno si scuoterà nella sua essenza di persona (e non oggetto) e lotterà per dare il giusto significato e l’adeguato peso alle parole.

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