MARIA: una storia drammatica piena d’amore

 

 

 

 

 

 

Aldo Bianchini

 

SASSANO – La mattina di domenica 16 dicembre 2018 mi trovavo nei pressi del Bar Ninà a Silla di Sassano con il mio amico giornalista Pierino (al secolo dr. Pietro Cusati) e discutevano del più e del meno quando la nostra conversazione venne interrotta dallo squillare insistente del telefonino del mio amico.

            Capii subito che al telefono, dall’altra parte, c’era Maria D’Alessio (la moglie di Pierino) e cercai di appartarmi un pochino, più per un innato senso di rispetto della privacy che per una vera e propria esigenza di non ascoltare almeno una parte della conversazione.

            Sapevo benissimo che Maria, in quel momento, si trovava ricoverata presso l’Ospedale San Carlo di Potenza a causa di un problema molto serio per la sua salute. La mia amicizia con Pierino ed anche con Maria mi consentì di chiedere di parlarle anche per confortarla con qualche parola di solidarietà e di vicinanza. Un po’ titubante cercai di avviare il colloquio con la più classica delle frasi: “Maria, come va !!”; la voce, però, tradì la mia preoccupazione, tanto che dall’altra sponda  (da dove mi aspettavo una risposta monca ed a monosillabi) dovette accorgersene e con molta pacatezza, quasi a volermi tranquillizzare, rispose che sì c’era qualche problema ma che bisognava lottare come si lotta contro qualsiasi altro contrattempo che la vita ci pone davanti tutti i giorni. La salutai cercando di rassicurarla, convinto che nel giro di qualche giorno ci saremmo visti e salutati da vicino.

            Ed è stato proprio così; l’ho rivista due giorni dopo, esattamente mercoledì sera 19 dicembre ma Lei non poteva più parlare, non c’era più, era distesa fredda e insensibile, avvolta nel suo sudario allestito in una delle salette mortuarie dell’ospedale di Potenza.

            Incredibile ma terribilmente e tragicamente vero anche se niente, quella domenica mattina, lasciava prevedere una fine così drammaticamente veloce e fortemente dolorosa.

            L’unica fortuna, se così si può dire, è stato il fatto che ha concluso la sua vita terrena praticamente tra le braccia del marito Pierino e della figlia Miriam che Lei, Maria, ha amato oltre se stessa.

            Per il resto, per tutto il resto, Maria è stata probabilmente, prima da ragazza e poi da donna, molto sfortunata da quando molti anni fa aveva ritrovato, casualmente e da sola, il corpo della mamma senza vita. E pur accusando visibilmente il colpo, anche dopo quella drammatica occasione non esitò a rimboccarsi le maniche ed a sostituirsi, anche nell’immaginario della sorella Giovanna, nel difficilissimo ruolo di madre e di padrona della casa per alleviare le amarezze del padre. Un ruolo che Lei, pari pari, aveva in precedenza trasfuso nella famiglia che aveva già creato con Pierino e allietata dall’arrivo della figlia.

            Il matrimonio, la vicinanza del marito, l’arrivo della figlia (l’unica figlia) ed i successi professionali grazie alla sua attività di docente nelle scuole superiori hanno soltanto alleviato quell’antico immenso dolore; e per questo si era dedicata con tutta se stessa alla conduzione della vita familiare e della professione di docente svolta negli ultimi anni a Buonabitacolo.

            Qualche mese fa, in piena estate, quando i primi sintomi della malattia stavano invadendo e stravolgendo il corpo di Maria, mentre ad un amico che me lo chiedeva spiegavo che stava attraversando un periodo non troppo buono per la salute, fui interrotto da un giovane (poco più di trent’anni) che si inserì nella discussione chiedendomi con la voce sensibilmente preoccupata: “Scusi ma sta parlando della professoressa Maria D’Alessio, incredibile, non posso crederci, per me è stata la più brava, comprensiva, sensibile docente che abbia mai avuto. Sono davvero addolorato”. Era andata in pensione a settembre del 2016, sperava di potersi godere la nuova casa e la famiglia, ma non ce l’ha fatta.

            Ecco; questa era l’esatta dimensione umana e professionale di una donna, Maria, che ha vissuto poco e male per poter esprimere tutto il suo enorme potenziale affettivo, culturale e relazionale. Maria amava vivere, amava gli altri, amava il suo compagno di vita, amava e stravedeva per sua figlia Miriam; e meno male che il Signore le ha concesso di vederla crescere, vederla ormai giunta sul traguardo di un’ottima laurea in giurisprudenza presso la Federico II di Napoli e di aver potuto avere tra le mani il tesserino di giornalista che Miriam aveva ottenuto appena qualche mese fa dopo una lunga e necessaria trafila.

            Con le gioie sembrava che la sua vita fosse finalmente cambiata in meglio ma è stata travolta, di nuovo ed in maniera irreversibile, dal dolore e dalla tragedia; inaspettatamente.

            Sicuramente neppure Lei stessa pensava di dover lasciare così rapidamente questa terra; difatti anche se già fisicamente provata quando il teatro “Mario Scarpetta” di Sala Consilina aveva presentato il cartellone 2018/2019, alla lettura che il prossimo 30 gennaio Massimo Ranieri avrebbe portato nel Vallo il suo spettacolo “Il Gabbiano” di Anton Cechov aveva esclamato: “Questo spettacolo non posso perderlo per nessuna ragione”.

            Non sapeva che il nemico finale era lì, in agguato, dietro l’angolo; e nel teatro Scarpetta molto probabilmente, mercoledì sera 30 gennaio prossimo, ci sarà una poltrona vuota, quella di Maria che nell’arco della sua vita è stata sempre presente agli appuntamenti culturali di maggiore spessore. Non sarà presente fisicamente ma il suo spirito sarà lì, seduto al suo posto, perché almeno questo l’aldilà concede ai suoi figli migliori.

            E’ già passato un mese e nel pomeriggio di oggi ci ritroveremo alle 15.00, tutti gli amici, di nuovo insieme per celebrare il suo trigesimo nella Chiesa di Sant’Alfonso del bivio di Padula, per salutarla e ricordarla ancora una volta.

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