Aldo Bianchini
SALERNO – I miei due precedenti articoli incentrati sulla vicenda della morte dell’on. Antonio Valiante, contrariamente a quanto avevo previsto, hanno sollecitato i commenti privati e pubblici (sul giornale) di diversi colleghi giornalisti; segno questo di una vivacità professionale che spesso viene costretta e ristretta in ambiti sgradevoli per far posto ad interessi (anche legittimi e perfettamente lineari e legali) che finiscono per ledere questa professione che è e resta tra le migliori al mondo.
Qualcuno, però, come spesso accade ha frainteso alcune mie considerazioni sull’operato della giornalista de Il Mattino, Carmela Santi, che in assoluta anteprima aveva dato la notizia della morte di Valiante; per questa ragione prima di passare al commento pubblico nuovamente cosa ho scritto:
- Il mondo dell’informazione locale salernitana ha vissuto un’altra giornata catastrofica, una giornata maledetta se non proprio bestiale per la mancanza di vera professionalità con cui è stata portata avanti per almeno una decina di ore; una giornata nata sul deprecabile ma comprensibile e umano errore di una giornalista (Carmela Santi) de “Il Mattino” che nella prima mattinata del 7 gennaio ha dato su “ilmattino.it” la notizia della morte di Antonio Valiante, politico di lungo corso e già vice presidente della Regione Campania ai tempi di Antonio Bassolino. Detta così si tratterebbe soltanto di un micidiale errore, nei fatti il povero on. Antonio Valiante è purtroppo comunque deceduto nel tardo pomeriggio della stessa giornata del 7 gennaio scorso e i funerali sono stati celebrati nel pomeriggio del giorno successivo 8 gennaio 2019.
Se letta attentamente la considerazione espressa da chi scrive evidenzia innanzitutto, ammesso che ci sia stato l’errore, che poteva essersi trattato di un banale anche se brutto errore che in questa professione sono all’ordine del giorno e possono capitare a chiunque, al di là della singola professionalità come nel caso della collega che non ho il piacere di conoscere e che sicuramente è portatrice di una corposa professionalità.
Ma nello stesso articolo appena richiamato ho anche aggiunto:
- “… Il valzer del “togli e metti, del copia incolla” è durato per tutta la giornata in un’altalena vergognosa di tentativi di correzione o addirittura di cancellazione della notizia; bene ha fatto Il Mattino a non modificare o cancellare la notizia sbagliata, anche perché in questo lavoro una simile notizia può starci, sono i cosiddetti rischi del mestiere.
Ed è proprio dal fatto che Il Mattino non aveva corretto la notizia bisogna ripartire per capirne di più e per arrivare a scoprire che la Santi nell’annunciare la morte di Valiante non aveva fatto altro che dare una notizia certa e conclamata; io scrivo sempre con sincerità e spesso commetto degli errori, ma in questo caso ho volutamente atteso le reazioni di alcuni colleghi che si sono ribellati (almeno a parole e direttamente con me) al massacro cui la brava giornalista de Il Mattino era stata sottoposta anche da alcuni giornali online, come ad esempio “ilgiornaledelcilento.it” che ha scomodato nell’ordine Umberto Eco e Alex Horowitz per dire, in parole povere, che chi aveva dato la notizia della morte di Valiante aveva fatto un “figura di merda” invece di pensare e credere all’errore materiale che è sempre in agguato dietro l’angolo.
Ma nel caso specifico della giornalista Carmela Santi non si è trattato neppure di un errore materiale in quanto la notizia che ha dato in assoluta anteprima, intorno alle ore 12 del 7 gennaio 2019 era una notizia vera e, per di più, anche verificata; dunque la figurella che il giornale online prima citato attribuisce anche a Il Mattino l’hanno fatta tutti gli altri giornali online che hanno prima dato, poi corretto e, infine, cancellato la notizia, per poi riscriverla a tarda serata quando la morte di Valiante è stata anche annunciata dalla famiglia.
Ma allora i fatti come sono andati ? Anche questa volta, purtroppo, tocca a me rifare con nomi e cognomi la storia di quanto avvenuto:
- “L’on. Antonio Valiante è morto, purtroppo, nella prima mattinata del 7 gennaio 2019 e i suoi familiari non hanno dato subito la notizia in quanto il figlio Simone si trovava a Bruxelles e preferivano che arrivasse a Vallo con la speranza di trovare vivo il padre. La notizia, però, è uscita dall’ospedale e la brava Santi dopo averla ricevuta e verificata l’ha pubblicata su Il Mattino online che, come ho scritto nel precedente articolo, bene ha fatto a non cambiare o cancellare la notizia anche a costo di farsi aggredire un po’ da tutti i copiatori di notizie dei quali l’ambiente dell’informazione locale è stracolmo. La stessa famiglia ha, poi, ufficializzato in serata la notizia quando l’on. Simone Valiante era giunto al capezzale del padre. Del resto era abbastanza palese ch3 neppure gli orari coincidevano,se difatti Valiante fosse morto nel tardo pomeriggio del 7 gennaio, sicuramente i funerali non potevano essere celebrati alle ore 15.00 del giorno successivo senza violare una delle norme fondamentali che regolano questi casi e che prevedono un lasso di tempo di almeno 24 ore tra la morte e la celebrazione dei rito funebre ”.
Quanto accaduto apre, comunque, degli scenari inquietanti per come la categoria dei giornalisti rispetta se stessa; ma su questo ho scritto tantissime volte e non vorrei, insistendo, essere scambiato per un soggetto a cui piace assumere le sembianze del professore. Io non ho niente da insegnare a nessuno, anzi spesso faccio tesoro delle esperienze degli altri e non mi nascondo mai dietro un dito; come stanno facendo adesso tutti i giornalisti che avendo come me scoperto l’arcano mistero non ne parlano per non inimicarsi questo o quel personaggio e si accontentano di infangarsi da soli.
Prima di chiudere non vorrei non tenere fede a quanto promesso nel precedente articolo in merito ai due commenti che mi hanno particolarmente colpito.
Il primo riguarda quello di Ernesto Rocco (infocilento.it) che è stato già pubblicato in calce al precedente articolo e che mi ha dato l’ulteriore spinta per cercare di capire la verità; lo ringrazio per questo ed anche per la difesa, senza se e senza ma, della Santi.
Il secondo riguarda quello di una giovane ma già esperta giornalista (della quale preferisco mantenere l’anonimato) che su whatsapp mi ha scritto: “Purtroppo il giornalismo sta vivendo una brutta stagione. Che parte da lontano e rientra in un triste disegno che ci vuole tutti, al di là dello specifico settore, ciucci e squattrinati. Al 50% (a voler essere ottimisti) la professione è caratterizzata da pochi soldi, pochissima cultura e zero entusiasmo. Paradossalmente il vero giornalista è chi non lo fa per camparci, chi non ha bisogno di portare soldi a casa e può lavorare solo per la gloria. Se lo fai perché hai bisogno di mangiare entri nel sistema e ti fagocita. Scusa lo sfogo di chi non nasce giornalista e quindi probabilmente non ha capito niente di questo mondo”.
La prima cosa che mi viene da dire è che questa giovane giornalista ha capito proprio tutto e per questo è stata capace di fare un’analisi critica e spietata del mestiere che un tempo era tra i più belli del mondo; l’unica cosa che toglierei dalla sua considerazione è l’avverbio “paradossalmente” perché il suo utilizzo evidenzia che i tantissimi giovani che si avvicinano a questo mestiere non hanno capito niente di come funziona e che per cercare un’ancora di salvezza se la prendono con chi, come dice la giovane collega, fa il giornalista non per mestiere. L’ho scritto tante altre volte e lo ripeto per l’ultima volta: a Salerno e provincia fare il giornalista non garantisce una vita familiare stabile e serena, anzi nella stragrande maggioranza dei casi quella del giornalista rimane un’attività molto precaria.
La colpa ? purtroppo è dei tantissimi giornalisti che in passato si sono pesantemente sottomessi al potere degli editori, quasi tutti impuri, impegnati nel mondo dell’informazione per motivi personali legati al potere ed alla politica.
Ma anche questo ho scritto tante volte, forse fino alla noia; è giusto ritornare nel silenzio.
Come sempre, Direttore Bianchini, sei attento, misurato, cristallino. Condivido e -per quello che può valere- apprezzo il tuo articolo che mette i tasselli ai posti giusti.
Purtuttavia rilevo un “neo” grande come una montagna, che nell’immaginario che ho del Giornalista mi crea repulsione e, nel caso del Giornalista Bianchini, vorrei non esistesse.
Il “neo” è la chiusura dell’articolo allorché dici: <>.
Non condivido affatto che un Giornalista mostri questi segni di arrendevolezza o anche solo di cedimento. Mai il Giornalista (chiunque sia, purché con la “G” maiuscola) torni nel silenzio.
Il motto che io ho coniato fin da ragazzo è stato: “SPAZIO A CHI LO MERITA” (cioè, nella vita, dobbiamo lasciare il passaggio libero alle persone perbene e non già anche ai lestofanti, mascalzoni, incapaci, arrivisti, imbroglioni, ecc. -che inquinano l’umanità-).
L’ho ripetuto ogniqualvolta mi si è presentata l’occasione propizia e lo ripeto sempre senza stancarmi perché credo testardamente che sia un modo valido -se riflettuto, accettato ed applicato- per cambiare “automaticamente” la società (o perlomeno migliorarla).
Dobbiamo riconoscere che, pur dovendo pagare dei “prezzi”, -questo, se applicato,- sia un valido sistema che porterebbe una crescita in ogni settore della vita (giornalismo compreso).
Caro Direttore, io sono al tramonto della mia giornata di vita, ma non sono stanco di ripetere il mio motto (ne è prova anche questa occasione che mi dai) né m’interessa se esso annoia gli “ominicchi” di sciasciana memoria,
per cui non ritornerò “NEL SILENZIO…”
Sarebbe la morte dell’anima.
Un cordiale saluto.
Mario Senatore