di Giuseppe Cacciatore (docente universitario)
SALERNO – In un articolo scritto per questo giornale ho sostenuto come dinanzi a un processo inarrestabile di dominio degli strumenti mediatici, che stanno distruggendo l’essenza della notizia come introduzione alla corretta comprensione degli eventi, non si dovrebbe cancellare la funzione dell’ historia magistra vitae. L’occasione di quell’articolo era il ricordo dell’emanazione nel 1938 delle leggi fasciste sulla purezza della razza italiana (vi dice niente il martellante monito di Salvini “prima gli italiani” ?), ma anche la sconsolata costatazione dell’indifferenza e anzi in molti casi della condivisione della maggioranza degli italiani. Anche in questa inedita e convulsa fase della vita del nostro Paese –sia pur nella consapevolezza che oggi funziona ancora, malgrado qualche maldestro tentativo di metterla in discussione, la divisione dei poteri, pilastro di ogni regime democratico- ci troviamo dinanzi a un consenso plebiscitario dell’elettorato “drogato”dall’efficacia propagandistica dei proclami che ogni 24 ore vengono annunciati al Paese, salvo a modificarli dopo qualche ora. Nel frattempo, però, ciò che resta negli occhi e nella mente di una stragrande maggioranza è il messaggio sulla realizzazione di grandi riforme per il popolo.
In quell’articolo ricordavo un episodio che tutti dovrebbero serbare nella memoria. Mi riferisco all’incontro di 32 nazioni europee e americane i cui rappresentanti si riunirono a Ginevra nel luglio del 1938 con all’ordine del giorno l’individuazione dei mezzi per venire in soccorso ai rifugiati politici dalla Germania, in maggioranza ebrei. Quando si passò a discutere le “quote” da distribuire tra i vari Paesi, la conferenza naufragò in un nulla di fatto, e sappiamo com’è andata a finire.
C’è una morale in tutto questo discorso ?
Certo: ancora una volta abbiamo bisogno di guardare , in Italia come in Europa e nel mondo, alla storia come magistra vitae. Quale pericolo possa rappresentare per i populisti di tutto il mmondo la conoscenza del passato, è testimoniato dalla proposta avanzata dalla commissione ministeriale (che ad onor del vero era stata istituita dalla precedente ministra Fedeli nel governo a guida PD) di abolire il tema di storia dalle prove scritte all’esame di maturità. Le forze politiche di governo fondano i loro successi elettorali sul messaggio di breve durata che arriva subito alla pancia dell’elettore e che non si trasferisce al cervello pensante perché immediatamente arriva un’altra promessa strabiliante. Tuttavia bisogna con onestà riconoscere che il processo di ridimensionamento della conoscenza storica specialmente nelle scuole non è iniziato oggi. Sono state, ad esempio, ridotte le ore settimanali e non sempre si è ottemperato nelle ultime classi all’invito a dedicare il programma alla storia del secolo scorso, specchio drammatico di tanti eventi che ancora pesano sul nostro presente. E se c’è un luogo deputato a svolgere un non facile lavoro di studio e apprendimento del passato come patrimonio al quale attingere esempi da sottoporre al vaglio critico e alla dialettica delle interpretazioni, questo è la scuola.
Tutte le società degli studiosi di storia hanno protestato contro la proposta, ma, come ha affermato Andrea Giardina presidente della Giunta centrale per gli studi storici, essa è solo la punta dell’iceberg di una progressiva marginalizzazione della storia. I segnali sono evidenti: la riduzione ad una sola ora dell’insegnamento della storia nel biennio degli istituti professionali e la scomparsa nell’università del 30% delle cattedre di storia negli ultimi dieci anni.
Il coro di protesta degli storici è stato unanime e tutti gli interventi hanno giustamente sottolineato che la storia, i saperi della storia (dall’arte alla politica, dalla musica alla sociologia, dalla scienza alle religioni, e così via) sono l’opposto della semplificazione che è la materia prima dei messaggi di twitter e face book. La storia per sua natura, come ha osservato Fulvio Cammarano, presidente degli storici contemporanei, complica la vita e, aggiungiamo noi, ne racconta e spiega il suo lungo svolgimento attraverso i secoli e trasmette ai posteri l’arduo impegno a scrutare le cause e le verità da consegnare alla capacità di comprensione e di studio critico delle generazioni future.