di Giovanni Falci (avvocato)
SALERNO – L’udienza di venerdì scorso presso l’aula bunker di Fuorni nella quale si è celebrato l’incidente probatorio nel cd. “processo dei parcheggiatori”, ha finito per rievocare un grande capolavoro della letteratura di tutti i tempi, “i miserabili” di Victo Hugo.
Non vorrei essere frainteso dagli imputati di quel processo nel quale difendo uno di loro, l’evocazione del romanzo non è per l’accostamento dei personaggi del libro, i cosiddetti “miserabili” – persone cadute in miseria, ex forzati, prostitute, monelli di strada, studenti in povertà, ma per la tematica sottostante.
Mi riferisco al tema della repressione forte del potere contro i deboli.
È una storia, quella del romanzo, di cadute e di risalite, di peccati e di redenzione, simile a quella di coloro che l’altro ieri sedevano sul banco degli imputati.
Il ricordo del clamore dell’operazione di polizia che fu fatta a luglio scorso allorquando si arrestarono e si privarono della libertà persone che avevano “estorto” 60 centesimi o forse 1 euro, è ancora vivo nella mia memoria.
“Salerno città da prendere ad esempio per la lotta al parcheggio abusivo – A Salerno risolta la piaga del parcheggio abusivo” etc., erano gli articoli di stampa che aprivano tutte le testate locali e non solo. Dopo ieri speriamo che non ci prendano ad esempio, perché dovrebbero imitare indagini sbagliate e fuorvianti.
Ieri sono sfilati una parte degli “estorti” i quali hanno candidamente affermato che la loro dazione di un obolo è stato un semplice gesto di carità e hanno affermato che la “verbalizzazione” delle loro testimonianze nella fase delle indagini non corrisponde esattamente al contenuto del loro pensiero.
All’inizio “apriti cielo”: l’accusa, come ovvio, ha fatto capire che avrebbe indagato sulle testimonianze che sotto impegno queste persone hanno reso; ma poi, a un certo punto, l’accusa si è resa conto che sarebbe stato quantomeno particolare un maxi processo per falsa testimonianza a carico di decine di persone.
E allora, ritornando al romanzo di Hugo mi sento di santificare come ha fatto lui, una plebe perseguitata, ma intimamente innocente e generosa; la legge, che dovrebbe combattere il male, spesso lo incarna, come l’inesorabile personaggio di Javert.
E direi che proprio come Javert, il poliziotto ed ispettore di primo grado, irreprensibile tutore della legge, che fa della cattura di Jean Valjean uno scopo di vita, fino al loro drammatico faccia a faccia finale, così il PM dell’altro giorno è giunto, davanti a quelle testimonianze al drammatico faccia a faccia con gli errori della sua indagine.
Come nei “i miserabili” anche nel processo dei parcheggiatori i personaggi appartengono agli strati più bassi della società italiana del 2000.
Come per loro la cui condizione non era mutata né con la Rivoluzione né con Napoleone, o Luigi XVIII, così per i nostri non è mutata con Berlusconi, con Renzi e con De Maio-Salvini.
Come allora, anche oggi, il grande eroe è il popolo, rappresentato da Jean Valjean, fondamentalmente buono e ingiustamente condannato per un reato insignificante, come sta per avvenire con i parcheggiatori.
La frase più bella è stata quella di un testimone che è venuto da Lecce per chiarire ancora una volta di essere stato felice di aver dato l’obolo al parcheggiatore abusivo perché è stato ripagato da un sorriso.
Il parallelismo e l’evocazione letteraria mi è venuta perché il romanzo “I miserabili” non parla di criminali ma di vittime di una società che li ha ridotti in condizioni tragiche e disgraziate. Diviene quindi necessaria una riflessione: è giusto condannarli se i loro crimini sono commessi solo per sopravvivere? La legge lo impone, ma Hugo spinge il lettore a interrogarsi sui metodi da adottare per consentire una vita dignitosa e una reintegrazione nella società per chi è stato costretto all’illegalità. Jean rappresenta, in questo senso, il personaggio che da solo e contro un mondo che fa di tutto per affossarlo di nuovo, riesce a seguire il suo buon cuore e trovare sempre il modo di ricominciare, di proteggere chi è più debole, memore della condizione disagiata in cui versava lui stesso prima di rifarsi una vita e racimolare qualche ricchezza.
Quello che resta dopo la lettura di un romanzo appassionato e carico di vicende come “I miserabili” di Victor Hugo, è la sensazione di aver vissuto in un periodo complesso, in una fase della storia fondamentale che ha portato dalla Rivoluzione Francese al dominio di Napoleone fino agli anni della Restaurazione e della monarchia di Luigi Filippo.
Per noi è la fase della storia che ha portato dal ‘68 al dominio di Berlusconi fino all’epoca di Renzi e a quella attuale.
Sappiamo come quegli anni e questi non influirono e influiscono solo sulle carte geografiche, lasciando un segno nei libri di storia, ma anche che un mondo di invisibili, di miserabili, dietro la facciata delle battaglie e delle vicende politiche di quei giorni e dei nostri, vive di stenti, fra le ingiustizie e le avversità più grandi.
Il compito di uno scrittore è quello di lasciare ai posteri uno spaccato del mondo che con i suoi occhi e le sue esperienze ha saputo vedere, interpretare e criticare, io che non sono Victor Hugo mi voglio solo limitare riflettere e fare riflettere sulla deriva dei diritti dell’uomo a cu stiamo assistendo.
La soglia di punibilità nel nostro paese è solo per i ricchi: per dichiarazioni dei redditi non veritiere (senza un impianto fraudolento, ma comunque consapevolmente e volontariamente), il reato sussiste se l’imposta evasa è superiore a 150mila euro (prima era di 50.000 euro), e i redditi non dichiarati superano il 10% del totale o comunque i 3 milioni di euro (prima era 2 milioni). Queste soglie sono in vigore dal 26 giugno 2015 dal periodo in cui Santoriello, il mio cliente, chiedeva 60 centesimi e veniva, per questo, arrestato.
Per i parcheggiatori abusivi di Salerno la soglia di punibilità è, dunque, 10 centesimi e le pene sono più gravi.
Viva l’Italia