GIUSTIZIA: Il nemico non è ancora alle porte, ma il pre-fascismo si … il caso Raggi. Il pensiero dello storico-filosofo Giuseppe Cacciatore.

 

 

 

 

 

 

 

Aldo Bianchini

SALERNO – Da quando il governo giallo-verde è al comando del Paese dalle opposizioni (ormai ridotte ai lumicino) si leva un unico grido: “c’è puzza di regime”. Un’affermazione questa che abbiamo sentito molto spesso all’epoca dei “governi Berlusconi” ma la storia ha dimostrato che alla prima vera spallata Berlusconi è stato scalzato irrimediabilmente dalla sua poltrona; quindi non c’era neppure l’ombra della puzza di regime.

            Quest’affermazione resta, comunque, come il filo conduttore della politica perdente e, forse, di alternanza che ha preso piede nel 1994 a pochi mesi dalla conclusione di tangentopoli promossa e sostenuta dal pool “Mani Pulite” di Milano.

            Già il pool milanese quale emblema massimo di una magistratura invadente e politicizzata che dopo aver abbattuto la prima repubblica ha anche insidiato e in parte debellato la seconda; bisognerà vedere con la terza come andrà a finire. A me sembra che la politica, dal 4 marzo scorso, abbia ripreso le redini dell’intero Paese in maniera, ovviamente, più forte, più convinta e più totalizzante e che  la stessa magistratura abbia assunto una posizione attendista e di guardia; e nell’attesa di eventuali sviluppi dobbiamo registrare che per la prima volta il CSM ha condiviso la linea del governo sulla riforma della giustizia e che per la prima volta un giudice (contro ogni evidenza) ha mandata assolta la sindaca di Roma (Virginia Raggi) senza se e senza ma.

            Cosa vuol dire questo ? probabilmente niente e tutto potrebbe essersi verificato per una mera casualità.

            Nel frattempo, come dicevo in apertura, montano le polemiche e molti dubbi vengono avanzati dalle opposizioni e, soprattutto, dagli intellettuali. In questa ottica bisogna leggere l’interessantissimo intervento del prof. Giuseppe Cacciatore che, a sua volta, commenta un altro interessante intervento del sociologo Domenico De Masi.

 

di Giuseppe Cacciatore:

In una recente intervista il sociologo Domenico De Masi ha sostenuto che nella situazione attuale del nostro Paese si stanno profilando tutti i caratteri di una situazione paragonabile con il pre-fascismo.

Trovo questa originale categoria di indagine storiografica e socio-politica di grande interesse, giacchè contribuisce a capire meglio aspetti inquietanti dell’attuale fase storica non solo italiana, ma europea e mondiale. Questo convincimento può contribuire a sgombrare il campo da polemiche verso coloro  che sostengono che vi sia il pericolo di un ritorno al fascismo. Fortunatamente il nostro Paese si regge su istituzioni democraticamente elette, su un capo dello Stato come garante di esse, su una Costituzione che rappresenta il baluardo dei diritti e dei doveri dei cittadini. Insomma il nemico –leggi fascismo- non è ancora alle porte. Ma per quanto ?

Finchè, sostiene De Masi, siamo in grado di impedire che dalla situazione di pre-fascismo si passi alla stadio successivo. Detto in termini più chiari finchè non prevalga la linea Salvini: “allarmismo, razzismo, fiducia assoluta in uno Stato forte che risolverebbe tutti i problemi. Non è la situazione del 1922, ovvero della marcia su Roma, ma del 1919”. E qui la lettura di De Masi si intreccia con quella del libro di Scurati, intitolato “M il figlio del secolo”, cioè la storia romanzata e a un tempo documentata, di Mussolini. Anche quest’ultimo muove dal 1919 e cioè dal 23 marzo, data della fondazione dei fasci di combattimento quando a Piazza S. Sepolcro si radunarono meno di cento persone         , con un programma elettorale ultrarivoluzionario. In tre anni, grazie agli imperdonabili errori di una sinistra perennemente divisa tra massimalisti e riformisti, tra chi voleva fare come in Russia e chi sosteneva un processo di graduale miglioramento delle condizioni dei lavoratori e dei diseredati dentro le istituzioni parlamentari e grazie soprattutto ai generosi finanziamenti di imprenditori (Fiat in testa) e agrari, la situazione pre-fascista si trasformò in conquista del potere grazie infine a un imbelle e complice Re che non volle firmare lo stato d’assedio a difesa delle istituzioni democratiche. Ma sarebbe sbagliato non riconoscere che il passaggio dal pre-fascismo al fascismo fu favorito anche da un notevole consenso popolare: le centinaia di migliaia di reduci della prima guerra mondiale, la disoccupazione dilagante, l’esasperazione di ceti medi impoveriti dalla crisi economica e impauriti da due anni di scioperi nelle fabbriche e nelle campagne. A tutto ciò si accompagna la straordinaria capacità comunicativa del futur0o Duce che attraverso una stampa fiancheggiatrice riuscì a creare un consenso di massa.

C’è oggi un partito che nel giro di dieci anni è passato dal 9% al 35% degli ultimi sondaggi. Un partito che deve il suo peso crescente alla capacità di cavalcare il malcontento della gente, che sfrutta le sue paure e istilla un odio feroce verso i migranti, che si fa paladino degli imprenditori del Nord, che tenta di stravolgere il codice penale, che invita col decreto sulla sicurezza la gente a farsi giustizia da sola. Questo partito si chiama Lega Nord e il suo leader è Salvini che qualche somiglianza, almeno nelle infelici battute che ogni tanto pronuncia, con Mussolini pure ce l’ha. Sta alle forze che ancora credono   nella democrazia costituzionale, agli intellettuali, agli studenti e docenti colpiti non a caso dalla drastica riduzione dei finanziamenti per la cultura, la scuola e l’università sapendo che da ciò può venire, come sta venendo, una radicale opposizione. Ma ancor più sta ai partiti di sinistra e del centro moderato opporsi ponendo come primario obiettivo delle proprie politiche quello di ritrovare il consenso dei propri elettori attratti dalla promesse e dalla propaganda delle illusioni.

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