Aldo Bianchini
SALERNO – Da qualche settimana sto scrivendo sulla Chiesa cercando di mantenermi a metà strada tra le cose buone e quelle brutte che la chiesa cattolica evidenzia da sempre; tutte cose che Papa Francesco da un lato esalta e dall’altro denuncia con fermezza.
Quando, come tantissimi, si è a metà strada è più facile abbozzare qualche considerazione sulla “Chiesa che vorrei” o, almeno, sulla funzione della Chiesa che un po’ tutti abbiamo idealizzato fin dalla fanciullezza, quando cioè frequentavamo i cosiddetti “oratori” che, credo, siano da tempo scomparsi.
In sintesi ricordo ai lettori che in questi ultimi tempi ho avuto modo di scontrarmi con un sacerdote, di aver segnalato alcune inadempienze della diocesi di Nocera Inf., di aver ricordato lo scempio della Curia salernitana e di avere anche omaggiato la memoria del compianto arcivescovo Demetrio Moscato di Salerno nel cinquantenario dalla sua morte.
Oggi con piacere intendo descrivere la “buona Chiesa” che ho incontrato e che mi ha riconciliato con quella che da sempre avevo idealizzato.
La Chiesa è quella sita in loc. Silla di Sassano che è amministrata dal parroco “don Bernardino Abbadessa” che conosco da anni ma che ho visto sotto la giusta luce soltanto da qualche settimana; da quando cioè questo parroco è stato capace di portare in Chiesa, nella sua Chiesa, una discussione-dibattito che soltanto apparentemente non aveva nulla a che vedere con la missione religiosa della chiesa cattolica.
E’ accaduto il 12 ottobre 2018 quando la Chiesa di Silla è stata letteralmente invasa dagli spettatori (fedeli e non) del convegno su “Religiosità e valori del mondo rurale di ieri per la famiglia e la società di oggi” che ha visto come relatore principale il prof. Nicola Di Novella, naturalista di vaglia, confortato dalla illustre presenza del prof. Pasquale Persico (docente UniSa) e da altri comprimari, tutti esperti e preparati. Don Bernardino ha svolto il ruolo di “moderatore” del convegno, un ruolo che per prassi spetterebbe ad un giornalista e che Lui è riuscito a portare avanti con una lucidità ed una professionalità impressionanti.
Non solo la conduzione mi ha coinvolto positivamente, ma anche il modo con cui è riuscito a legare un argomento di difficile comprensione (valori del mondo rurale di ieri) e di grande attualità con gli stessi valori della religione che non deve curare soltanto lo spirito, piuttosto deve liberare molte sue energie (almeno quelle migliori) per consentire alla chiesa di entrare nel sociale dalla porta principale al fine di consentire ai fedeli, ed alla popolazione in genere, di ritornare nella chiesa che dovrà essere vista non soltanto come luogo in cui recitare una stanca e rituale preghiera ma come piattaforma socio-economico-culturale in grado di lanciare messaggi al presente partendo, semmai, anche dalla tradizione del passato.
Questa è la Chiesa che ho riscoperto la sera del 12 ottobre 2018; una Chiesa che non avrei mai immaginato così sensibile e aperta a tutti. In uno dei suoi interventi don Bernardino ha parlato anche di “Chiesa dalle porte aperte” facendo capire a tutti i presenti (ed erano tantissimi) che le porte aperte non devono mai essere soltanto quelle di legno massiccio che vengono dischiuse ogni mattina; ha fatto capire che c’è tutto un mondo, tra religiosità e valori di ieri, predisposto ad accogliere la società e, soprattutto, la famiglia nell’essenza dei valori di oggi.
La “Chiesa che vorrei” dunque, secondo il pensiero di “don Bernardino” deve saper accogliere la società e le famiglie con tutte le loro attese, rivendicazioni e doveri, ma deve sapere soprattutto “entrare” nella famiglie nelle quali, più che negli altri strati sociali, si nascondo i veri problemi che un bravo sacerdote deve saper individuare ed avviare a soluzione.
L’impresa è difficilissima, ma almeno don Bernardino ci prova con grande umiltà e con sicura professionalità non disgiunta dalla religiosità di ogni suo atteggiamento.