di Felice Bianchini junior
(corrispondente – notista politico da Roma)
ROMA – In politica, ma in generale nella vita, si tengono ben distinte parole e fatti: ciò che concerne le prime è spesso evanescente, è un qualcosa che si perde, soprattutto se in assenza di un riscontro tra i secondi, che invece sono sinonimo di concretezza.
Se riflettiamo su ciò che è avvenuto e sta avvenendo nel recente periodo sul palcoscenico della politica, e teniamo conto di quanto sia importante l’informazione e la sua diffusione, nel modo e nella misura, nella routine di contrattazioni all’interno del mercato globale, viene fuori che le parole hanno effetti molto concreti e necessitano di cura, se non addirittura di parsimonia. Lo ha detto quasi del tutto esplicitamente anche Draghi, presidente della BCE.
Essere in grado di fare silenzio, dunque, diventa un’abilità quasi indispensabile e il nostro paese ha conosciuto un esperto di silenzi: il prof. – ormai ministro – Savona.
Savona è stato oggetto di tante polemiche, che continuano anche oggi, in misura più lieve rispetto a Maggio, mese nel quale era stato bersaglio di numerose critiche, per via del fatto che da accademico ed esperto del settore aveva criticato l’architettura della moneta unica. Al di là delle dietrologie che possono essere portate avanti sul suo nome, il ministro è qualificabile come competente: possiede un curriculum che l’ha visto impegnato nella macchina pubblica, nel privato, nella ricerca e in ambito accademico in generale; inoltre vanta varie e importanti esperienze anche all’estero.
Anche se esperto di silenzi, si ritrova ora a dover parlare, a chiarire sul tema legge finanziaria. La sua intervista da Vespa è la prima vera apparizione televisiva, se come criterio adottiamo la rilevanza della trasmissione – e “Porta a Porta” è in cima alle gerarchie televisive nostrane.
Il ministro mette subito in chiaro che “la mancata crescita in Europa – e ancor più in Italia – è un dato di fatto” e che, quest’ultima da considerare come opinione personale, “continuando con il pilota automatico (leggi parametri di Maastricht) il sistema può finire male”. Ai colleghi europei Savona ha chiesto un dialogo, basato sui fatti, tra cui quello prima evidenziato: la mancata crescita. Al contempo, rassicura chi ancora è avvolto dai dubbi “vogliamo un’Europa e una società aperta, e una moneta unica”.
L’anno che sta per arrivare per il ministro sarà un anno difficile a livello europeo, poiché caratterizzato innanzitutto dalle elezioni di Maggio, poi dal conseguente cambiamento della commissione e infine dalla sostituzione di Draghi, che è in scadenza di mandato, alla presidenza della BCE.
Quando gli viene chiesto se è a favore del sovranismo, Savona risponde che servirebbe chiedersi innanzitutto perché i sovranisti abbiano così tanto successo; ed evidenzia poi come le sue proposte siano di carattere europeista. La risposta, secondo il ministro, si trova andando agli albori dell’UE, quando nell’articolo 2 (poi diventato 3) del trattato di Maastricht si leggeva come obiettivo la piena occupazione e lo stato di benessere: “stiamo lavorando per questo?” domanda pungente Savona.
Entrando nello specifico, riguardo la manovra: il ministro la definisce “corretta” poiché il sistema necessita di una spinta esogena; “moderata”, visto che il deficit ideale sarebbe più alto; e “cauta”, per le precauzioni che sono state prese (vedi cabina di regia ndr.), separando da questo contesto le ambizioni, le quali devono essere più libere. Il tema centrale è la crescita, che viene fuori non per decreto ma grazie agli investimenti (sia privati che pubblici): a tal proposito è stata costituita una “task force” (o “cabina di regia” per il governo, al cui vertice risiederà il consigliere economico del premier Conte), con il compito di monitorare periodicamente l’evoluzione del panorama economico, di modo da riuscire a intercettare per tempo ciò che deve essere corretto e migliorato.
Riguardo la burocrazia: “ci sono vari punti di intervento, e il ministro Bongiorno si è già mossa” uno dei punti è un programma di assunzioni nella P.A, in particolare di giovani, strettamente legato agli sviluppi sulla legge Fornero; tramite il cosiddetto “effetto sostituzione”, infatti, dovrebbe essere favorito e velocizzato il turnover dei dipendenti, con la differenza che, rispetto al passato, la bilancia dovrebbe pendere in favore dei nuovi assunti.
Come noto, FMI e BDI hanno detto di tenere giù le mani dalla Fornero: “meno partecipo a questo scambio di opinioni, meglio è” dice Savona, denunciando però che le due importanti istituzioni stiano commettendo un errore: porre la stabilità finanziaria come presupposto dello sviluppo, il contrario rispetto a quanto sostenuto da Savona: “quantomeno dobbiamo andare di pari passo. Io ritengo che senza sviluppo non sia possibile avere stabilità finanziaria, e la costruzione dell’Europa non dà per scontato che si debba avere la stabilità finanziaria prima dello sviluppo: lo stesso statuto della BCE dice chiaramente che il compito principale è la stabilità monetaria – leggi inflazione: problemi di stabilità monetaria non ce ne sono, ci sono problemi di stabilità finanziaria che nascono proprio dall’assenza di sviluppo”. La BCE, dice Savona, ha dimenticato gli obiettivi prima citati di piena occupazione e welfare, che andrebbero recuperati e affiancati all’obiettivo di crescita; inoltre, deve assumere il ruolo (come tutte le banche centrali ndr.) di lender of last resort (prestatore di ultima istanza), ed intervenire in acquisto in caso di attacchi speculativi. Il Q.E di Draghi è servito, ma per Savona non basta, poiché è solo una manovra fatta tra le pieghe del regolamento, mentre invece certi poteri dovrebbero essere scritti ed evidenti all’interno dello statuto della banca. La “morale” è che lo Spread dovrebbe sparire, adottando degli adeguati strumenti monetari e anti-speculazione (come tutte le banche centrali ndr.).
All’interno del paese uno dei punti fondamentali, legato al tema appalti, è “far collaborare le autonomie regionali” e rimettere in ordine il sistema degli investimenti pubblici, che è stato oggetto di tagli e in seguito anche combattuto poiché considerato sostanzialmente legato a infiltrazioni di carattere criminale, superando così la frontiera dell’economia ed entrando in quella quasi filosofica. L’altro punto fondamentale è rispondere ai milioni di poveri e ai disoccupati (gruppi legati tra loro), che non possono aspettare; non rispondere potrebbe comportare un trasferimento dello squilibrio dall’economia alla società e “lo squilibrio sociale e politico sarebbe peggiore dello squilibrio economico: questo l’Europa lo deve capire” afferma Savona.
Lo spread non preoccupa: “I mercati sono stati più cauti della politica” ha detto Savona, che aveva messo in conto che, con la confusione che si era creata negli ultimi giorni attorno al tema, gli operatori avrebbero potuto portare avanti operazioni molto più pesanti, mentre invece si sono verificate solo delle lievi oscillazioni.
Ritorna di nuovo la crescita, stavolta per quanto riguarda il rimborsare: “uno stato che cresce non ha bisogno di rimborsare”, tuttavia lo spread può mettere in crisi le banche – e qui ritorna invece la BCE, che dovrebbe gestire la stabilità bancaria e finanziaria, con l’intervento in acquisto già citato; inoltre viene segnalato un altro problema, un “vizio logico” come lo definisce Savona, ovvero la subordinazione della politica fiscale a quella monetaria: “Draghi ha fatto un ottimo lavoro, solo viene chiesto che oltre alla politica monetaria, anche quella fiscale sia restrittiva”. Infine viene criticato il criterio del “capital key” (secondo il quale, in soldoni, se intervieni in acquisto su un paese devi farlo anche sugli altri) che dovrebbe aprirsi a più flessibilità.
Sulla bocciatura avvenuta in ufficio parlamentare di bilancio il ministro evidenzia come sia legata alla presupposta necessità del modello attuale, da lui criticato, che consiste, in sostanza, nel subordinare la stabilità dell’euro alla politica di austerity. “La mia proposta è discutiamone, loro non ne vogliono sapere: hanno la verità rivelata” dice Savona “nel loro modello la variabile obiettivo è il rispetto dei parametri e tutto il resto vien da sé. Ma il rispetto dei parametri porta a una caduta del reddito e a un peggioramento della condizione sociale ed economica del paese, contro il quale mi batto – e credo di avere dietro dei modelli econometrici importanti” – “se bocceranno il programma” continua poi su stimolo di Vespa “deciderà il parlamento, io non ho il potere, decidano loro: io spiegherò come sto facendo con lei e con l’opinione pubblica qual è secondo me il modello di riferimento per rilanciare l’Europa, stabilizzare l’euro e ridare crescita all’Italia. La mia è una consulenza puramente tecnica”.
Sull’asse Salvini-Le Pen il ministro è schietto e dice che è meglio non concentrarsi sul definire il sovranismo, ma sul comprendere e rispondere all’insoddisfazione della gente.
L’intervista si chiude con la politica fiscale, che Savona propone – e ha proposto nel suo documento inviato a Bruxelles – essere comune, poiché “la diversità di tassazione è la più grossa alterazione della concorrenza”, e conclude “dobbiamo farlo, altrimenti l’Europa va contro l’iceberg”.
Nel frattempo, la nave segue la solita rotta.