di Felice Bianchini junior (corrispondente da Roma)
ROMA – Domenica 30 Settembre, Roma si è svegliata col sole. Con ancora i postumi del derby della capitale, tra rammarico, eccitazione e sbadigli post pranzo domenicale, verso le 14, mentre nelle strade scarseggiavano le automobili, piazza del popolo si è riempita di gente: bandiere del partito democratico, accostate a bandiere dell’UE, insieme con magliette che invitano all’unità, all’umiltà e anche, ovviamente, a un congresso che ancora non è noto come e quando debba svolgersi.
Movimento registrato a Termini e sul Lungotevere, i quali hanno accolto carovane e pullman provenienti da varie zone di Italia, tra cui anche zone calde come Taranto e Genova. La presenza c’era ed è stata stimata dagli organizzatori tra le 50 e le 70 mila persone. Presenti anche i vertici del partito, dopo ormai mesi di polemiche e di attriti. Insomma, un quadro tutto sommato positivo.
Si è iniziato con Genova, a cui hanno fatto seguito i GD (Giovani Democratici), una testimonianza “Sì-vax” e scorci di periferia con un’insegnante di Tor Bella Monaca. Non meno importanti, hanno trovato spazio il tema del lavoro e della famiglia (con una dichiarazione di aperto dissenso nei confronti del ddl Pillon).
Mentre tutto ciò andava in scena, dietro le quinte i “big” venivano intervistati: Renzi ha parlato di reazione a un pericolo di deriva di stampo Venezuelano, facendo un accostamento di “balconi”; hanno parlato anche Zingaretti (ancora unico candidato alla segreteria), Calenda, Delrio e altri ancora, che non riescono però a “sovrastare” la presenza, a detta di molti scomoda, di Matteo. Erano e sono però tutti di buon umore, rinfrancati dalla piacevole sorpresa della piazza, la quale a gran voce chiede “Unità”; più volte durante la manifestazione si è alzato il coro, dall’inizio fino alla conclusione, con l’intervento di Martina.
Il segretario ha incominciato il suo discorso con un ripetuto “grazie”, a manifestare ancora una volta la sorpresa nel vedere una piazza che potremmo definire “viva”, continuando lungo la scaletta già percorsa dagli altri militanti e sostenitori dem intervenuti prima.
Se da un lato la comunicazione del partito era stata bacchettata e invitata a scostarsi dalla “retorica al contrario” messa in atto negli ultimi mesi per contrastare la preponderante retorica giallo-verde, dall’altro lato Martina nel suo discorso è caduto di nuovo nel tranello: il discorso è urlato, a tratti a tal punto da perdere il controllo della sua voce, suscitando anche ilarità nella piazza; in tema “complottismo”, ormai caldo e spesso utilizzato per descrivere e accusare i populisti, gonfi di “fake news” e con troppo spesso i “poteri forti” in testa e a portata di lingua, il segretario si fa prendere la mano e, oltre a ritirare in ballo il “nazionalismo di destra pericoloso”, accusa di oscurantismo il governo: risponde così alla retorica con la retorica e al complottismo con altro complottismo; da annotare un siparietto di “distribuzione dell’acqua” già visto a Pontida durante il comizio di Salvini alla festa della Lega.
Le donne sono state più volte oggetto di lusinghe, considerate interlocutrici da smuovere, invitandole ad alzare la voce. Dietro il pulpito campeggia lo “slogan” della manifestazione: per l’Italia che non ha paura; nelle parole di Martina, però, la paura ha un ruolo fondamentale, tanto quanto il nemico, figura demonizzata e considerata prerogativa della retorica populista. Quella che si dice Italia che non ha paura appare quindi come la più spaventata e, a differenza di quanto viene predicato, con un nemico ben definito e presente, non nascosto, con un nome e un cognome – che non serve ripetere.
Al grido “Unità” Martina è quasi commosso e risponde con una richiesta d’aiuto a chi ha infierito sul corpo morente del Pd, ammettendo di aver sbagliato, chiedendo scusa e sottolineando ancora come questo sia il periodo dell’ascolto: l’umiltà c’è e gioca a suo favore; bisognerà vedere se questa strada sarà percorsa fino in fondo. Da segnalare è l’ammissione di un’avidità del capitalismo che non è stata riconosciuta – e di conseguenza non affrontata – dal partito, di fronte alla quale ancora una volta si nota il tentativo di ripartire dall’umiltà.
Mentre al governo parlano di diritti sociali, Martina e il Pd rilanciano nuovamente con i diritti civili e con la tutela dell’individuo: sta a loro riuscire a non scadere nella “difesa dell’egoismo”.
Viene affermato anche che il Pd non tifa per lo spread, che tradotto vuol dire che il Pd sta con il paese; tuttavia viene invitato il ministro Tria, dopo i recenti avvenimenti intorno al Def, ad “andare a casa”, cosa che potrebbe fare non poco male al paese.
L’auspicio di un’Europa diversa, nuova accompagna la chiusura: il sogno del segretario è un’Europa che sia Italia e un’Italia che sia Europa, anche e soprattutto poiché accomunate dallo stesso destino. Quando si parla di nuova Europa e di Unità gli applausi scrosciano, ma quando Martina parla di tassazione delle multinazionali del web, di “web tax”, serpeggia il silenzio, come se a nessuno interessasse.
Ciò che lascia questo discorso è sì una serie di speranze, ma allo stesso tempo molti dubbi, legati alle numerose contraddizioni che hanno favorito la caduta libera del PD. Negli ultimi mesi hanno chiesto fatti e criticato la linea del governo, senza però far capire a nessuno, neanche a loro stessi, quale fosse la linea PD. Forse questa manifestazione può essere un punto di partenza per ritornare a parlare di un’opposizione in questo paese, ma solo se, così come hanno predicato agli altri, inizieranno anche loro a “fare”, che non vuol dire necessariamente buttarsi in maniera frenetica in periferia o in piazza, indicandoli come luoghi da cui ripartire. Il loro fare deve essere sorretto da una nuova visione del mondo, che appare mancante.
Ad esempio, Renzi ha dichiarato di essere stato in Cina a una conferenza internazionale su I.A. e Big Data: il mondo del lavoro vede in lontananza la nube della robotica, che dalle dichiarazioni degli esperti per il 2025 dovrebbe acquisire ancora più spazio, addirittura scavalcando la mano dell’uomo. Come pensa il Pd, che chiede lavoro, di affrontare e risolvere le sfide del futuro? Se la risposta è l’Europa: come hanno intenzione di convincere i 28 (o 27?) stati membri ad abnegarsi in uno stato Europeo effettivo? Che ruolo e compiti vogliono affidare alla BCE? Come vogliono affrontare l’avidità del capitalismo che hanno appena riconosciuto?
Molte domande, almeno tante quante orbitano attorno al governo, sorgono ascoltando le parole della manifestazione di ieri: attenzione a non esaltarsi troppo, poiché quello che ora può essere etichettato come successo e nuovo inizio, potrebbe rivelarsi come il canto del cigno del PD – che sia nero o bianco poco importa.